9. 𝐴𝑔𝑎𝑖𝑛

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Era una mattina fredda. La sera scorsa avevo dato buca a Vic per stare con Dylan e credo che sia stata la miglior scelta. Mi trovavo a mio agio fuori dal contesto festaiolo. Molto meglio la calma e la pace. Mi alzai lentamente dal letto e mi strofinai gli occhi, stavo crollando dal sonno. Gettati uno sguardo al telefono e notai moltissimi messaggi ma decisi di non dargli conto. Andai in bagno, mi bagnai ripetutamente il volto e scesi sotto. Mia madre, come al solito, era seduta lì col suo cappuccino, immersa nei suoi pensieri.
“Buongiorno.” sbadigliai.
“Ehi Emilia, dormito bene?”
“Si. Bene.”
Sorseggiai il mio bicchiere di latte, mi vestì e uscì di casa. Faceva un freddo cane quel giorno. Volevo starmi a casa sotto le coperte.. E forse poteva salvarmi da tutta la merda che mi stava aspettando in quella fottuta scuola. Ma non potevo saperlo, non potevo sapere della valanga di insulti che incombeva su di me. Non lo sapevo. Mi incamminai verso la Hilltown High, ignara di tutto. Mi sentivo stranamente tranquilla e in pace con me stessa. Probabilmente le stelle avevano aiutato, chi lo sa. Arrivai davanti l'entrata che con mia sorpresa era praticamente vuota. Nessuno che copiava, che fumava o che semplicemente parlava. Era vuota. Feci spallucce e varcai l'entrata principale. Venni subito investita da un'ondata di calore ma in mezzo si nascondevano le risatine e i pettegolezzi. Quei maledetti pettegolezzi.. Avevano dalla loro anche quelle foto e speravo solo che non ce ne fossero di altre. Credo che ormai fossi la troia di tutta la scuola. Beh, io non potevo fare nulla per smentire le dicerie. Avanzai di qualche passo e arrivai al mio armadietto, lo aprì e ciò che vidi mi bloccò del tutto: c'erano delle scritte enormi per tutta la parte interna. 'TROIA', 'PUTTANA', 'EMILIA È UNA TROIA'.
Mi guardai intorno e notai che tutti mi stavano fissando con un sorriso stampato sul volto.. Quanto volevo urlargli contro. Ma mi limitai a ficcare la testa dentro quell'ammasso di latta e chiusi gli occhi. Forse era per questo che avevo tutti quei messaggi stamattina.. Forse.
“Ehi, mi hanno detto che tu sei la ragazza delle foto.”
Guardai di scatto quella ragazza dai capelli blu e non risposi.
“Si, sei tu. Comunque sono Chloe. Chloe Parker.” mi guardò “Ti ho osservata molto in questi giorni e devo dire che non hai proprio la faccia da troia. Sei così carina.”
La guardai senza fiatare. Strinsi i pugni nella felpa quasi a farli scoppiare.
“Io non ci credo, quel coglione di Ryan non la racconta giusta. È troppo fighetto per dire la verità. Lui e il suo gruppo di merda.” sbuffò.
“Ancora con questa storia..” dissi a bassa voce.
“Senti.. Tu conosci Victoria giusto? E Nick.”
Annuì velocemente.
“Perfetto! Io sono loro amica e come puoi vedere io e Vic condividiamo lo stesso stile.”
Alzai gli occhi e osservai la ragazza: aveva diversi tatuaggi sparsi per le braccia, gli occhi scuri e i capelli blu elettrico accompagnati da un insolito outfit mezzo punk.
“Bene.” ficcai la testa dentro all'armadietto.
“Beh, ci si vede in giro Emilia Scott.” si allontanò e sparì.
Sospirai, presi dei libri e andai in classe. Andai al mio solito posto e mi lasciai cadere sulla sedia. Vidi entrare Dylan con la sua solita aria impacciata e fuori dal mondo. Era l'unico a sollevarmi il morale. In fondo.. Io e lui non eravamo poi tanto diversi.
Alzò una mano e venne verso di me.
“Ehi.”
“Astronauta..”
“Ho una cosa per te.” mi guardò e affondò la mano dentro la zaino e tirò fuori una piccola atlante dello spazio “Questo è per te.”
“Oh.. G-grazie..” osservai quel piccolo libro sorridendo.
“Pensavo.. Pensavo che ti sarebbe piaciuto..”
“Certo.” lo guardai “Mi piacciono le cose così.”
“Ne sono felice.”
Una voce fuori campo si intromise.
“Ehiehehi! La troietta è qui con la sua nuova preda. Stai attento ragazzo, questa ti mangia!!” rise “Aarghh!!”
Fissai quel tipo.
“Che c'è? Vuoi farti anche me? Io ci sto.”
“E-ehi! Dacci un taglio!”
“Tu che vuoi Cooper? Torna nel tuo mondo del cazzo e non rompere.”
“La stai infastidendo, stupida testa di cazzo.”
In pochissimi attimi vidi Dylan sbattuto contro il muro con quel ragazzo ad un palmo dal volto.
“LASCIALO IN PACE! ADESSO!” urlai.
“La tua troietta è preoccupata per te.” sorrise “Oh ma che carina.. Le piacciono i solitari.”
“MI HAI SENTITO?! LASCIALO!”
Dylan cadde a terra sbattendo il braccio contro una sedia lì vicino.
“È tutto tuo.” mi guardò “Vacci piano con i vergini.” si allontanò.
“Dylan! Stai bene?!” mi gettai a terra “Ehi!”
“Si.. Si.. Sto bene.” respirò a fatica “Sto bene.”
Sentii delle lacrime bagnarmi le guance.
“È colpa mia.. Colpa mia.”
“Ma che dici?” si appoggiò al muro “Non è colpa tua. Sono loro ad essere stronzi.”
“Il braccio ti fa male?” lo fissai “H-hai bisogno del ghiaccio?”
“Emilia..” mi toccò una mano “Sto bene. Davvero. È solo una botta.”
“Lo conosci quel tipo?”
“È nella squadra di football. Beh sai, noi siamo una categoria inferiore.” disse sarcastico “Loro sono i padroni del mondo.”
“Fanculo..” dissi sottovoce.
“Si. Fanculo loro e questa merda di scuola.”
Una voce si intromise.
“Va tutto bene?”
“C-Chloe.. S-si.”
“Ehm.. Vic è qui? La sto cercando da un quarto d'ora.”
“Non è qui.. Mi dispiace.”
“Cazzo.” si allontanò.
“Chi era quella?”
“È un'amica di Victoria..”
“Adoro quello stile.”
Lo guardai e mi lasciai andare sulla sedia. Quegli stronzi mi lanciavano sguardi e ridevano sotto i baffi. Abbassai lo sguardo ma senza volerlo fare incrociai il suo.. Quello di Ryan. Era davanti la porta e mi guardava scuotendo la testa. Mi si avvicinò e mi guardò fissa.
“Ehi, che è successo?”
"Che vuoi?"
"Che è successo al tuo tipo?"
“I tuoi amici.” disse Dylan irritato “I tuoi cazzo di amici.”
“Chi? Chi è stato?”
“Quello lì.” Indicai un ragazzo dal ciuffo ribelle e dallo sguardo fiero.
“Marcus Smith. Che testa di cazzo.”
“Senti Walker, perché adesso fai l'amico? Eh?! Che cosa stai tramando?” Dylan lo fissò.
“Non tramo nulla. Fanculo le tue paranoie."
Si allontanò e raggiunse il suo gruppo. Mi voltai verso Dylan e restai in silenzio. Mi toccai il polso e restai con lo sguardo fisso a terra.. Ero chiusa nel mio mondo e ci restai fino alla fine delle lezioni. Restai da sola in classe, tutti erano già scappati al suono della campanella ma io preferivo la calma. Ero sicura che Dylan mi stesse aspettando di fuori, era l'unico che poteva farlo. Andai in bagno e mi guardai allo specchio. Alzai la manica della felpa e fissai quei tagli.. In qualche modo sentivo il bisogno di farlo ancora, di tagliarmi e di sfogarmi. Chiusi gli occhi e sospirai. Udì delle voci nei corridoi e abbassai di colpo la manica. Sentivo il cuore martellarmi nel petto per l'ansia e la paura. Affinai l'udito e riconobbi la voce, era quella di Dylan. Uscì dal bagno e lo raggiunsi.
“Pensavo ti fossi addormentata.” sorrise.
“Scusa se ti faccio aspettare.. Non sei costretto a farlo.”
“Tranquilla.. Sono un tipo a cui piace il silenzio. Mi calma.”
Lo guardai sorridendo e mi avvicinai. Il suo sguardo era nervoso e come al solito impacciato. Era così carino..
“E-e-ehm.. I-io..”
“Dylan..” lo abbracciai “Grazie.”
Non mi rispose e si limitò a stringermi tra le sue braccia. Avevo trovato la persona giusta per superare tutto e tutti. Mi sentivo così bene e per una volta era felice. Lui mi faceva uno strano effetto. Ma mi piaceva. Anche molto. Mi segui fuori da scuola ma notai un auto ferma proprio davanti l'entrata. Mi fermai ad osservare e dopo qualche secondo un ragazzo scese dal veicolo e venne verso di noi.
“La ragazza nuova e il tipo strano. Che coppia.” sorrise “Sai Emilia, mi è arrivata una voce.. Dicono che ti tagli.” mi fissò “Posso vederli?”
“Fanculo, stronzo.” dissi arrabbiata “Tu e i tuoi amichetti del cazzo.”
“Un attimo un attimo..” prese il telefono “Sei tu questa?”
Osservai la foto e sbiancai. L'aveva scattata quando ho avuto quel crollo per colpa di Ryan.. Non ci potevo credere. Il mio segreto non era più tale.
“Sembrano molto profondi eh..” disse ridendo “Cos'è? Sei depressa?”
“Sta' zitto!” intervenne Dylan “Vattene via.”
“Ho fatto una domanda alla tua amica.” mi guardò “Allora.. Sei una depressella in cerca di attenzioni? Te lo si legge in faccia.”
“Sparisci dalla mia vista..” lo fissai.
“Eddai! Sto solo cercando di fare conversazione.”
“Io non voglio fare conversazione con te.”
“D'accordo..” alzò le mani “Sarebbe un peccato se il tuo segreto venisse fuori..” si allontanò.
Esplosi dalla rabbia e mi misi ad urlare.
“EHI!”
Dylan mi afferrò le spalle ma lo spintonai via.
“NON TOCCARMI! NON TOCCARMI!” urlai.
“Emilia! Sono io.” si avvicinò.
“STAMMI LONTANO, CAZZO! NON AVVICINARTI!”
Sentivo il cuore esplodermi nel petto. Mi tremavano le mani.. In quel momento volevo solo scappare e così feci. Iniziai a correre senza meta. Sentivo Dylan chiamarmi ma non mi voltai nemmeno. Ero a pezzi.. Quella merda di scuola mi stava distruggendo. Corsi non so per quanto tempo ma mi sentivo le gambe cedere ad ogni passo. Arrivai davanti ad una fermata del tram e mi lasciai andare sulla panchina in legno. Esplosi in lacrime e alzai gli occhi al cielo. Volevo sparire. Sparire nel nulla senza dare spiegazioni o altro. Fu lì che pensai per la prima volta al suicidio. Credevo fermamente che fosse la soluzione per trovare la pace e infatti fu proprio così.
Sentii qualcuno sedersi di fianco a me. Alzai il cappuccio della felpa e mi nascosi il più possibile.
“Che giornataccia.. Uff.” disse a bassa voce.
Abbassai lo sguardo e pregai di essere invisibile. L'unica cosa che volevo era stare in silenzio. Ci mancava soltanto una conversazione per esplodere del tutto. Ma purtroppo..
“Ehi, sai quando passa il tram? Voglio arrivare a casa il prima possibile.”
Feci cenno di no con la testa.
“Caspita.. Grazie lo stesso.”
Sentivo le mani tremarmi incessantemente. Ero completamente bloccata. Ad un tratto.. Ecco che il telefono iniziò a vibrare in contemporanea a quello della ragazza seduta vicino a me. Sentì lo sblocco e attesi un qualcosa che arrivò dopo qualche minuto di silenzio.
“Povera ragazza.. Chissà che cosa le hanno fatto..” disse tra sé e se “Avrà fatto male.”
Passò qualche minuto e di nuovo la vibrazione.
“Uhm.. Dicono che si chiami Emilia. Bel nome però, mi piace il tocco italiano.”
Non dissi nulla. Restai con lo sguardo chino in silenzio. Quella ragazza non sapeva che fossi io la tipa. Respiravo lentamente. Molto lentamente. Sentivo il telefono vibrarmi in tasca, non smetteva quasi più. Avevo lo sguardo di quella ragazza puntato addosso, ne ero convinta.
“Ehi ehm.. Va tutto bene? Stai tremando come una foglia.”
Feci cenno di sì senza muovere un muscolo. Ero sul punto di esplodere.
“Posso aiutarti in qualche modo?”
Non mi mossi di un millimetro e cercai in tutti i modi di mantenere la calma. Fortuna per me, arrivò il tram. Quella ragazza mi salutò e sparì in mezzo alla folla. Io feci lo stesso.. Presa dalla disperazione e dalla rabbia, tornai a casa e come un razzo andai in camera. Sentivo mio madre chiamarmi ripetutamente ma non volevo risponderle. Mi buttai sul letto e mi feci piccola piccola. Avevo l'intero mondo sulle spalle e ne sentivo il peso. Quel peso che aumentava giorno dopo giorno, ora dopo ora. Restai nella stanza finché non udì l'auto dei miei lasciare il vialetto di casa. Mi alzai di scatto e controllai che fossi da sola. Feci un bel respiro e andai in bagno. Mi guardai allo specchio ma quel che vedevo era solo una ragazza distrutta da dentro e umiliata. Afferrai una lametta e la fissai per qualche minuto.. Lo stavo per fare di nuovo. Volevo veramente farlo? Volevo veramente soffrire per stare cinque minuti in pace? Si e si. Lo volevo. Presi una delle lamette e la appoggiai appena sulla pelle riuscendo a sentire il freddo che emanava. Mi feci forza e andai più affondo. Sentì un dolore atroce passarmi dalla testa ai piedi ma nonostante ciò continuai. Continuai per qualche abbondante minuto. Alcune ferite erano molto più profonde delle altre ma tutto quel dolore mi dava soddisfazione e mi dava un senso di pace. Mi faceva malissimo il polso ma inflissi ugualmente l'ultimo taglio. Il sangue scorreva per tutta la mano fin dentro il lavandino. Presi della carta e la sparsi sopra le ferite. Facevano un male cane ma mi sentivo in pace. La tristezza fece spazio al dolore ma mi andava bene così, facevo di tutto per evitare di sentirmi triste. Mi fissai allo specchio per qualche minuto e gettai un occhio al telefono. Avevo un sacco di messaggi non letti così mi decisi e li lessi uno per uno. Quel bastardo di prima aveva pubblicato la foto dei miei tagli.. Si vedeva chiaramente che ero io. In un attimo mi crollò il mondo addosso. Iniziai ad urlare e con un pugno distrussi lo specchio davanti a me, provocandomi numerose ferite alle dita e alla mano. Ero fuori di testa. Mi accasciai al muro con le lacrime che mi scorrevano sul volto, il dolore dei tagli aumentava sempre di più così come quello alla mano destra. Ficcai la testa in mezzo alle gambe e tutto ciò che feci fu piangere. Le lacrime si portavano via pezzi di rabbia alleviando la mia sofferenza ma purtroppo non era mai abbastanza. Venni inghiottita dal buco nero depresso e rimasi lì per ore. Mi sentivo una totale nullità dinnanzi a quelle foto. Pensai a Dylan.. Cosa poteva pensare di me adesso? Sua sorella faceva lo stesso e si uccise. E io.. Io volevo uccidermi?
Sentì la porta aprirsi ma non mi spostai di un millimetro. I passi dei miei si facevano più vicini e quando mia madre mi vide lì, a terra, con le mani insanguinate, cacciò un urlo assordante.
“TESORO! CHE È SUCCESSO?!” mi abbracciò “STAI BENE?!”
“Emilia!” era mio padre “Cazzo..”
“I-i-io m-m-mi dispiace..” balbettai qualcosa.
“Edward prendi delle bende!” 
Mia madre mi guardava dritta negli occhi e forse aveva capito cosa mi era successo. Speravo solo che non mi toccasse i polsi perché potevo esplodere in mille pezzi. La felpa era piena di schegge e di sangue, faceva paura.. Mio padre tornò come un razzo e mi fasciò la mano con una cura estrema. Mi faceva male..
“Vieni, bevi qualcosa.”
Mi alzai e seguí mio padre fino al salone. Mi diede dell'acqua e mi tranquillizzò. Non riuscivo nemmeno a sollevare il bicchiere, le mani mi tremavano come una foglia. Fu mio padre ad aiutarmi.
“Allora.. Vuoi dirmi che è successo?”
“M-m-mi dispiace.. I-i-io-”
“Tranquilla.. Va tutto bene.” mi bloccò “Non preoccuparti dello specchio. Ne compro un altro.” sorrise.
“Non so cosa mi sia preso..” mi agitai di colpo “I-io non volevo.”
Guardai mio padre e scoppia in lacrime. Mi abbracciò subito passandomi una mano tra i miei capelli scuri.
“Emilia, va tutto bene.. Può capitare. Anche a me è capitato di spaccare qualcosa.” sospirò “Vuoi andare in camera tua?”
Feci cenno di sì.
“D'accordo. Vieni.”
Mi accompagnò fino in camera e restò lì per qualche minuto.
“Ti conviene cambiarti la felpa. Non credo che ti piaccia il rosso sangue.” mi sorrise “Ti lascio da sola dai.”
Mi strinse la mano e uscì dalla stanza. Iniziai a respirare normalmente e mi guardai la fasciatura con le bende sulla mano. Chiusi gli occhi e mi sfilai la felpa. Restai in intimo a fissarmi i tagli per qualche secondo. Li sentivo pulsare continuamente e facevano ancora male. Indossai una felpa nera e issai il cappuccio per nascondere la mia espressione. Ero emotivamente distrutta. Era incredibile la velocità con cui quei ragazzi mi avevano distrutta. Sembrava quasi che mi stessero aspettando per sfogare tutta la loro ira. Sospirai e ad un certo punto sentii i miei parlare. Mi avvicinai alla porta e ascoltai:
“Edward, quella ragazza sta peggiorando giorno dopo giorno. Non sappiamo cosa le frulla per la testa.”
“Tesoro non puoi cedere adesso. Quella scoperta la ucciderebbe all'istante. Lo sai anche tu quanto Emilia era legata alla sua famiglia.”
“Certo che lo so! Ma voglio dirle la verità.. Non riesco più a guardala negli occhi senza mentire su quella notte.”
“Abbassa la voce! Potrebbe sentirci.”
Mi tappai la bocca con le mani e scivolai sul muro. Loro sapevano qualcosa sulla morte dei miei genitori. Era palese. Ma perché non me lo dicevano? Cosa c'era di tanto segreto da poter 'uccidermi'? Povera me.. Non sapevo cosa stava per accadere.
















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