10. 𝐶𝑜𝑢𝑛𝑠𝑒𝑙𝑜𝑟

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Svegliarsi per andare a scuola era come svegliarsi da un sogno per vivere un incubo. Non avevo la minima voglia di andare verso tutta quella merda. Nel profondo lo sapevo, sapevo che mi stavano aspettando per prendermi in giro. Ne ero certa.
Mi vestì molto velocemente e uscì da casa come un lampo, non volevo parlare con nessuno. C'ero io e la musica, la mia compagna fedele. Mi incamminai verso la scuola e arrivai dopo qualche minuto. Sentivo l'ansia salire vertiginosamente ma fortunatamente per me, vidi Dylan appoggiato ad un muro con il suo solito sguardo perso nel vuoto. Stava cercando qualcuno e quel qualcuno ero sicuramente io perché quando mi vide mi corse incontro per parlarmi.
“Ehi!” sorrise timidamente “Come.. Va?”
“Scusa Dylan.. Ieri non ero in me. Mi dispiace.”
“Dispiace più a me che a te.. Quelle foto sono arrivate fino in presidenza. Tutti sanno che sei tu.” fece una pausa “Ascolta Emilia.. Sarai nell'occhio del ciclone per non so quanto tempo.”
“Fanculo.” dissi sottovoce.
“Ho sentito dire che lo psicologo della scuola vuole vederti il prima possibile. Vale a dire che appena varcherai l'entrata lui sarà lì ad aspettarti.”
Non risposi. Restai in silenzio per qualche secondo.
“Perché vogliono sapere della mia vita? Sono i miei cazzo di problemi.” dissi irritata.
“Credo per aiutarti..” disse quasi spaventato.
Una voce attirò la mia attenzione.
“Emi! Sei qui!”
“Vic..”
“Ehi Dylan!” sorrise.
“E-ehi..”
“Porca puttana tutti sono fissati con quelle cazzo di foto. Dicono che sia una cosa disumana o roba simile.”
“Ne ho abbastanza!”
Presa dal coraggio spalancai la porta dell'entrata e mi guardai intorno, fissando tutti negli occhi. Sentivo delle risatine circondarmi quando una voce maschile molto profonda attirò la mia attenzione.
“Signorina Scott, vuole seguirmi nel mio ufficio?”
Mi girai di scatto e notai un uomo sulla quarantina, dalla carnagione scura e dai capelli neri, fissarmi.
“Si, certo.”
Lo segui fino al piccolo ufficio e mi accomodai sulla sedia. C'era una targhetta sul tavolo in legno recante il suo nome, Matt Stingray.
“Sono il counselor, piacere.”
“Emilia.”
“So già chi sei.” mi sorrise “Va tutto bene?”
“Si.”
“Ne sei proprio sicura? Dal tuo sguardo non si direbbe.”
“Perché mi fa queste domande? Lei sa perfettamente cosa mi succede.”
“Certo che lo so. Ma voglio che sia tu a dirmelo.”
“D'accordo..” sospirai “Avrà sicuramente visto quelle foto.”
“Si. Mi sono arrivate solo ieri.”
“Che le ha mandate?”
“Non posso dirtelo, mi dispiace.”
Sorrisi amaramente e annuì.
“Allora Emilia.. Perché quei tagli? C'è qualcosa che ti fa stare male?”
“Tutto mi fa stare male. Sono qui da pochissimo tempo e guardi cosa mi hanno già fatto.”
“Io sono qui per aiutarti. Non vedermi come un nemico.”
Annuì e distolsi lo sguardo.
“Non ti chiederò di mostrarmeli ma devo chiedere il perché. Perché hai fatto ciò che hai fatto?”
“Perché stavo male. Stavo veramente di merda e la mia unica valvola di sfogo è questa. Se non lo faccio.. Esplodo..”
“E non c'è nessuno con cui puoi parlare?”
“S-si.. Ma non voglio travolgerli con la mia tristezza.”
“Sono più di uno quindi.. Ancora meglio.”
“Sono gli unici ad essermi amici..” strinsi il ciondolo a forma di luna.
“E quella collana? È un regalo?”
“Si. È stato Nick Morgan a darmela.”
“Oh si, Nick. È un ragazzo d'oro.”
Abbassai lo sguardo e sospirai.
“Devo chiederti una cosa, Emilia.”
“Mi dica pure.”
“Se qualcuno ti infastidisce devi dirmelo immediatamente. Voglio che tu ti senta al sicuro. Questa scuola è più bella di quanto immagini.. Credimi.”
“Certo, lavora qui.” afferrai lo zaino e mi alzai.
”Non volevo dire questo..“
”Ascolti.. Me la posso cavare anche da sola ma esaudirò la sua richiesta.“
”Grazie.“
”Buona giornata.“ uscì dalla stanza.
Incrociai lo sguardo del preside e mi allontani. Dylan era lì ad aspettarmi, come sempre. La sua espressione perennemente confusa osservava i ragazzi e le ragazze che passavano davanti al suo sguardo.
”Ehi.. Eccomi.“
”Ehi! Che ti ha detto?“
”Nulla di importante.“ risposi vaga.
”Nulla di importante? Ne sei proprio sicura?“
”Si. Ne sono sicura.“ sospirai.
Dylan fece spallucce e si allontanò. Restai ferma per qualche secondo quando sentii una mano toccarmi il fondoschiena. Mi voltai di scatto ma mi ritrovai in mezzo alla folla di studenti. Non sapevo chi fosse stato e alzando gli occhi incrociai lo sguardo del counselor. Lo fissai e scappai letteralmente in mezzo agli altri ragazzi, scomparendo tra di loro. Avevo un bersaglio sulla testa, ne ero convinta. Arrivai all'armadietto e come al solito ci ficcai la testa dentro. Dopo qualche istante notai una lametta con del sangue finto poggiata sulla pila di libri. Feci una smorfia e osservai quella lametta insanguinata quando la voce di un ragazzo mi fece sobbalzare.
”Emilia.“
”Chi cazzo sei?!"
”Ciao anche a te. Comunque..“ mi guardò ”Settimana prossima inizia il corso di poesia ma come ben sai non è un vero e proprio corso. Beh.. So del tuo problema con le lamette e ti consiglio caldamente di frequentare quella stupida classe di finiti poeti. Potrebbe seriamente aiutarti.“
”Ma cos'è ti pagano per dirmelo?“ chiusi lo sportello con forza ”Non mi fido di te. Ne tanto meno del tuo corso di poesia da quattro soldi."
Mi allontanai velocemente e entrai in classe. Mi guardai intorno e mi sedetti al solito posto, lontana da tutti e tutto. Sospirai e guardai fuori dalla finestra.. Farlo mi dava un senso di pace momentanea.
”Emilia..“ sussurrò.
”Astronauta..“ continuai a guardare di fuori.
”Ho sentito Stingray parlare col preside.“
”Cosa?!“ mi voltai verso Dylan ”Che ha detto?“
”Il preside gli ha suggerito di contattare i tuoi genitori per avvisarli.“
”Cazzo! Non devono saperlo.“ chiusi gli occhi ”Fanculo.“
”Tu riesci proprio bene a nascondere i tuoi segreti eh.“
”Se era una battuta hai fatto un buco nell'acqua.“ fissai il vuoto.
”E-ehi i-io non intendevo..“ si bloccò ”Scusa.“
Non risposi e continuai a guardare avanti. Dopo qualche minuto Ryan venne verso di me con dei biglietti in mano.
”Ehi ragazzi, festa a casa mia nel weekend. Sapete.. Per scaricare lo stress e tutto.“ mi diede i biglietti ”Questi sono i pass. Per tutti e due.“
”Un'altra festa? Seriamente Ryan?!“ chiesi irritata.
”Io ti ho invitata. Non me ne importa un cazzo se ci sei o meno, devo solo fare la parte del buon amico. Capisci?“
”Sparisci.“
”Bene. Ci vediamo allora.“ si allontanò.
Fissai quei biglietti e Dylan me li strappò di mano.
”Ma guarda qui.. Hanno addirittura i pass per quelle feste del cazzo.“
”Vuoi andarci?“
”Non se ne parla.“
”I-io credo che ci andrò.“ dissi quasi sarcastica.
"Cosa?! Vuoi andarci?"
”Ci sarà anche Vic. E poi voglio dimostrare a quel coglione che i suoi giochetti non funzionano con me.“
”Wow. Hai coraggio da vendere."
"Quindi ci vieni?"
”Mi dispiace..“ abbassò lo sguardo e conservò uno dei biglietti.
”Sarai bandito dalla mia vita per questo! Stupido mortale.“
”Mi perdoni somma sacerdotessa.. Non era mia intenzione mancarle di rispetto.“
Incrociai il suo sguardo e scoppiammo a ridere. Quella sua espressione sempre impacciata mi dava conforto. Era un po' come me. O almeno lo credevo. Sorrisi e distolsi lo sguardo buttandomi di peso in mezzo ai miei pensieri. La storia delle foto stava letteralmente esplodendo in quella scuola. Li sentivo parlare di me e dei miei problemi. Stavano iniziando anche a fare delle teorie sul perché dei tagli, come se ci fosse bisogno. Stupidi.
Socchiusi gli occhi e sospirai più volte quando sentii una mano toccarmi la spalla. Spalancai di colpo gli occhi e fissai Vic.
”Ehi Emi, Ryan mi ha detto che verrai alla festa.“
”Io non gli ho detto nient-“
”E tu Dylan? Sei dei nostri?“
”Non sono il tipo da festa. Mi dispiace.“ sorrise.
”Eddaaaai! Se non ti avessi trascinato al Party del novellino non avresti conosciuto Emilia.“
”Magari l'avrei conosciuta lo stesso. Chi lo sa.“
”Fanculo tu e le tue risposte da saputello.“
”Bene.“ sorrise.
Vic tornò a fissarmi.
”Tu devi venire. Sei obbligata, d'accordo?“
”Sai chi ci andrà?“
”Beh.. C'è praticamente l'intera squadra di football e credo altre persone. Dai Emi non farti mille problemi. Vieni e basta.“
”D'accordo! Non essere assillante.“
”Sii. 2 a 0 cara Emilia.“ mi sorrise e si allontanò.
”Per essere una tipa che odia questo genere di cose vai ad un mucchio di feste.“
”E tu dovresti fare lo stesso.“ lo guardai ”Tu sei come me, Dylan.“
”Tu dici?“ mi guardò.
”Certo.“
Ad un tratto si elevò un trambusto pazzesco. Uscì dalla classe e notai diversi ragazzi davanti agli armadietti.. Stavano guardando proprio il mio. Mi feci spazio a spintoni e riuscì ad essere in prima fila. Vidi le foto dei miei tagli appese sul mio armadietto. Avevano delle scritte sopra: 'SUICIDA' o 'POVERINA' o 'FA MALE?'
Strappai via quelle foto e fissa i ragazzi davanti a me.
”Chi è stato?“ dissi quasi sottovoce.
Tutti ridevano e basta. Sentii un'impeto di rabbia e tirai un pugno contro l'armadietto.
”CHI È STATO?! CAZZO RISPONDETE! CHI È STATO?“
Mi fissavano come se fossi una qualsiasi pazza. Sentivo la rabbia crescere esponenzialmente. Stavo per esplodere.
”Signorina Scott, venga nel mio ufficio. Adesso.“
La voce del counselor fece tacere tutte le risatine. Respirai profondamente e seguí l'uomo con ancora le foto attorcigliate nella mano. Mi sedetti sulla sedia e fissai il vuoto.
”Mi dia quelle foto, voglio vedere più da vicino.“
Le lanciai letteralmente sul tavolo e sbuffai.
”Sai chi può essere stato a farlo?“
”Secondo lei?!“
”Beh.. Non lo so.“
”Quello era il. Mio. SEGRETO.“ urlai ”IL MIO SEGRETO!“
”Si calmi..“
”E COME FACCIO A CALMARMI?!“
”Ne possiamo parlare.. Stia tranquilla.“
Non risposi e abbassai lo sguardo.
”Possiamo continuare?“
”Perché mi stanno facendo questo.. Cosa gli ho fatto..“
”Non se lo merita e questo lo so bene ma voi adolescenti fate sempre così. Potrebbe essere uno scherzo anche se di cattivo gusto.“
”Uno scherzo eh..“ sbuffai ”Questo le sembra uno scherzo?“ fissai l'uomo e tirai su la manica della felpa.
”Non deve..“
”Guardi lo scherzo! Eccolo qui.“ lo fissai intensamente.
”Mi dispiace. Farò di tutto per fare smettere questi atti di bullismo. È una promessa.“
”Non faccia promesse da marinaio..“
Mi alzai di scatto e uscì dalla porta come un fulmine. Avevo gli occhi di tutti addosso. Quei sorrisetti del cazzo.. Quanto li odiavo. Entrai in classe, presi lo zaino e uscì da quella cazzo di scuola come un razzo. Mi fermai sulle scale e abbassai lo sguardo. Sentivo le lacrime bagnarmi le guance e quel senso di vuoto crescermi dentro. Mi sentivo malissimo e insignificante.. Iniziai a viaggiare con la testa.. A chi importerebbe se sparissi, pensai. Lo pensavo veramente. Mi stavo rendendo conto che nessuno si interessava a me.. Mi erano tutti contro. La mia esistenza era totalmente insignificante per tutte quelle persone intorno a me.
Cacciai indietro le lacrime e sparì in mezzo alla sottile foschia con i miei demoni alle spalle.




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