14. 𝐼𝑔𝑛𝑜𝑟𝑒𝑑

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Misi su quel pezzo lento che ballai con Dylan al party del novellino. Ascoltare quella canzone mi faceva pensare a quella sera e a lui. Lo avevo trattato di merda e in più ora sapeva tutto della festa di Ryan. Non sapevo se Marcus fosse sincero.. O Vic. Mi sentivo tradita, tradita da quella che ritenevo la mia migliore amica. Tutti sono dei falsi che si nascondono dietro maschere. Perfino i genitori possono essere falsi, tutti tengono nascosta qualcosa. Anche io avevo tantissimi segreti ma erano i miei segreti.
Diedi uno sguardo al telefono e notai mille messaggi da Vic. Erano probabilmente delle scuse ma non mi importava più nulla. Avevo già fatto troppi casini, soprattutto con Dylan. Mi alzai dal letto e andai in bagno.. Avevo bisogno di sfogarmi e l'unico modo per farlo era quello di tagliarmi. Afferrai la solita lametta e mi incisi il polso in diversi punti. Stavolta faceva malissimo ma nonostante tutto continuai. Quei tagli erano la mia liberazione da tutta la tristezza che provavo. Il sangue colava come un fiume.. Avevo le mani piene, sembravo un pazzo assassino dopo un omicidio. Scoppiai a piangere e mi accasciai al muro macchiandolo di sangue. Non ero mai abbastanza. Non ero mai all'altezza delle aspettative. Mi sentivo sempre e solo inferiore agli altri e questo mi mandava fuori di testa. Urlai a squarciagola buttando fuori tutta la mia rabbia e la mia tristezza ma poco cambiò. Mi tremavano le mani e avevo la vista completamente offuscata dalle lacrime. Ero chiusa nel mio piccolo e insignificante universo che mi ero costruita. Volevo soltanto sparire. Volevo andarmene e non tornare mai più. Volevo mettere fine a tutta quella sofferenza che provavo e l'unico modo che mi veniva in mente era quello di farla finita. Iniziai a pensarci con molta più convinzione e trovai diversi modi per andarmene senza dare nell'occhio. Nessuno sentirà la mia mancanza. Non importa a nessuno di me, pensai. Non riuscivo a distrarmi da quel pensiero che ormai era diventato una fissazione. Era la mia unica via d'uscita da quel buco nero, non esistevano altre vie o altri modi.. Soltanto quella.
Sentii la serratura della porta scattare ma restai lì, a terra, con le mani coperte di sangue e gli occhi ancora umidi. Lily mi chiamava ripetutamente e sentivo i suoi passi farsi sempre più vicini e pesanti. Non so bene cosa provai in quel momento ma riuscì solo a piangere e a singhiozzare. Mi sentii scuotermi ma non aprì nemmeno gli occhi, me ne stavo a terra, in silenzio, affogando nelle mie stesse lacrime.
"EMILIA! EDWARD VIENI QUI! SUBITO!" continuava a scuotermi.
Edward entrò nel bagno come un uragano e si gettò ai miei piedi sollevandomi da terra.
"Oddio oddio oddio oddio oddio oddio!" ripeteva disperata Lily.
"Emilia! Per favore dammi un segno, ti prego!"
Lo sfiorai con l'indice lasciando una traccia di sangue sulla sua camicia in seta bianca. Sentii una superficie morbida sostenermi da sotto. Le ferite iniziarono a bruciare e un dolore acuto mi attraversò dalla testa ai piedi. Mi lamentavo per quel continuo dolore lancinante quando all'improvviso smise. Mi sentivo leggera come una piuma e mi limitai a dire cose senza senso. Sentivo loro parlare.. Probabilmente Edward stava tranquillizzando Lily o viceversa. Non capivo molto. Stavolta ero come andata in shock, non lo so.
"Emilia.. Mi senti?" era lei "Per favore apri gli occhi.."
Una luce accecante mi abbagliò e dopo pochi secondi vidi i loro volti. Avevano un'espressione terrorizzata e scossa.
"Tesoro.. Puoi dirmi che è successo?"
Edward se ne stava lì, alzato e lontano da me.
"Sono stanca.." dissi con voce rauca "Voglio morire.. Lasciatemi morire."
Distolsi lo sguardo e fissai un punto a caso davanti a me.
"Non vi importa di me.. Io lo so." continuai "La mia migliore amica mi ha tradito e ho fatto un casino con l'unica persona che riusciva a capirmi.."
"Di chi stai parlando?" chiese mia madre.
"Sono da sola.."
"Tu non sei sola. Ci sono io. C'è tuo padre."
Scattai in piedi barcollando.
"VOI NON SIETE I MIEI GENITORI!"
"Emilia, resta calma." intervenne Edward.
"Non darmi ordini. Tu non sei mio padre." lo fissai "E non lo sarai mai."
Feci qualche passo in avanti e caddi sul pavimento. Mi rialzai pochissimi secondi dopo e mi guardai intorno.
"Perché me l'avete nascosto?" li fissai.
Si guardarono e abbassarono lo sguardo.
"Lo sapevo.."
Abbassai lo sguardo e notai che mancava il bracciale di mia madre al polso. Fissai Lily ed Edward e notai che Lily lo aveva tra le mani.
"Dammi quel braccialetto."
Mi avvicinai barcollando e glielo strappai dalle mani. Osservai quella pietra bianca e mi allontanai. Entrai in camera e chiusi la porta a chiave. Mi lanciai sul letto e nascosi la testa tra le ginocchia. Le ferite pulsavano e bruciavano come non mai, faceva un male cane. Pensai a Dylan e a tutta la dolcezza che dimostrava nei miei confronti. Mi serviva proprio una persona come lui adesso.. Sospirai e guardai il telefono. Volevo chiamarlo e lo feci. Ad ogni squillo aumentava la mia ansia.
"Pronto?"
La sua voce aveva una nota ansiosa e agitata. Restai in silenzio per qualche secondo ma poi risposi.
"D-Dylan.. Sono Emilia.."
"Oh e-e-ehm.. Ehi."
"Dylan.. Ho bisogno di te. Per favore.."
Le parole si mischiarono alle lacrime.
"Per favore.. Ho bisogno di te.."
"Emi, sta calma e aspettami. Arrivo." riattaccò.
Gettai il telefono sul letto e affogai tra le lacrime. Mi sentivo così sola e triste.. Mi sentivo rotta, col cuore a pezzi senza nessuna possibilità di sistemarlo. Chiusi gli occhi e aspettai Dylan. Ad un tratto sentii dei ticchetii alla finestra. Mi avvicinai e lo vidi fermo sul vialetto. Mi sorrise e con moltissime difficoltà riuscì a salire fino in camera mia. Entrò dalla finestra ridendo.
"Cazzo.. Pensavo fosse più facile." disse col fiatone "Uphf.."
Si guardò intorno e posò il suo sguardo su di me.
"Emi, che c'è?"
"Mi sento sola.. Sola." mi sedetti sul letto.
Dylan fece lo stesso e mi afferrò una mano.
"Emilia, tu non sei sola. Puoi sempre contare su di me. Sempre."
Mi fissava con i suoi occhioni nocciola.. Era in grado di guardarmi dritta nell'anima.
"Sono stati loro." dissi schietta.
"Chi?"
"Sono stati loro a tamponare l'auto dei miei genitori. È per colpa loro se sono morti e io sono rimasta da sola. Tutto per colpa loro."
Dylan non fiatò e mi lasciò sfogare. Mi stringeva la mano e mi guardava.
"Victoria mi ha gettato merda addosso. Ryan sta per tornare e quel fottuto Matt Stingray è diventato il mio psicologo." sospirai diverse volte "Non ho più nessuno su cui contare.."
"Ci sono io. Credi forse che ti lascerei per una qualche cazzata?" mi fissò "Emilia, non mi importa nulla della festa di Ryan. Tutti commettono errori."
"Tu avevi.." scoppiai a piangere "Avevi organizzato una cosa al parco.."
Lo sguardo di Dylan si fece serio ma si rilassò subito dopo. Iniziò ad annuire e a sorridere.
"Volevo osservare le stelle con te e quel parco era il posto perfetto." sorrise "Tranquilla.."
"Perché sei l'unico che mi tratta così?"
"Così come?" chiese a voce a bassa.
"Così... Bene." abbassai lo sguardo "Sei sempre dolce e gentile con me. Nonostante i miei casini."
"Mi piace quando ti brillano gli occhi."
Non capì bene la risposta e lo guardai.
"Ecco vedi? Adoro quello sbrilluccichio che hai negli occhi." sorrise "Mi piace."
Restai in silenzio.
"E.. Mi piaci tu." disse con un filo di voce.
Non mi mossi di un centimetro e restai col fiato corto. Lui stava esplodendo dall'imbarazzo.
"Mi piaci Emilia. Mi piaci."
Incrociò il mio sguardo e mi guardò di scatto le labbra. Si avvicinò e le nostre labbra si sfiorarono. Restai immobile e mi sentii prendere dai fianchi. Chiusi gli occhi e sentii una fitta al cuore. Spalancai gli occhi di scatto e mi guardai intorno. Lui non c'era. Ero da sola. Fuori stava diluviando.
Era solo un sogno. Un. Sogno.
Scoppiai a piangere e mi nascosi tra le coperte. Il mio vuoto aumentò di colpo e continuò a crescere senza fermarsi. Era completamente da sola. Da sola contro i miei demoni. Da sola contro i miei pensieri e da sola contro tutti. La pioggia bussava incessantemente alla finestra e quel rumore era l'unica cosa che riusciva a calmarmi. Uno squillo mi fece sobbalzare, afferrai il telefono e notai che Nick mi stava chiamando. Esitai un attimo ma risposi.
"Ehi! Sono Nick, come stai? È da tanto che non ti sento"
Esplosi in un pianto sordo e le parole mi morirono in bocca. Singhiozzavo e basta.
"Emilia?"
"N-Nick.."
"Emi, perché stai piangendo?"
"Sto male.. Da quando sei andato via è andato tutto di merda.."
"Ti va di parlarne?"
"È inutile parlarne.."
"Certo che è utile. Non tenere tutto dentro. Sfogati."
"Nick.. Voglio fermarmi."
"Spiegami."
Restai in silenzio per qualche abbondante secondo.
"Sei ancora lì?"
"Lascia stare.. Quel che dico non ha senso."
"Se vuoi parlarmi di qualcosa sentiti libera di farlo. Qualunque cosa."
"Tranquillo.." sospirai "È stato bello risentirti."
"Idem. Chiamami quando vuoi."
"Si."
"Ciao Emilia." disse ridendo
"Ciao Nick.."
Riattaccai e gettai via il telefono. Mi misi sotto le coperte e fissai il soffitto. Sentivo i miei parlare dal piano di sotto ma non mi importava più nulla, potevano dire tutto quello che gli passava per la testa. Io ero solo un involucro vuoto, senza sentimenti né voglia di fare. Voglia di vivere.
Natale si stava avvicinando e con lui il mio compleanno. Ad un tratto una piccola scintilla di speranza mi riempì il cuore. Non era assolutamente facile contrastare il desiderio di farla finita. Era diventato pressoché enorme. La mia unica via d'uscita. L'unica.

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