Capitolo 4: Frustrated.

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«Ti è piaciuto?»

Se qualcuno le avesse chiesto, in quell'istante, quale fosse la cosa che detestava di più nell'intero universo, Y/N avrebbe risposto con assoluta certezza che fosse quella domanda.

Se l'era domandato spesso come diavolo venisse in mente, talvolta, all'essere maschile di chiedere una cosa del genere: secondo il loro sottosviluppato cervello quale doveva essere la risposta, se non uno svogliatissimo "sì"?
Quale poteva essere l'alternativa, altrimenti? Un sincero "no"? Così poi da dover spiegare anche le innumerevoli motivazioni che potevano esserci dietro?
Non aveva senso o, in ogni caso, non aveva voglia di intraprendere un'inutile discussione: la cosa migliore era mentire, sempre e in qualsiasi occasione.

Se la domanda veniva fatta dopo un rapporto imprevisto e con uno sconosciuto, cosa che non le era mai successa ma su cui aveva ipotizzato la possibile via di fuga, il "sì" sarebbe bastato per mettere a tacere l'altro e svignarsela con la consapevolezza di essersi trattata della prima e ultima volta.
A quale scopo abbassare l'autostima di un individuo di cui si conosce, e si conoscerà, poco o niente?
Con una semplice affermazione positiva il fortunato avrebbe continuato ad avere il suo orgoglio di uomo e lei non sarebbe stata tediata con altre domande scomode e senza senso.

Se, invece, il quesito veniva posto dal proprio ragazzo, come sfortunatamente era il suo caso, la questione si faceva un po' più complicata: avrebbe potuto dire ad Atsumu che se gli fosse davvero interessato se ne sarebbe accorto ma, conoscendolo, lui avrebbe replicato che non era sicuramente colpa sua.
Oppure avrebbe potuto confessare di non essere neanche arrivata all'orgasmo e sopportare che lui si cimentasse nell'impresa per una decina di minuti, prima di tormentarla a tal punto da farle male.
Un film già visto.

«Come sempre.»
Così si era limitata all'ennesima menzogna della giornata, accarezzando la chioma bionda appoggiata sul suo petto nudo.
Non era la prima volta che succedeva e, anche se sperava fermamente nel contrario, Y/N sapeva che non sarebbe stata l'ultima.

Alla fine Atsumu poteva anche avere la sua ragione: non era tutta colpa sua.
Il suo adorato fidanzato era un amante passionale, ci metteva tutto sé stesso e, in passato, il sesso con lui era stato a dir poco magnifico.
Beh, non che lo avesse mai fatto con qualcun altro: lui era stato il primo e l'unico.

L'aveva sempre trattata con riguardo e rispetto, la sua principessina: le aveva insegnato a conoscersi e conoscere il sesso, le aveva dato una prima volta meno orrenda di quel che si era aspettata, senza dubbio migliore di alcune prime volte di cui aveva sentito parlare; le aveva fatto scoprire che il suo corpo era bello così com'era e non doveva vergognarsene.
E alla fine le diceva sempre di amarla.
Tutto questo prima di essere lasciata, poi, anche dopo essere tornati insieme, le cose erano cambiate.

O forse era solo lei ad essere cambiata.
Atsumu le diceva ancora qualche ti amo sporadico e lei, da brava ragazza, rispondeva di amarlo allo stesso modo, se non più di prima.
Quando lui non la guardava, solo allora si concedeva di alzare gli occhi al cielo o sospirare: si erano amati davvero un tempo, lei era seriamente stata innamorata di lui e aveva sognato che fosse uno di quei rarissimi amori che iniziano durante l'adolescenza e durano per tutta la vita.

Ma adesso la fiducia era scomparsa, non l'aveva mai perdonato per averla lasciata, per averla fatta piangere, soffrire, supplicare, non gli aveva più creduto quando professava di amarla, quando le prometteva che lei era l'unica donna della sua vita: Y/N, adesso, dubitava di qualsiasi cosa.

E come avrebbe potuto essere serena la loro vita sessuale, visto il palcoscenico che avevano alle spalle?
No, non era colpa di Atsumu se non riusciva ad sentirsi appagata: la colpa era solo di sé stessa.

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