XXIV - Ti voglio bene

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Mary

Ho smosso tutti dal tavolo per andare da Kelly, com'è giusto che sia: ha bisogno di distrarsi.
Non so, appena Con ci ha raccontato tutto, ho sentito che dovevamo fare qualcosa, anche se piccola.
Ha bisogno di distrarsi, di sentirsi amata, nient'altro. Perciò busso energicamente alla porta di casa sua, mentre Con mi prega di smetterla con tutta questa euforia.
Quando la madre mi vede non sa nemmeno chi sia, ma vedendo Con e gli altri capisce la situazione.
-Giuro che non abbiamo portato alcol.
Okay, non so perché l'abbia detto, ma il suo sembrava uno sguardo intimidatorio. Però ride per la mia uscita ed è forse proprio la mia frase fuori posto a convincerla ad entrare.
-Non siamo riusciti a farla restare con noi dopo cena... di solito facciamo sempre qualcosa assieme.
Sembra che voglia dire più di questo con gli occhi smarriti, che mi ricordano quelli di mamma quando seppe della tresca di papà. È confusa, non capisce perché le persone possano agire in questo modo: nemmeno io lo so, nessuno lo sa.
Ci fa salire da Kelly, sperando che possiamo convincerla a uscire. Un'idea però ce l'ho, prendendo in mano la chitarra che ha portato James. Chiedo a Con quale sia la sua canzone preferita, e quando risponde con Somebody to you, inizio a strimpellarla, arrossendo anche al ricordo di quando Brad me la cantò all'orecchio mentre la scriveva.
E mentre suono e gli altri cantano, mi rendo conto di essermi ricordata un altro episodio della mia vita, visto che ancora sto ricucendo i ricordi sparsi della mia vita.
Credo che Brad se ne sia accorto, da come mi guarda complice e felice, forse perché anche lui ha ricordato la stessa cosa, chissà.
La scarsa performance ha attirato Kelly da noi, che scende le scale piano, con occhi lucidi e capo scoperto.
Si vede che è stanca, ma non per dolori fisici, ma per qualcosa dentro che la sta lacerando. Però non appena ci vede sorride, un po' a fatica, ma lo fa lo stesso. Ci ringrazia per essere venuti, anche se rimarca che non c'era bisogno, che possiamo tornare a casa, perché sta bene.
-E allora vogliamo esserci per te lo stesso, è un problema?
Connor forse non si è reso conto di averlo detto con un tono un po' arrabbiato, così cerchiamo di addolcire la pillola.
Perciò ci accoglie in casa, ma quando le proponiamo di divertirci un po' insieme non è molto invogliata, finché James, da esperto, non usa le giuste parole per convincerla, forse perché sa quanto in situazioni come queste sia importante il sostegno da parte di chi ti vuole bene, e noi a Kelly gliene vogliamo.
Certo, non la conosciamo bene come Connor, soprattutto la sottoscritta, ma ormai è da parecchio tempo che bazzica a casa nostra e la conosciamo come se fosse, non so, una sorta di cugina acquisita.
I genitori di Kelly ci lasciano soli in casa, solo dopo aver affettuosamente salutato la figlia. Così chiediamo a Kelly cosa voglia fare, ma non sembra abbia così voglia di fare qualcosa. Mi sembra forse che la stiamo pressando, ma ormai so che in questi casi essere pressati serve più che ad abbandonarsi a sé stessi. Certo, concedersi del tempo soli è importante per mille ragioni, soprattutto per riflettere e meditare, ma altre volte si rischia sola di chiudersi in sé stessi, cosa in cui Kelly rischia di cadere.
-Che ne dici di un bel cambio look? - chiede Ale mostrando le innumerevoli buste che le abbiamo portato.
Sì okay, forse oggi abbiamo esagerato con lo shopping dopo il rientro dal viaggio, magari avremmo dovuto riposarci, ma l'idea di Léa di fare due acquisti ci è piaciuta molto. Peccato che da due siano diventati quattromila, perciò abbiamo parecchi capi tra cui lei può scegliere e che saremmo felici di regalarle. Okay, non vorrei sembrasse un atto di carità, ma solo un regalo.
Kelly sembra un po' titubante ma si lascia sprofondare nella poltrona della postazione trucco improvvisata da Ale, mentre i ragazzi non sanno cosa fare.
-Direi che potete mostrarle i vestiti tra cui può scegliere, no? - propone Léa.
-Beh, io l'avevo già pensato.
Non ci eravamo accorti che Tris fosse andato al bagno e si fosse messo il vestito di Ale addosso per fare una sfilata fuori dagli schemi.
Scoppiamo a ridere vedendo la sua entrata appariscente con una camminata imitando le modelle, Kelly compresa ride, mentre Ale sbotta perché così gli rovina il vestito.
-Quel vestito costa più di te!
-Dai, Ale, piantala, ché era l'unico che mi entrava visto che con le tue tette enormi ho recuperato centimetri.
Dietro infatti ha il vestito tutto aperto perché non si chiude e vi giuro che più lo vedo più mi viene da ridere, e poi non sta per niente male vestito così!
Non parliamo dei fischi di apprezzamento dei ragazzi, che subito si gasano all'idea di vestirsi da ragazze.
-Hanno dei problemi mentali, ne siamo coscienti?
-Mary, pensa che tu uno te lo porti pure a letto e l'altro è tuo fratello.
-Ma taci, Ale!
Ci prendiamo in giro sotto le risa di Kelly, che non riesce a stare ferma mentre Ale la trucca, così ci rinuncia, decidendo di riprendere al termine della magica passerella.
Nella sfilata ovviamente il mio ragazzo è il migliore, tanto che per la serata viene chiamato Naomi, come la Campbell, perché ovviamente se no si perculano i ragazzi non sono contenti.
Tutte queste idiozie sparate a rallegrare la serata hanno come sottofondo una playlist fatta ad hoc da Connor per la serata con le canzoni preferite, e quando parte Stay di Kid Laroi e Justin Bieber, Léa e Ale mi guardano complice, perché è stata la canzone che abbiamo sentito ossessivamente durante le vacanze. Insomma, la passavano ovunque e memorizzarla non è stato difficile, più che altro, ce l'avevamo sempre in testa.
Così il pennello di Ale diventa un microfono, come il fissante del trucco per Léa, mentre io mi cimento nei loro balli saltando sul divano. Così cantiamo tutti a squarciagola, con tanto di ballo di Con e Kelly, che sulla pista, cioè lo spazio tra il divano e la poltrona, fanno scintille.
Quando ormai la canzone è finita, Brad mi chiede un attimo per noi, anche se non capisco perché.
Non so per quale strana ragione la maggior parte delle nostre conversazioni avviene in cucina, fatto sta che ci ritroviamo proprio in quella di casa di Kelly.
-Quando ci siamo guardati prima... Anche tu hai ricordato di quella volta in cui la stavo componendo e te l'ho cantata all'orecchio, vero?
-Sì, ed è stato bello ricordare.
-Ti sei ricordata... amore mio, non è così scontato, lo sai? Stai recuperando pezzi della nostra storia.
Mi abbraccia incredulo, felice, anch'io lo sono, però non come lui.
Certo, è bello ricordare parti del passato però perché ci si attacca tanto, quasi morbosamente?
Insomma, abbiamo costruito tanti bei ricordi e pensavamo avessimo superato questo punto, però il modo in cui continua a ripetermelo... non so, mi rattrista un po', come se fosse legato più alla me del passato che quella del presente, come se quella del passato fosse migliore di me.
Insomma, sono qui, in carne ed ossa: perché fossilizzarti su ciò che abbiamo avuto e non su ciò che abbiamo?
Anche perché il passato è stato turbolento, quindi non ha nemmeno così tanto senso crogiolarcisi dentro, in un periodo in cui forse abbiamo avuto più male che bene. Adesso che invece siamo fidanzati, io sto bene, lui non sta bene, Tris non si scassa le scatole, non nascondiamo più nulla ai ragazzi né al mondo, non ti piace?
-Mary, tutto okay?
No, Brad, non lo è, perché tu guardi indietro e io avanti.
Non va, perché ti ostini a legarti a un periodo difficile per noi, quando ora abbiamo stabilità.
Non è okay, perché per tre anni non ho vissuto e ora voglio solo vivere, nel presente, con te.
-E' per i ricordi, vero?
Nonostante questa divergenza tra di noi, è sempre capace di intendere se con me ha sbagliato qualcosa. Devo dire infatti che la sua premura non ha eguali.
-Mary, ti chiedo scusa se ne sono felice, ma è dura per me non parlare di noi perché tu potresti stare male per il fatto di non ricordartelo. Per questo quando i tuoi ricordi riaffiorano spontaneamente sono contento, perché non voglio essere l'unico a ricordare la nostra storia.
-Ma, Brad, perché pensi così tanto a quello che c'è stato e non a quel che c'è?
-Io penso molto ad entrambi, Mary: voglio che noi siamo nel nostro passato, nel nostro presente e nel nostro futuro.
E' inevitabile che io l'abbracci di slancio, visto che questa è una delle frasi più carine che mi sia mai stata detta. Quel che infatti adoro di Brad è che lui dica queste frasi così dolci ma mai artificiose, come se gli venissero direttamente dal cuore.
Anch'io sono molto dolce e insieme forse facciamo cariare i denti, ma di questa dolcezza ho bisogno, magari perché mi serve ricordare di essere amata, visto che fatico a dare amore a me stessa, un tratto su cui devo ancora molto lavorare.
Persa nei suoi occhi, gli dico più di quel che ho detto a parole e mi lascio baciare dalle sue labbra gentili.
L'attimo di romanticismo viene però interrotto da urla di stupore provenienti dall'altra stanza, perciò torniamo dagli altri per scoprire che sta nevicando abbondantemente.
Così ci ritroviamo davanti a dei bambini che giocano con la neve, ma tutti siamo bambini quando si tratta di neve. Anche io e Brad ci buttiamo nella mischia, con la neve che già sta formando strati per terra su cui buttarci e fare gli angeli. Ovviamente battute squallide sul fatto che noi ragazze, le Pretty Angels, stiamo facendo gli angeli sulla neve, ma noi non ce ne freghiamo più di tanto.
Brad poi mi prende per un braccio per rialzarmi da terra e baciarmi con passione, beccandoci i commenti di tutti sul fatto che siamo dannatamente smielati. Sì, smielati ma dannatamente innamorati, vorrei aggiungere io, ma non m'importa.
-Ti amo.
-Anch'io, mia piccola principessa.

James

Kelly sembra più tranquilla adesso ed era proprio il nostro obiettivo, perché ha bisogno di non pensare adesso.
Non deve tornare per forza domani, perché deve prendersi prima tutto il tempo necessario per rimettersi.
Quello che più mi fa rabbia è che si preoccupa per questi stronzi quando ha ben altri problemi da affrontare, e che ha sempre superato a testa alta. Invece c'è qualcuno che ha deciso di peggiorare la situazione.
La sua storia mi ha fatto capire quanto sia importante iniziare il mio progetto sperando nel mio piccolo di poter fare la differenza, visto che c'è molta disinformazione ed educare è sempre una strada giusta per far capire agli altri.
E poi mi ha ricordato brutti episodi che ho vissuto.
Mi sembra però di non essere l'unico nella stanza a preoccuparsi tanto per lei., Connor sicuramente più di tutti, ma ognuno di noi si sta dedicando alla causa. Nonostante sia stata di Mary l'idea di venire, è Léa l'anima della festa, cercando il più possibile di coinvolgere Kelly.
Così mentre ci ritroviamo attorno al divano si gioca ad obbligo e verità, in cui escono fuori cose che fanno ridere ed altre che creano un po' polemica, soprattutto tra Ale e Tris.
Quando però tocca a Kelly fare una domanda a Léa, il clima diventa molto più serio.
-Perché sei così carina con me? Lo sei stata già quella sera al locale, ma anche oggi sembri essermi molto vicina.
La serata in cui poi Léa e Connor sono finiti a letto insieme, ricordo.
Si avverte un po' di tensione che si attenua non appena Léa le sorride tranquillamente.
-Beh, la tua storia è in un certo senso simile alla mia. Certo, a me non hanno fatto nulla di fisico, ma sono stata pesantemente insultata quando ho scoperto di essere lesbica, e poi ho capito di essere bisessuale. Mi hanno letteralmente vomitato parole addosso, senza conoscermi, senza sapere chi fossi... insomma, come si permettono, giusto? Perché devono dire certe cose? Ci trovano gusto? È insensato. Poi anche i miei ci si sono messi, cacciandomi di casa. Certo, li ho perdonati, ma è stato un periodo così difficile. Fortunatamente ho avuto loro - e si riferisce a noi - che mi hanno aiutata, altrimenti non so come avrei fatto. So in parte quel che stai passando perciò... voglio aiutarti nel mio piccolo.
E dai suoi occhi lucidi, dall'abbraccio tra lei e Kelly, capisco che Léa ha sofferto molto di più di quanto abbia dato a vedere.
Non c'è una storia più triste dell'altra perché tutte le storie di bullismo sono orribili.
L'ho imparato troppo tardi purtroppo perché all'inizio minimizzavo il problema, probabilmente perché avevo troppa paura a parlarne. Mi ero chiuso in me stesso, non volevo parlarne con nessuno, ma quando ne ebbi coraggio la situazione è migliorata, visto che a combattere non ero più solo.
Dopo questo momento triste, Ale cerca di ravvivare gli animi proponendo prima un gioco alcolico, a cui però Kelly non può partecipare, così si inventa qualcos'altro.
Nel frattempo Léa mi chiede se possiamo parlare in privato, così ce ne andiamo un attimo di sopra tra i commenti idioti degli altri che ci raccomandano di usare il preservativo.
Non appena siamo soli, Léa giocherella con le mani e più volte tenta di iniziare il discorso, continuando a martoriare gli anelli che ha alle mani.
-Scusami, è che... sono nervosa.
-Sai che con me puoi stare tranquilla: ci conosciamo da anni ormai.
-Lo so, è che per me è una cosa importante e...
Quando mi siedo sul letto di Kelly sembra essere più calma, respira profondamente e a quel punto mi fa quella domanda che aveva paura di chiedere.
-Posso aggiungermi al tuo progetto contro il bullismo?
-Ma certo, Léa! Sarebbe fantastico!
-È che... ho vissuto in maniera diversa l'esperienza e so quanto fa male... non voglio che altri la provino, capito? Magari potrei dedicarmi al cyber bullismo e tu a quello "tradizionale", sempre se così si può chiamare.
-Sarei onorato di avere al mio fianco un'amica come te.
Mi abbraccia in segno di gratitudine, ma mi allarmo quando sento delle lacrime bagnarmi la spalla.
-Scusami, è che... - e subito si distacca, come se avesse paura ad aprirsi con me. Le do la mia mano e solo così continua - È un'esperienza che mi ha segnato più di quanto pensassi, capisci? Cazzo, ho perso già un fratello, mi sono inserita in una città che non è la mia, ho cambiato completamente lingua e pensavo il peggio fosse passato e invece anche questo ho dovuto subirmi le, come si dice, le angherie di gente che nemmeno mi conosce!
-Léa, hai tutto il diritto di sfogarti.
Gli occhi gonfi mi fanno capire che forse all'epoca non l'ha fatto abbastanza, che ha cercato di assorbire presto il tutto per dimenticare e andare avanti. Queste cose però non si superano facilmente, soprattutto se devi combattere un esercito con un solo soldato disarmato.
Così mi ritrovo a tenerla tra le mie braccia fino a quando non esaurisce tutte le lacrime che ha bisogno di versare, com'è giusto che faccia.
Quando si ricompone, mi chiede di ritornare giù dagli altri, o potremmo dare un'idea sbagliata.
Prima però di tornare, devo dirle una cosa: - Ti voglio bene, Léa. Quando vuoi sfogarti, sono qua.
-Te ne voglio anch'io, James.

Don't Care (Make Me Crazy: Volume II)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora