Capitolo 3

178 8 0
                                        

Se non avesse avuto il suo corpo sotto controllo, in quel momento sarebbe andato in giro per casa per trovare lavandini e saponi, così da lavarsi le mani. Dopo aver toccato la pelle di Hermione, aveva trovato la forza di volontà per staccarsi ed andare nella camera dopo che sarebbe stata la sua, stavolta per davvero.
Era passato un giorno da quando aveva fatto irruzione nella camera della Granger senza volerlo, e ancora sentiva il soffice e liscio stampato sui polpastrelli delle sue dita e sulle nocche della mano: odiava ammetterlo, ma, anche se gli faceva abbastanza repulsione averla toccata, se ne avesse avuto la possibilità lo avrebbe rifatto.
Era una cosa che non riusciva a capire: già gli era capitato, dover servire il signore Oscuro senza volerlo, ma ogni volta lo rifaceva; la stessa cosa gli era successa con lei toccandola schifato, ma volendo rifarlo ancora e ancora.
Non aveva mai capito quella parte di se stesso un po' ancora incompresa, e avrebbe dovuto imparare a tenerla sotto controllo: già aveva sbagliato una volta, non voleva fare un secondo sbaglio nella quale sarebbe c'entrata anche Hermione.
Se non avesse indossato i suoi vestiti, si sarebbe pulito tutto il tempo addosso come se avesse messo la mano sulla muffa. Si sentiva anche un idiota, perché il suo corpo aveva bisogno di lasciare quella sensazione che era rimasta tutto il tempo, ma la sua mente desiderava non averne più le tracce.
Si chiese solo per un momento come sarebbe stato se le avesse toccato l'arco di Cupido sopra alle labbra: era sicuro che gli sarebbe rimasta l'impronta per tutta la vita è non l'avrebbe potuto sopportare.
Nella sua nuova stanza non c'era niente con cui pulirsi: le lenzuola del letto non voleva 'sporcarle' e altri tessuti non c'è n'erano. Pensò di andare in bagno a lavarsi per la diciannovesima volta le mani con il sapone alla lavanda, ma avrebbe svegliato tutti poiché erano le 2:24 di notte.
Riuscì ad addormentarsi molto lentamente, grazie a un pensiero che aveva formulato nella sua mente: non si sarebbe più avvicinato a lei - anche perché non ne avrebbe avuto il motivo - così almeno non avrebbe riavuto quell'impulso di toccarla un'altra volta, e non avrebbe dovuto vivere per notti intere d'insonnia con il pensiero di avere ancora il suo odore tra le dita.

La mattina dopo, quando si svegliò, sentì dei rumori che non aveva mai sentito prima di quel momento. Sembrava qualcosa sbattere, e non aveva la più pallida idea di cosa fosse, perciò si alzò sbadigliando dal letto e apri le finestre per far cambiare aria alla stanza; quel giorno faceva molto caldo, il sole scottava e non c'era nemmeno un filo di vento, così si tolse la maglia rimanendo a petto nudo.
Uscì fuori la sua stanza, andando a vedere cosa era a creare tutto quel frastuono che lo aveva svegliato: era sua zia Andromeda con delle padelle in mano, che stava mettendo leggermente apposto la cucina.
"Buongiorno Draco" lanciò un saluto veloce, vedendo solo la punta dei suoi capelli biondi. Andò verso un mobiletto e ci mise tre padelle, poi tirò fuori da dietro di esse dei piatti in ceramica e dei bicchieri luccicanti.
Draco si avvicinò al tavolo e si sedette su una sedia, "buongiorno Andromeda" mugugnò con ancora il palato addormentato, mentre il suo naso si arricciava dal mal d'orecchie che gli cresceva con quel casino. Chiuse gli occhi sospirando quando cadde un piatto sul pavimento rompendosi in mille pezzi, "ma proprio a quest'ora dovevi sistemare qui?" chiese.
La zia si voltò sorridendo, tenendo in una mano la bacchetta per poter pulire e dall'altra una tazzina con del tè caldo e fumante. Vide il suo petto nudo, "sei ben allenato" si complimentò passandogli la bevanda che aveva preparato per tutti nella casa come colazione, mentre per aria sopra le loro teste volava un piccolo barattolo con dei biscotti da inzuppare.
Quando questo atterrò sul tavolo, Draco ne prese alcuni e cominciò a mangiare, non importandosi di aspettare gli altri; era sicuro che loro avrebbero fatto la stessa identica cosa, anzi, nemmeno avrebbero avuto il pensiero non ricordandosi della sua presenza in casa.
"Oggi ho da fare, per questo ho tempo di mettere un po' apposto solo adesso" gli spiegò voltandosi ancora sulla cucina e sistemando gli ultimi piatti in un altro mobile. Si sedette davanti a lui prendendo del tè insieme, "come mai me lo chiedi?"
"No niente, era per sapere" Draco non le avrebbe voluto dire che con il casino che aveva fatto avrebbe svegliato tutto il villaggio se solo ce ne fosse stato uno, non voleva farla sentire in colpa, quasi gli dispiaceva.
Narcissa gli aveva accennato quando era piccolo che non era molto delicata, in tutto quello che faceva: gli diceva sempre "non si vede ma si sente, come lo era da piccola lo sarà sempre, in qualsiasi cosa fa" e in quel momento capì cosa voleva dire, ma era anche buffa nei suoi movimenti impacciati.
Andromeda lo vide pensieroso, allora allungò una mano senza però toccare quelle del biondo, "tutto ok?" si preoccupò. I suoi occhi lo guardavano attentamente, mentre le sue sopracciglia si stringevano. "So che tutto questo non è facile, soprattutto per te: dovrà essere abbastanza difficile abbandonare la propria casa.. Io ti capisco perfettamente"
Draco alzò il viso. "Ci sono passata anche io, alla tua stessa età" sorrise con gli occhi lucidi, guardando altrove, "solo che una delle mie ragioni era l'amore" alzò le spalle.
Vide il nipote fare un'espressione di disappunto, non appena aveva detto la parola 'amore'. "Prima o poi capirai anche tu perché ho lasciato le mie sorelle per amore, Draco. Lo capirai, vedrai.."
"Non succederà" disse con un tono fermo, "non mi innamorerò mai come hai fatto tu"
Andromeda scosse la testa contraria. "Come mai dici così?"
"Non lo permetterò io. So che si soffre per quello, e io ho già.." si fermò pensando di star rivelando cose molto profonde ad una persona che era estremamente vicina a lui come era lontana e sconosciuta. Vide i suoi occhi chiedergli di continuare, e allora decise di aprirsi, "ho già sofferto troppo, non voglio rifarlo ancora"
"Draco, l'amore è sofferenza, ma è anche gioia. Ora che il mio povero Ted sta al Ministero-
"-Come mai?" chiese Draco interrompendola: sapeva che al Ministero ci portassero solo coloro che poi sarebbero stati uccisi.
Andromeda si rattristì. "È un mago di origini babbane, Draco. Lo hanno catturato" rispose stringendo le labbra, ma scacciò subito via quei pensieri, "comunque, ora che sta lì, non sono poi così tanto triste perché provo a ricordare solo le cose belle di lui che mi fanno sorridere, come il suo pancione" ridacchiò.
"Si, ma non voglio comunque amare nessuno. Sono uno abbastanza riservato e per niente romantico, e credo che l'amore sia tutto il contrario di quello che sono io" ingoiò la saliva, "e poi.. non credo che qualcuno si innamori di me per quello che sono-
"-Non devi dire questo, tutti hanno una persona che si innamorerà di loro, solo basta aspettare-
"-E per quello che ho fatto? Nessuno mai perdonerà quello che ho fatto al mondo magico, a Silente, a Hogwarts..." rimase pensieroso con il fiato sospeso da una cordicella pronta a spezzarsi, solo che non trovava la forza di farlo, facendolo rimanere senza respiro.
Andromeda allungò la sua mano toccando quella del ragazzo, che sorprendentemente non la spostò lontano. "Esiste il perdono, caro"
Draco alzò gli occhi sui suoi, guardandola stupito, riuscendo di nuovo a respirare normalmente. "Cosa c'è?" gli chiese la zia confusa, guardandosi dietro le spalle per vedere se ci fosse qualcosa di strano.
"Niente.. mi chiamava così sempre mia madre"
Andromeda si mordicchiò la guancia, cercando di deviare il discorso di sua sorella per continuare quello che stava facendo a lui: avendo come figlia Tonks, che era una ragazza abbastanza romantica e sveglia, non ce n'era stato mai il bisogno di dirle quelle parole che si era preparata da quando aveva partorito, aspettando impazientemente che crescesse per potergliele dire. E invece si ritrovò a doverle dire a suo nipote.
"E poi la persona che ti amerà lo farà per quello che sei, non per quello che hai fatto; non guarderà il passato, ma quello che stai diventando adesso avendo scelto di stare con noi" gli sussurrò, "vedrai che anche tu avrai quel qualcuno"
Draco sospirò: anche se non credeva molto alle parole di sua zia, pensando fossero solo degne di una favola per bambini, provò a credere che veramente sarebbe successo tutto quello. Anche se non lo dimostrava, e aveva detto di non voler amare qualcuno, nel profondo del suo cuore aveva bisogno di qualcuno che lo amasse davvero come aveva fatto Narcissa fino all'anno prima, e che gli offrisse tutto l'affetto.
Non era tipo da offrire tutto se stesso a una persona, ma avrebbe voluto provare a sentire come fosse la sensazione, e viceversa: guardava sempre a Hogwarts le coppie felici, che ridevano e si baciavano, e ogni volta ricordava tutte le relazioni che aveva avuto facendogli notare che lui non aveva mai amato veramente qualcuno.
Era come una seconda guerra che stava vivendo dentro di se, oltre a quella che stava affrontando tutto il mondo magico: voleva amare e sentirsi amato, ma allo stesso tempo non voleva perdere tempo in queste sciocchezze non voleva nemmeno condividere la vita con qualcuno: ormai aveva imparato a non fidarsi mai di nessuno, e se l'amore avrebbe incluso anche la fiducia, avrebbe fatto prima a lasciar perdere.
Voleva solo trovare qualcuno per sentire quelle sensazioni, ma allo stesso tempo non dovendo metterci tutto se stesso, solo per provare come ci si sentiva.
Scosse la testa, talmente tanto i pensieri si stavano facendo profondi, che un conato di vomito gli salì in gola dalla sdolcinatezza. "Basta parlarne, potrei vomitare"
Andromeda si alzò ridendo, per dirigersi sui pensili per prendere un cucchiaino. "Sei sempre così, eh?"
"Cosa dovrai fare oggi?" Draco deviò completamente il discorso, sperando che quando sarebbe ritornato in camera avrebbe dimenticato tutto quello che si erano detti. Aveva scelto di andare dalla parte buona, ma non aveva affatto deciso di cambiare anche se stesso.
Sentirono dei passi al piano di sopra, molto probabilmente qualcun altro si era svegliato e stava per scendere.
"Dovrò andare da una parte.. Tu non preoccuparti-
"-Andromeda" la interruppe, sbuffando, "non ho alcun contatto con loro, anche se mi dicessi dove andresti, non lo direi a nessuno" insistette, ma vide dal suo viso che non cambiò nulla quello che aveva detto.
Si sentiva leggermente preso in giro: se tutte le persone che da quel momento lo avrebbero circondato, lo avrebbero fatto aprire con loro in discorsi profondi per poi non raccontare nulla per paura che fosse ancora un Mangiamorte, non sapeva più cosa fare e su chi contare.
"Te l'ho detto, Draco. Non ti devi preoccupare, niente di importante"
Draco si alzò lasciando ancora un po' di tè, tutte quelle parole che si stavano scambiando gli avevano fatto togliere la fame improvvisamente. "Si e io sono Grifondoro" la zia stava per dire qualcosa, ma a fermarla furono Harry e Ronald che scesero dalle scale per venire a fare colazione.

Veleno; DramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora