Azzurro di mezzo

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«Destra, destra, in alto, di nuovo destra» sbuffai mentre l'oculista cambiò, ancora una volta, foglio per la visita.

Che idiozia... se avesse voluto contassi il numero dei granelli di polvere presenti sul pavimento, l'avrei potuto fare tranquillamente.

«Taehyung non fare così» mi rimproverò mia madre con sguardo severo e freddo.

«Non capisco a cosa serve tutto questo, non sto diventando cieco» le risposi io, alzando gli occhi al cielo, esasperato.

Certo capivo perfettamente la loro preoccupazione.

O meglio, la preoccupazione per la perdita della loro società.

«Ora, prova ad illuminarli» continuò il dottore osservandomi con fare deciso, puntandomi una luce verso le iridi. 

Come se potessi farlo a comando, pensai divertito.

Cercai di rievocare prepotentemente qualsiasi ricordo mi capitasse per la testa, ma nulla. Scoraggiato ma non sconfitto, feci mente locale sul dove e con chi fosse successo la prima volta.

E dopo l'immagine di me e Jung-Kook seduti sulla panchina, sentii di nuovo il forte bruciore agli occhi.

Li chiusi istintivamente, portandomi a coppa i palmi sopra, come se stessi cercando di spegnere un incendio.

Al diavolo il mio "non succederà niente, stai tranquillo", rimangio tutto.
Dannato Jung-Kook .

«La cosa preoccupante sono quelle strisce blu» disse il dottore, rivolgendosi ai miei genitori.

«Ad un Alfa, in genere, gli occhi brillano di un rosso intenso. Certo, il colore del rosso può variare ma...» proseguì girandosi nella mia direzione «tu... hai qualche striscia azzurra, tipica degli Omega. Questa è assolutamente una novità. Ricordi se è sempre stato così? » continuò lui interrogativo ma sinceramente curioso.

Scossi la testa, deciso.

Ovviamente no, come avrei potuto saperlo. Prima di allora i miei occhi non si erano illuminati mai per nessuno. Non che per Jung-Kook l'avessero fatto, s'intende.

Difatti non riuscii ad osservare bene le sue iridi cremisi, poiché qualche frazione di secondo dopo i miei occhi bruciarono talmente tanto, da costringermi ad evitare il contatto visivo prolungato. Tuttavia, non sentii nessun cambiamento emotivo, segno di non aver stabilito nessun "legame", nonostante i suoi occhi chiaramente brillassero per me.

Altro che legame, vuole rendermi cieco.

Sbuffai. Non ci voleva proprio.

I miei genitori pagarono e ringraziarono l'oculista che, prima di farmi andare via, fece qualche foto alle mie iridi nocciola e... azzurre. "Nel caso dovessero cambiare ancora" disse lui salutandomi con una mano e rassicurandomi con un gentile sorriso.

L'atmosfera nell'auto dei miei genitori sembrava calma nel tragitto di ritorno, ma sapevo si trattasse della quiete prima della tempesta. Ed infatti, appena messo piede oltre l'uscio, la donna iniziò ad urlare.

«Quando avevi intenzione di dirci che c'è un Jeon in città?!» sbraitò mia madre, veramente contrariata.
«E che per di più lo stai frequentando!» continuò alzando sempre maggiormente i decibel della conversazione.

Sinceramente non seppi subito cosa dire, ed aspettai mentre lei mi fissava furibonda.

«Non l'ho tenuto intenzionalmente nascosto» cercai di giustificarmi chinando il capo come fosse colpa mia, mentre abbassai la testa falsamente dispiaciuto.

L'alfa e l'omega - TriskellDove le storie prendono vita. Scoprilo ora