2 - Etimologie

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Lucifero significa letteralmente "portatore di luce", la cosa è molto divertente se si pensa al fatto che, ovunque il nostro Valerico passasse, lasciava una scia di catastrofi.

Da quando si era trasferito a Roma, il suo vicino di casa aveva avuto un infarto; la cassiera del supermercato più vicino a casa sua aveva perso il gatto, nero tra l'altro, che era poi finito per attraversare la strada davanti ad una vecchietta scaramantica che, terrorizzata dalla superstizione, si era chiusa in casa per due settimane.

Ma la cosa non era di natura recente. L'ultima volta che aveva visto la civiltà Minoica, aveva appena fatto in tempo ad andarsene che questa era già distrutta dall'esplosione del vulcano di Thera. Una cosa molto simile, era successa a Pompei. In età imperiale, la prima volta che era finito a Roma, ne aveva causato l'incendio. Per non parlare di quando era stato in Egitto: si era ritrovato le brache piene di cavallette e la veste zuppa del sangue che aveva sostituito le acque del Nilo.

Quindi, dopotutto, il cuore del signor Manaldi e il gatto della cassiera, non lo avevano scandalizzato più di tanto: erano entrambi ancora vivi. Non che gli importasse più di tanto, ma quando le tragedie al suo seguito si accumulavano, la gente iniziava a parlare.

Si stupì del fatto che al teatro ancora non era morto nessuno.

Ancora più strano era il fatto che, ogni qual volta a Valerico capitasse di fare qualcosa che avrebbe involontariamente causato un po' di disagio, in qualche modo la ragazza dello scatolone traballante ci andava di mezzo e casualmente evitava la tragedia.

La prima occasione di causare un po' di panico, era capitata quando gli avevano chiesto di fissare le luci sopra al palco. Grazie alla cura con cui l'aveva fatto, ossia in modo annoiato e sbrigativo, le luci erano cadute sulla scena esattamente il secondo dopo che Beatrice aveva chiamato il giovane Amleto -facendolo così scendere dal palco- per discutere della parte che avevano in comune, prendendosi inoltre una sfuriata dall'attore, che voleva finire il suo monologo.

La seconda volta, gli avevano proposto di controllare l'apertura della botola sotto al palco, naturalmente finché l'aveva usata lui, aveva funzionato perfettamente, appena si era avvicinata Beatrice e vi aveva poggiato sopra lo sgabello, questa aveva ceduto. Anche quella volta però nessun morto, nemmeno un ferito.

Poi ci furono cose di carattere minore: aveva quasi sbattuto la porta in faccia alla signora Maria Teresa, ma proprio in quel momento Beatrice l'aveva chiamata e quella aveva fatto un passo indietro.

Aveva buttato per sbaglio le copie del copione riadattato in chiave moderna dell'Antigone, ma come al solito Beatrice aveva evitato il disastro poiché, nessuno sa perché, si era portata a casa una copia, che si era quindi salvata dalla distruzione.

Se nel caso di Valerico, il suo nome originario non aveva niente a che fare con la sua persona, nel caso di Beatrice invece, quella ragazza sembrava "dare beatitudine" come il suo nome lasciava intendere. Non che fosse particolarmente risoluta o decisa a portare il Bene, piuttosto sembrava che inevitabilmente la fortuna le sorridesse sempre.

Valerico era quasi sicuro che il tutto fosse frutto dell'opera di suo padre, probabilmente Beatrice non era nient'altro che l'arcangelo Gabriele sotto copertura. O peggio, poteva essere Michele, "l'emissario contro Satana", ossia una sottospecie di amministratore delle milizie che, come se a Lucifero non bastasse come punizione l'esilio sulla Terra, aveva il compito di stanarlo per mandare all'aria ogni sua temporanea sistemazione.

Chiunque si celasse sotto alla figura minuta di Beatrice, era qualcuno di cui diffidare. All'ex-figlio di Dio sembrava troppo familiare quell'ostentazione di buone azioni, sotto doveva esserci per forza la mano del Padre.

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