15 - Salendo la montagna

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Nel tornare a casa, Beatrice si sforzò dì pensare a Stefano. Era sempre stata caratterizzata da un'estrema forza di volontà, quindi convincersi che non fosse giusto baciare ragazzi alle spalle del suo fidanzato sarebbe dovuto essere facile, anche perché obiettivamente non aveva agito nel bene. Eppure, doveva ammettere dì essere riuscita a pensare a Stefano solo più tardi dì quanto avrebbe voluto ammettere.

Stefano era un ragazzo semplice, leggermente pessimista, totalmente diverso da Beatrice, ma tra i suoi amici sembrava un ragazzo divertente, normale... o noioso... ecco sì, era noioso.

Valerico d'altra parte era un mistero, uno sconosciuto. Né lei né Matteo sapevano nulla di lui, di ciò che aveva fatto prima di lavorare al teatro. La cartella di informazioni che avevano sul ragazzo era spoglia tanto quanto la sua casa. Nonostante ciò le sembrava una persona buona -Matteo avrebbe ribattuto che a lei chiunque sembrava una persona buona-, ma aveva dei buoni motivi per pensarlo: aveva accompagnato il suo amico a chiederle scusa -e forse l'aveva addirittura convinto a farlo-; li aveva aiutati con la preparazione dello spettacolo che avrebbe potuto salvare il teatro; si era preoccupato tanto per la perdita di quel diario, mostrandole un lato sensibile che aveva sempre cercato di nascondere.

Rimaneva tuttavia uno sconosciuto e, sebbene i pochi dati che avevano su di lui non facessero che aumentare l'interesse da parte di Beatrice, allo stesso tempo davano alla ragazza un impressione di precarietà. Beatrice sarebbe stata in grado di reagire ad ogni situazione, eccetto l'incertezza continua.

Valerico era incertezza, era dubbio, era un "forse" e, tra un fiabesco intrigo ed una blanda normalità, Beatrice avrebbe scelto sempre la normalità, poiché era ciò di cui aveva bisogno.

***

Valerico dal suo canto stava iniziando a pensare di aver sbagliato qualcosa, ma non capiva cosa. Di certo non era "in pista" da molto tempo, ma non credeva di aver fatto nulla di così terribile... O forse a lei era sembrato che lui l'avesse forzata? Non osava pensarci, non avrebbe mai voluto infastidirla; non trovava una persona sopportabile da un secolo -e no, non si trattava di un'iperbole- quindi non voleva in alcun modo che lo detestasse.

Così senza saperlo, Valerico fece quello che tutti i ragazzi fanno quando hanno problemi di cuore: chiamare l'amico fidato.

Matteo rispose dopo poco, preoccupato all'idea di una chiamata da parte dell'austero ragazzo.

"Vale'? Che succede?" Lo stato confuso di Matteo era palpabile dal fatto che avesse sostituito con una domanda la sua solita risposta pronta da telefono: "Sono tutto tuo!". Dall'altra parte, la serietà di Valerico si poteva percepire dal fatto che non avesse rimproverato l'amico per l'esecrato soprannome.

"Ho un problema." Esordì, lasciando qualche secondo di silenzio a seguire.

"Spara, ché mi agito."

"Riguarda Beatrice." Rispose lapidario, come se non volesse rivelare dettagli; in realtà si sentiva in imbarazzo a chiedere aiuto ad un ragazzino di vent'anni, tutt'al più per un motivo che oggettivamente sarebbe sembrato futile. Valerico però aveva bisogno di una valvola di sfogo e di orientarsi in questo nuovo mondo.

Matteo trattenne una risata che sarebbe risultata scortese, ma Valerico che s'incupiva tanto per una ragazza era un'evento troppo imprevedibile. "Arrivo. Dove sei?" Disse infine.

"Casa mia, ma ci vediamo davanti al teatro. Sarò lì tra cinque minuti."

"Oddio, Vale' dammi almeno mezz'ora." Chiese Matteo sperando che il ragazzo non si arrabbiasse.

"Va bene, ma sbrigati per favore." Supplicò l'altro.

Matteo non fece in tempo a stupirsi per quella cortesia improvvisa, che Valerico riattaccò.

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