7 - Fino all'irraggiungibile

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Valerico provò a campare in aria scuse per non venire. Prima aveva da fare; poi era stanco; l'ultima fu che sarebbe dovuto passare da sua nonna, ma Matteo non volle sentire scuse. Avrebbe potuto fargli passare l'idea solo volendolo, ma quel mondano aperitivo un po' lo incuriosiva, allo stesso modo della cena passata.

Flavio tornò a casa, il giorno dopo avrebbe avuto le lezioni e doveva finire ancora qualche compito. Matteo ebbe pietà di lui.

Beatrice invece sarebbe venuta e, anche se non lo avrebbe mai ammesso né all'amico né a Valerico, era contenta di non dover andare ad un triste aperitivo in due.

Il bar scelto da Matteo non era a San Saba, ma nemmeno lontanissimo. Era un localino "in" di Testaccio, tra Luongotevere e Piramide.

Ci andarono tutti e tre chiedendo un passaggio a Beatrice. "Sono venticinque euro a testa." Scherzò lei appena furono arrivati.

"Posso pagarti giusto in natura in questo momento." Le fece malizioso l'amico.

La ragazza alzò gli occhi al cielo, mentre Valerico osservava tutta quella confidenza tra i due, che lui non aveva mai avuto con nessuno... o quasi.

Si avvicinarono al locale, un piccolo baretto déco con grandi lampadari floreali. 

"Dopo di voi." Fece Valerico aprendo la porta ai due ragazzi.

Matteo e Beatrice si scambiarono uno sguardo sorpreso dall'educazione che aveva mostrato il nuovo arrivato. Non sembrava quasi il ragazzo dalle rispose secche di sempre.

"Secondo me ci sta provando." Bisbigliò Matteo all'amica dopo essersi avvicinato quanto bastava per farsi sentire da lei, e non dal diretto interessato.

"Con te o con me?" Gli chiese lei.

"Ah, questo devo ancora capirlo."

L'udito di Lucifero era troppo fino per lasciarsi sfuggire quelle battute. Sorrise impercettibilmente alle ipotesi dei ragazzi, ma dopotutto, erano in un'epoca in cui l'educazione scarseggiava, non c'era da stupirsi se ogni forma di cortesia venisse mal interpretata. Ripensò a quando Matteo gli aveva dato del "cafone" e si imbarazzò un poco per la propria reazione, sebbene involontaria. Alla fine, i due colleghi erano piccoli.

Matteo chiese un tavolo per tre -rigorosamente fuori, dove i due amici potevano fumare- e, una volta seduti, ordinarono.

"Allora, uno spritz," fece Matteo indicando l'amica, "una birra chiara e..." e si rivolse a Valerico.

Il ragazzo non aveva idea di cosa chiedere, non andava in un bar da secoli. "Lo stesso anche per me."

"Lo spritz o la birra?" Chiese il cameriere annoiato.

Matteo captò l'imbarazzo dell'altro. "Birra." E poi aggiunse rivolto solo al ragazzo, "questa è da veri uomini."

"Costa solo meno, Matteo, non vendere la tua avarizia per gusto." Gli fece notare Beatrice.

"E come al solito," ribatté lui facendo una pausa che a suo parere doveva sembrare suggestiva, "hai ragione."

Poi si rivolse a Valerico che, per Matteo come per Beatrice, era praticamente un estraneo. "Quindi, cosa ti ha portato al nostro treatruncolo?"

Valerico si aspettata qualche domanda, era preparato. "Avevo bisogno di un lavoro, la libreria in cui lavoravo prima ha chiuso da poco."

"Ah, ma perchè a..." l'altro pensò un attimo a cosa dire, "vent'anni, no?" Non attese risposta. "Perché a vent'anni, con un bell'aspetto e anche una buona intelligenza mi sembra, sei finito nella biglietteria di un teatro sconosciuto?"

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