5 - Cenette tranquille

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Quella sera, la cena con tutta la compagnia fu d'obbligo. Maria Teresa l'aveva quasi minacciato di morte quando aveva provato a declinare l'invito, ma, infondo a Valerico non dispiaceva provare ad uscire con delle persone, e magari fare quello che gli umani facevano insieme. Ridere? Scherzare? Parlare al di fuori di argomenti strettamente necessari?

Erano settemila anni che sopravviveva da solo. Anzi in realtà erano stati settemila fino ai primi del XX secolo: il suo unico errore, il suo primo ed ultimo rapporto stretto con un umano.

Adesso sarebbe stato più corretto dire che erano cent'anni precisi che stava solo. Si era convinto che la solitudine fosse il suo status preferito. La verità era che si sentiva costantemente come un guscio vuoto ed inutile, ma che aveva troppa paura di ricadere nella sofferenza provata nel secolo precedente.

Lucifero però non era fatto per soffrire, tanto meno per avere paura; così all'invito della direttrice del teatro rispose affermativamente, sconvolgendo tutti.

Prima di recarsi a cena -ad un orario improponibile, visto che lo spettacolo era finito a mezzanotte meno un quarto-, gli attori salutarono tutti i loro conoscenti che si erano presentati alla prima di Amleto.

Beatrice aveva ricevuto i fiori da una signora di bassa statura e dai capelli brizzolati, accompagnata da una donna ancora più anziana, dai capelli interamente bianchi. Dovevano essere sua madre e sua nonna. Insieme a loro era riemerso dalla biglietteria Stefano, che Valerico giurò di aver sentito dire: "E i fiori a me che sono stato in biglietteria tutto il tempo?"

Rashad era circondato dai suoi tre figli. Gliel'aveva sentiti nominare spesso: Akram era il maggiore, avrà avuto tredici anni; poi c'era Fariq, di massimo dieci, e la piccola Ayda.

Una donna sui quarantacinque anni teneva in mano i più piccoli, la bambina aveva un sorriso enorme.

Per Flavio erano venuti i suoi genitori. Donatella era con il marito e la sorella, Serena -anche lei era venuta alle prove più di una volta-. I due coniugi infine, Claudio e Maria Teresa, stavano già mettendo a posto il palco.

Riccardo si era fermato a chiacchierare con Matteo, erano entrambi soli. Come Valerico.

Quando Matteo lo notò gli fece cenno di avvicinarsi. Valerico s'incamminò molto lentamente.

"Come mai anche tu privo di pubblico?" Chiese Matteo senza freni, come suo solito, a Valerico non appena fu a portata di orecchio.

"E' stata una cosa improvvisata." Mentì lui. "Voi invece siete qui da tempo, no?" Chiese stavolta Valerico, che voleva vedere quanto fosse resistente ai propri punti deboli lo sfrontato ragazzo.

Riccardo la prese sul personale, Valerico lo intuì dall'aumento della sua frequenza cardiaca e dalla sua tensione lampante; Matteo invece, il suo bersaglio, era tranquillo come se stesse discorrendo del tempo.

"Ma... i miei non è che abbiano mai mandato giù questa storia del teatro..." incominciò con fare annoiato, "...e della scuola lasciata a metà, e delle storie con i ragazzi, dello smalto sulle unghie..." fece una pausa come per controllare che il ragazzo avesse capito; Valerico, a modo suo, capiva perfettamente. "Quindi non ci parliamo più di tanto." Conluse.

Matteo aveva superato la prova. Per Lucifero era inconcepibile parlare così apertamente delle proprie difficoltà. Certo, era pur vero che tra l'essere cacciati di casa e l'essere rinnegati dal proprio padre e scaraventati all'Inferno, c'era qualche differenza. O forse no.

Fu in quel momento che gli venne in mente che il Padre aveva riservato quel trattamento a tutti i figli che erano venuti dopo di lui: gli uomini erano destinati alla sofferenza sulla Terra, proprio come Lucifero. Si sentì simile a Matteo: solo, rinnegato per quello che era e che desiderava.

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