Era la primavera del 2015 quando io e mio figlio Marco decidemmo di trasferirci in una nuova casa.
La prima volta che la vidi un brivido gelido mi attraversò la schiena. Partì dalla nuca, scese per le scapole e non si fermò fino a quando non raggiunse l'osso sacro. Era come se a provocarlo fosse stato un dito. Non ci feci caso ed iniziai a svuotare il portabagagli dagli scatoloni.
La casa dall'esterno appariva abbastanza diroccata. Aveva un'enorme veranda fatta in legno di noce malconcio con sopra un balconcino bianco, che aveva una banderuola nera a forma di gallo che girava anche se non c'era un filo di vento. Erano cinque le finestre che incorniciavano la casa, la quinta però era molto piccola e posta al centro della casa, il più in alto possibile.
Salii i tre gradini che portavano alla porta d'ingresso, la spalancai ed entrai. Un altro brivido mi percorse la schiena e lasciò intorno a me una sensazione di vuoto e freddo metallico mai provata fino a quel momento. Marco, che non si era accorto di nulla, corse su per le scale in cerca della sua stanza al piano di sopra mentre io sistemavo tutti gli scatoloni al piano di sotto. Una volta terminato salii anch'io i venticinque scalini che portavano al primo piano per vedere cosa stesse facendo il piccolo dato che stava correndo e ridendo da solo senza nessun motivo apparente. Gli chiesi perché correva così freneticamente e lui rispose che stava giocando con il suo nuovo amico. Non gli detti molto peso pensando che il suo amico fosse in realtà immaginario così lo lasciai giocare e tornai al piano di sotto per cucinare la cena.
Mentre cucinavo non potei non notare l'imponente albero che si scorgeva fuori dalla finestra, ma non era un albero normale infatti aveva un grande ramo che sporgeva dal tronco. Sentii un altro brivido.
Appena posai il piatto sul tavolo chiamai Marco, ma non ricevetti alcuna risposta. Mi avvicinai alle scale per chiamarlo una seconda volta, ma non fu necessario perché vidi la porticina sotto le scale aprirsi e Marco uscire da lì che si scusò dicendo che stava giocando a nascondino con il suo amico e che si era nascosto in quella cantina.
Durante la notte sentii dei passi che scendevano le scale molto lentamente come per non farsi sentire. Andai a controllare la camera di Marco, ma il letto era intatto. Girai tutta la casa fino ad esaurire tutti i luoghi, tutti tranne uno. Aprii la porta della cantina e alla fine delle scale vidi Marco steso per terra senza delle vertebre, proprio quelle che vanno dalla nuca fino all'osso sacro e vicino un altro bambino vestito di bianco e con i polsini della sua camicia da notte sporchi di rosso. Mi guardò negli occhi ed iniziò a venire verso di me, lentamente, proprio come i passi che poco prima avevo sentito. Sbattei la porta ed andai a prendere una corda da legare all'albero nel giardino.
Sono passati cinquant'anni da quel giorno ed ora sono io colei che si diverte a giocare con i bambini.
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Storia di Kiddy
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3L - 21 ragazzi o 21 demoni?
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