𝟑.

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Passò altro tempo e finalmente Dio decise di mettere in pratica il suo nuovo progetto: creò la Terra e poi l'Eden. In sette giorni ci furono flora, fauna e due esseri umani.

Il giardino, Eden per l'appunto, era circondato da mura possenti con quattro torrette e quattro angeli a sorvegliare il luogo.

Sulle mura est vi era Aziraphale, che ogni tanto posava gli occhi sui due umani, così simili a lei tranne che per le ali, per la forza fisica e per l'intelletto.

Gli umani erano felici e innamorati. La donna era incinta e il suo compagno le dava tutte le attenzioni necessarie. Intorno a loro alcuni alberi erano in fiore, altri erano colmi di frutti. I fiori avevano colori vivaci e l'erba cresceva rigogliosa.

Il colore di quel prato ricordava al piccolo angelo gli occhi di Raffaele.

Come mai è sparito? È forse caduto?

Ne era passato di tempo da quella notte ai piedi della collina. L'angelo non volle più pensare a quell'incontro. Era stata mandata sulla Terra con la missione di sorvegliare gli umani ed era fiera di essere stata scelta. Avrebbe pensato a tale missione.

L'angelo ripensò alle ultime parole che Gabriele le aveva detto.

«Andrai sulla Terra per un periodo indefinito. Mi raccomando: io ti osserverò sempre da quassù.»

L'arcangelo le aveva dato un lungo bacio sulla fronte e subito dopo Aziraphale si era ritrovata su quelle mura, con una spada di fuoco in mano.

◇◇◇

Passò qualche giorno e Aziraphale continuava a passeggiare attenta sulle mura.

Eva in quel momento si aggirava in mezzo agli arbusti in esplorazione, quando ad un tratto un albero maestoso attirò la sua attenzione: era grande, rigoglioso ed aveva dei grossi frutti simili a mele. Quell'albero la invogliava molto, ma era l'unico vietato in tutto l'Eden.

Così aveva detto Dio.

Inizialmente, Eva non cedette alla tentazione. Vicino a lei, però, fuoriuscì un serpente dal suolo che la tentò, dicendole che solo un morso a quella mela non avrebbe portato guai e che nessuno l'avrebbe vista.

Eva allora cedette alla tentazione, assaggiò la mela e la fece provare anche al suo uomo. Subito dopo si accorsero di essere nudi e si coprirono. La Signora, appena saputo l'accaduto, maledì il serpente e cacciò la coppia dal giardino.

Aziraphale si accorse del fatto troppo tardi e si arrabbiò con se stessa per non essere riuscita a proteggere i due umani.

Che razza di sorvegliante sono? Sarò punita?

In fondo però, i due innamorati se l'erano cercata. Erano stati avvisati riguardo all'albero. Nessun pericolo si era abbattuto su di loro volontariamente. Gli angeli sulle mura, poi, avevano il compito di proteggere gli umani dai pericoli provenienti dall'esterno, non dall'interno. Nessuno tra gli esseri alati si aspettava un simile accaduto.

L'angelo provò compassione per la coppia e non la lasciò andare via senza prima averle dato la sua spada, per difendersi dai pericoli.

Una volta donata l'arma, Aziraphale tornò sulle mura, volgendo lo sguardo all'orizzonte e chiudendo gli occhi.

Dopo pochi secondi, l'angelo percepì una presenza maligna vicino a sé, ma non si voltò. Il serpente tentatore era salito sulle mura strisciando e, una volta giunto accanto a lei, aveva assunto la sua forma umana.

«Credevo sarebbe stato più appagante.» commentò.

Di cosa sta parlando? Mi sta forse stuzzicando? Perché è venuto accanto a me? Ma soprattutto, cosa faccio? Gli rispondo o lo ignoro?

Aziraphale non sapeva cosa fare e se ne stava con il volto rivolto dalla parte opposta. La curiosità, però, alla fine vinse.

«Come scusa?» domandò lei, voltandosi finalmente verso di lui.

Quando il demone vide chi era, il suo cuore perse un battito e per qualche secondo rimase senza parole.

«Ho... detto... che pensavo sarebbe stato più appagante.»

Aziraphale lo osservò: il demone aveva una lunga veste nera, grandi ali nere, occhi gialli a serpente e capelli corti, rossi.

Per un istante l'angelo pensò a Raffaele, ma poi pensò che quell'essere davanti a lei non poteva essere l'arcangelo.

Raffaele è sicuramente in Paradiso, da qualche parte. È impossibile che sia caduto.

«Immagino sia colpa tua se i due umani sono stati cacciati dal giardino. A causa tua ora vagheranno soli, in mezzo ai pericoli. La donna è incinta, lo sai? Ma immagino che a te non importi nulla, in fondo sei un demone. Mio Dio non so nemmeno perché ti parlo.» disse, stizzita.

Il demone rimase ferito da quelle parole dette con disprezzo ma era molto bravo a nascondere le sue emozioni, perciò continuò a guardarla impassibile.

«Un demone non combina mai abbastanza casino come dovrebbe.» rispose, cercando di cancellare il senso di amarezza che provava.

Il profumo di fiori e il biancore dell'angelo gli ricordarono i bei momenti in Paradiso. La osservò meglio, e notò che le mancava qualcosa.

«Non avevi una spada di fuoco?»

«L'ho data via.»

«Cosa?»

«L'ho data ai due umani per proteggersi dai pericoli.»

Il demone sorrise. Non seppe nemmeno lui se avesse sorriso per la disobbedienza dell'angelo o per la compassione che aveva provato per i due umani.

«E se ho fatto la cosa sbagliata?» continuò lei.

«Sei un angelo, non puoi fare la cosa sbagliata.»

«Oh, grazie.»

«Magari io, tentando Eva, ho invece fatto la cosa giusta. Forse era così che doveva andare. Ti immagini? Io la cosa giusta e tu quella sbagliata... che spasso!»

I due si guardarono, ridacchiando. La risata del demone era contagiosa e non era affatto malvagia. L'angelo però, ci mise poco a tornare subito serio.

«No, non è per niente uno spasso!» lo rimproverò.

Anche il rosso tornò serio ma, due secondi dopo, i due si scambiarono di nuovo un sorriso.

«Io sono Aziraphale.»

Lo so già, pensò l'altro.

«Io sono Crowley.»

Il cielo si fece scuro. Sulla Terra cadde la prima pioggia e l'angelo, d'istinto, sollevò un'ala per coprire il demone.

𝐋𝐄𝐆𝐀𝐓𝐈 𝐏𝐄𝐑 𝐒𝐄𝐌𝐏𝐑𝐄 | 𝐆𝐎𝐎𝐃 𝐎𝐌𝐄𝐍𝐒 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora