𝟏𝟓.

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L'angelo percepì la tristezza del demone e si mise nei suoi panni: sicuramente era devastante amare qualcuno che non si ricordava più di te.

Aziraphale guardò attentamente Crowley, sotto la luce del tramonto. Era così bello, con quel ciuffo ribelle, gli occhiali da sole e i vestiti neri fin troppo aderenti.

Non dovrei pensare queste cose. È un demone. Eppure, ho la sensazione di conoscerlo da una vita...

«Mi dispiace. Immagino che tu mi ami molto, e non oso immaginare quanto tu abbia sofferto per la mia morte. Ora però sono qui con te, di nuovo. Sono sempre io, Aziraphale, anche se ho un corpo diverso. Voglio avere di nuovo i miei ricordi. Voglio ricordarmi di te e nessuno me lo impedirà. Anche se dovessero cancellarmi di nuovo la memoria, io so che ci incontreremmo di nuovo prima o poi perché... perchè noi siamo legati da un filo invisibile. Me lo sento. So che è cosí.»

L'angelo scosse la testa dopo aver terminato il discorso. Perché non era mai capace di esprimersi decentemente? Faceva sempre pasticci.

Il demone, vedendolo così imbarazzato, sorrise.

«Non m'interessa che tu sia un demone e da ciò che mi hai raccontato non m'interessava nemmeno prima. Quindi, insomma... non te ne andare.» concluse.

Come poteva Crowley andarsene? Era sempre Aziraphale quello di fronte a lui: impacciato e con gli occhi blu intenso. Era di nuovo vivo e insisteva per un'altra possibilità, nonostante tutto quello che lui gli aveva raccontato.

«Che dire, mi sa che forse dovrei restare.»

Il sole ormai era scomparso e aveva lasciato posto a migliaia di stelle.

«Che meraviglia.» sussurrò l'angelo, guardando in alto.

Gli occhi di Aziraphale riflettevano le stelle come allora, su quella collina, e il demone non potè fare a meno di commuoversi per il ricordo. Per fortuna aveva addosso i suoi occhiali neri!

«C'è un ristorante molto bello qui a Roma che conosco. Ti andrebbe di cenare lì questa sera?» propose all'angelo.

«Mi piacerebbe molto.»

«Allora, avviamoci alla macchina.»

Una volta saliti sull'auto, in radio partitono le note di I belong to you di Kravitz, che il demone prontamente spense. Inserì invece una cassetta dei Queen e alzò la musica a tutto volume. Poi partí.

«Crowley, potresti andare più piano? Rischi di investire qualcuno!» gli gridò l'altro, spaccandogli un timpano.

«Adoro correre i rischi!»

«Ah!!!» gridò l'angelo, quando il demone svoltò bruscamente un angolo.

Quando i due giunsero al ristorante, Aziraphale aveva i capelli rizzati in alto dallo spavento.

«Si può sapere chi ti ha dato la patente?»

«È falsa.»

L'angelo fece per aprire bocca, quando il demone lo interruppe.

«Su, andiamo!»

Una volta entrati nel locale, i due si sedettero su un tavolo che si era miracolosamente liberato. Dopo qualche secondo arrivò il cameriere a dar loro i menù. L'uomo poi tornò per chiedere cos'avevano scelto di ordinare.

«Allora, da bere direi... una bottiglia di vino bianco.» ripose l'angelo, osservando Crowley che annuiva. «E poi, per me, salmone ai pistacchi.»

«Va bene. Per lei invece?» chiese il cameriere, guardando il demone.

«Per me del vino rosso.»

«Ma... abbiamo già ordinato il vino!»

«Una bottiglia non basta.» rispose il rosso, muovendo freneticamente la gamba destra sotto al tavolo. «E poi, uh... gamberoni allo champagne e pepe rosa.»

L'angelo scoppiò a ridere. Era divertente vedere il demone così agitato. Per cosa poi, Aziraphale non ne aveva idea.

Dopo un po' di tempo il cameriere tornò per portare i vini e poi le pietanze.

«Ecco a voi.» disse, fissando un po' troppo Aziraphale.

«Vuoi fissarlo ancora un po'?» chiese ironicamente il demone, stizzito.

«Scusi. Buon appetito.» rispose l'uomo, volatilizzandosi subito dopo.

L'angelo sorrise.

«Buon appetito Aziraphale.»

«Grazie, anche a... te?» disse l'altro, osservando Crowley ingurgitare il vino.

◇◇◇

La cena fu piacevole. Il tempo trascorse velocemente, tra chiacchiere e risate. L'angelo apprezzò molto sia il cibo, sia l'arredamento del ristorante. Il demone invece aveva guardato l'angelo tutto il tempo.

Quando uscirono, i due decisero di fare una passeggiata. Non volevano che la serata terminasse presto.

«Aziraphale... non sai quanto io sia felice che tu sia qui, con me. Sono felice che tu abbia ascoltato le mie parole e che tu sia rimasto. Ti amo così tanto, e so che non ti ricordi di me e che quindi non puoi ricambiare, ma-»

E l'angelo, forse per l'atmosfera o per il troppo vino, lo baciò, interrompendo il suo discorso. Sapeva che poteva fidarsi di lui e sapeva di desiderare quel bacio da tutta la giornata.

Al demone invece non parve vero. Già lo stava baciando? Ne era davvero convinto? Il rosso ricambiò il bacio con trasporto, cingendogli i fianchi.

Ma poco dopo che le loro labbra si erano toccate, un dolore lancinante alla testa colpì l'angelo, che si allontanò da Crowley con la testa tra le mani.

«Ah, la mia testa!!!» si lamentò.

Sarebbe crollato a terra se il demone non l'avesse afferrato.

«Angelo!!! Parlami, ti prego! Cosa senti? AZIRAPHALE! AZIRAPHALE!»

L'angelo non rispose. Giaceva incosciente tra le braccia di Crowley.

«MALEDIZIONE!»

«MALEDIZIONE!»

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𝐋𝐄𝐆𝐀𝐓𝐈 𝐏𝐄𝐑 𝐒𝐄𝐌𝐏𝐑𝐄 | 𝐆𝐎𝐎𝐃 𝐎𝐌𝐄𝐍𝐒 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora