𝟓.

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PARIGI (1350)

Era il periodo della peste nera o "grande moria", come la chiamavano a quel tempo. Si pensava davvero che fosse la fine del mondo.


Tutto era cominciato da una carestia causata dal freddo che si era fatta sempre più grande. Poi si erano aggiunte le piogge abbondanti, che avevano formato numerose paludi. Si erano aggiunti infine anche i cumuli di rifiuti, lasciati a cielo aperto, e la mancanza di fognature. Il tutto aveva portato allo scoppio dell'epidemia.

«È colpa delle streghe!»

«No, è solo colpa nostra. Dio è arrabbiato con noi! Io l'avevo detto che dovevamo pregare di più!»
 
Crowley era lì.

Era una fredda mattinata d'inverno e il clima non faceva altro che aumentare le sofferenze della gente. Le strade erano colme di rifiuti e ai lati erano accatastati i cadaveri. Nell'aria aleggiava odore di morte. I bambini piangevano per la fame, le donne piangevano i mariti deceduti.

L'epidemia non risparmiava nessuno.

Il demone camminava, con sguardo assente. Oh, i suoi colleghi Hastur e Ligur sarebbero stati contenti di quella visuale. Forse l'avevano provocata loro l'epidemia. Il rosso non ne sarebbe rimasto sorpreso. A lui invece dispiaceva per tutta quella sofferenza, perché lui non era come gli altri demoni.

Lui era diverso.

Ad un tratto, con la coda dell'occhio, il rosso scorse una figura bianca sull'uscio di una porta di una casa: era accovacciata e con il suo biancore risaltava in mezzo al grigiore circostante. Il demone la riconobbe subito.
 
«Aziraphale!» esclamò.
 
L'angelo non rispose. Teneva tra le braccia un bimbo appena nato, morto, e fissava un punto fisso della stanza.
 
«Angelo?»

«Era solo un neonato.»

«Lo so.»

«Doveva crescere e vivere una vita intera.»
 
Ci fu un momento di silenzio.
 
«Noi non moriamo, Crowley... e siamo costretti a vedere loro soffrire.»
 
L'angelo di scatto si alzò e depositò il bimbo nella culla.
 
«Non è giusto, non se lo meritava.» disse. «Gli angeli dovrebbero essere imparziali, obbedire senza fiatare, non fare mai domande, non dubitare mai. Ma come faccio? Come?! Perché Dio permette ciò? Perché gli angeli non ribattono? Questa è crudeltà!»
 
Crowley si avvicinò a lei e, dato che lei gli dava le spalle, la girò verso di sé, abbracciandola forte. Non doveva essere facile stimare il proprio capo, amarlo, e poi esserne delusi.

In quel momento, Aziraphale preferì mille volte il demone ad un altro angelo. Era arrabbiata persino con Gabriele che non si era più fatto vedere. Da quando lei era sulla Terra lui non era mai sceso a salutarla.
 
«Andiamo.» le disse il rosso.
 
D'un tratto l'angelo si ritrovò a pensare a cos'avesse combinato Crowley per diventare un demone. Un demone che, alla fine, non era poi così tanto. Glielo chiese, quel giorno, ma tutto ciò che ottenne fu il silenzio.

𝐋𝐄𝐆𝐀𝐓𝐈 𝐏𝐄𝐑 𝐒𝐄𝐌𝐏𝐑𝐄 | 𝐆𝐎𝐎𝐃 𝐎𝐌𝐄𝐍𝐒 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora