Capitolo 16

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Bastian

La pioggia scese impetuosa per due interi giorni e non accennava a smettere. Il vento era crudele e gelido, il famoso vento del nord. Tutti lo conoscevano per la sua strabiliante abilità di portare le navi sul fondo dell'oceano.

Le gocce d'acqua gli pungevano la pelle come tanti piccoli aghi affilati. Bastian rimase nella sua postazione vicino al timone, perfettamente calmo nonostante la ciurma gridasse impaurita. Aislyn era al suo fianco, ma il suo sguardo era carico di preoccupazioni mentre osservava le onde infrangersi sul ponte.

"Ti conviene pregare i tuoi dei, Solarin, perché ci servirà un favore divino per uscire vivi da qui." le disse il pirata con tono solenne.

"Pregherai anche tu?"

"Oh no, io non credo negli dèi"

"E in cosa credi, Bash?" lo sguardo incerto, stanco, smarrito. La pelle color ebano della ragazza aveva assunto un colorito verdognolo che non l'aveva privata della sua solita bellezza.

"Io credo in me stesso."

Aislyn roteò gli occhi al cielo e si sbatté una mano sulla fronte. "Oh, dei! Me lo sarei dovuta aspettare."

Bastian la ignorò, intento a osservare la principessa. Era seduta su una grisella, i capelli bagnati dalla pioggia incessante e l'arco in mano. Non sembrava capace di lasciarlo nemmeno per un istante.

Negli ultimi giorni, Bastian aveva fatto di tutto per ignorarla. Non riusciva più a guardarla senza sentirsi incompleto e vuoto. Perché più guardava la principessa, più tentava di trovare le perfette sfumature di colore per i suoi capelli, occhi e aura, più capiva di non esserne all'altezza. Di lei, dell'arte, di quella inutile missione.

Davina gli aveva fatto visita dopo quasi dieci anni e lui non ne aveva fatto parola con nessuno. Il problema non era che Bastian si sentisse in colpa. No, aveva fatto pace con quella parte oscura del suo passato. Il problema era che lei era un presagio di morte e distruzione e Bastian lo sapeva bene.

In quel momento, Eirian non sembrava la ragazzina impaurita che avrebbe lasciato morire in quel vicolo lercio di Doraport. In quel momento, Eirian era una guerriera, una dea. E Bastian avrebbe tanto voluto dipingerla. Invece, ciò che fece una volta tornato in cabina, fu prendere del rum e scolarlo fino a quando si scordò il suo nome. Ma quello della principessa rimase.

Eirian

La pioggia costrinse la principessa a spendere i suoi pomeriggi nella stiva. Negli angoli più bui della nave si nascondevano i roditori, e lei li sentiva squittire a ogni ora del giorno. Eirian tentò più volte di controllare i loro corpi come se fosse un burattinaio, di accelerarne il respiro o fermarne il battito. Le prime volte non accadde nulla. Le bestioline scappavano terrorizzate quando sentivano i suoi passi sul legno. Ma dopo ore di pratica riuscì a migliorare.

Il primo progresso fu comandare un ratto a saltare da una scatola all'altra; il secondo fu costringerlo a gettarsi in mare. Eirian non voleva ucciderlo, non era quello a cui aspirava, ma voleva sapere fin dove poteva spingersi con il suo nuovo potere, fin dove poteva sfidare le leggi della natura.

Usare i suoi doni le alleviò il sonno. All'inizio non ci fece caso, ma dopo due notti senza incubi iniziò a sospettare fosse quella la causa.

Tuttavia, la notte era ancora difficile dormire. Le onde si infrangevano sui lati della nave e producevano un boato assordante che teneva tutti svegli. Tutti tranne Shiba. Il grosso brieg aveva l'ammirevole capacità di dormire serenamente, a tutte le ore, in qualunque posizione. Il resto della ciurma, però, non era così fortunato. Si riunivano in sala da pranzo e bevevano fino a dimenticarsi della tempesta che imperversava intorno a loro.

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