Capitolo 8

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Sherlock aveva accettato di collaborare con lei, con questa conferma poté dare ufficialmente inizio al piano.
La ragazza avvertiva lo sguardo di John Watson addosso mentre si avviava verso il Serpentine Lake, cercò in tutti i modi di evitare i suoi occhi guizzanti, arrivando alla riva del lago sul quale da ore il cadavere dell'investigatore era adagiato. Il parco venne chiuso ai civili, che se ne stavano di fronte ai cancelli insieme ai giornalisti, avvoltoi di scoop.
Sherlock si appallottolò vicino al corpo, cominciando ad esaminarlo fino all'osso pur di avere qualche indizio sull'assassino. Prese la mano e la portò di fronte al suo viso, la guardava con una tale intensità che Astrid iniziò a dubitare che i suoi occhi avessero dei raggi-x incorporati.
<Credo di aver trovato qualcosa nel suo ufficio poco fa.> Esordì Astrid, mentre il detective era concentrato sulle scarpe dell'uomo.
<Ha fatto un salto al bar prima di entrare ad Hyde Park...> Mormorò. <Mi dica, mi dica.>
<Stava pedinando un uomo, non so chi sia ma ne sembrava veramente ossessionato.>
Mentì e dallo zaino estrasse delle copie delle fotografie che stavano disordinatamente sulla scrivania dell'investigatore. Le foto ritraevano Jim che passeggiava per Londra, Jim che faceva affari loschi con qualche criminale, Jim in macchina accompagnato da Sebastian Moran, con un cappello che copriva la visuale sugli occhi.
Sherlock trasalì non appena vide quel volto, subito dopo John allungò la testa per poter vedere anche lui ed ebbe la stessa reazione del collega.
<Sherlock, è lui.>
Le prime tre parole che Astrid sentì pronunciare dall'ex soldato. Aveva uno sguardo duro, in quel momento emerse il suo passato da comandante, che poteva funzionare per i suoi cadetti ma non su Sherlock Holmes, che non si degnò di rispondere.
<È lui e ha ucciso un altro uomo per te. Quanti ancora ne dovranno morire perché smettiate di giocare?>
<Non sto giocando, John. Lui sta giocando con me.>
Astrid si rese conto per la prima volta di quanta pressione e angoscia Jim potesse provocare nelle persone. Sherlock cercò di mantenere la calma, ma la sua sicurezza mascherata non aveva effetto su di lei. Lei vedeva oltre, e vedeva il terrore. John lo definiva un gioco ma loro non stavano più giocando, era iniziata una guerra di cui ad Astrid era ancora ignara la motivazione.

I tre si divisero con il resto di Scotland Yard, una banda di incompetenti che non riuscivano a vedere oltre l'evidenza, a detta di Sherlock, e imboccarono una strada di cui la bionda scorse il cartello "Baker Street". La sua mappa mentale della città si allargava, aveva iniziato a memorizzare gli orari dei mezzi, i negozi, le vie e gli odori che caratterizzavano ogni luogo. Baker Street sapeva di mandorle, per qualche motivo, e aggiunse questo nuovo dettaglio al suo archivio immaginario stracolmo di fogli che quasi non trovavano più il loro posto.
Sherlock armeggiava la serratura del numero 221B, mentre Astrid si fermò ad osservare lo Speedy's, un bar dalle tende il cui rosso era compromesso dalle intemperie del clima londinese.
Attraversarono una stretta rampa di scale, fino ad arrivare ad un piccolo appartamento in cui regnava il disordine. Giornali, lettere, un occhio umano, sigarette, spinelli, un portatile, strane sostanze chimiche miscelate...la ragazza fu costretta a strizzare gli occhi data la quantità di informazioni che doveva immagazzinare tutte in una volta.
<Oh Sherlock, finalmente ti sei deciso a frequentare una ragazza, ed è anche carina!>
Un'anziana signora entrò ammiccando al detective e tentando di mettere a posto più in fretta che poteva, così che lui non facesse una brutta figura.
Il volto di Sherlock rimase congelato dall'apatia che poteva provare nei confronti di una relazione sentimentale.
<Signora Hudson, lei è l'agente West, è dotata di una memoria spettacolare e ha più di dieci anni in meno di me. Faccia il tè.>
L'anziana corrugò la fronte in segno di dissenso e se ne andò via di fretta ticchettando il pavimento.
<Non sono la sua domestica!>

Sherlock accedette senza difficoltà alla posta elettronica della vittima: Brandon Owen, 56 anni, divorziato con due figli che non rispondevano più alle email del padre. Dalle sue parole era evidente che fosse entrato in un brutto giro a causa di James Moriarty, ma non specificava come gli avesse rovinato la vita.
<Un uomo che ha perso la sua famiglia può contattare un consulente criminale solo per un motivo: riavere i suoi figli indietro.>
Astrid aveva "scoperto" del motivo per il quale James era diventato un'ossessione per Sherlock durante il tragitto verso Baker Street e, sfruttando questa informazione, tentò di rendersi partecipe all'indagine.
<Esatto, e come può farlo? Mettendo in pericolo la sua famiglia e usare il suo impiego in polizia per diventare un eroe per loro.>
Continuò Sherlock, mentre John cercava di mettere a fuoco le loro parole e trovare il nesso logico per addentrarsi tra le deduzioni.
<Bisogna capire perché tutto non è andato liscio, perché Moriarty avrebbe dovuto mandare un sicario ad ucciderlo?> Tenne gli occhi bassi e Sherlock la osservava sperando che arrivasse da sola alla conclusione che lui aveva già dedotto, fin quando non le si illuminò il viso. <A meno che non abbia tenuto sotto sequestro la sua famiglia per farsi pagare più del dovuto! Ormai li aveva sotto il suo controllo e lui non poteva opporsi o si sarebbe scoperto tutto!>
Il consulente investigativo increspò le labbra, ma quel momento venne interrotto da John che tossì volontariamente per richiamare l'attenzione della ragazza.
<È da tutto il giorno che ci penso, ci siamo già visti?>
<Astrid non dirmi che sei una sua vecchia conquista, pensavo avessi standard più alti.>
Intervenì scherzosamente Sherlock prima che lei potesse rispondere, venendo ricambiato con un calcio sulla gamba.
<Non mi pare, dottor Watson->
<Chiamami pure John, tanto ho l'impressione che ci vedremo spesso da ora in poi.>
La ragazza avvertì una nota di asprezza nelle sue parole, ma forse era la sua mente che fantasticava troppo.
<Oh, allora non mi pare John, mi sarei sicuramente ricordata di te dato che, beh, ricordo tutto.>
<Già, hai ragione.>

<Ho fatto il tè per voi due e per la nostra adorabile ospite.>
La signora Hudson rientrò sostenendo un vassoio con tre tazze di tè fumanti, ponendole sopra un tavolinetto in legno.
<È una collega, non un'ospite.>
<Un grazie sarebbe anche gradito, giovanotto.>
<Sarebbe anche gradito che lei chiudesse il becco.> Ribatté il riccio con un sorriso antipatico.
<Sherlock!> Lo redarguì l'ex militare.
<Volevo dire, la ringrazio signora Hudson.>
Mentre Sherlock si mascherava di gentilezza sputando quei falsi ringraziamenti, Astrid non riuscì a trattenere uno sbuffo divertito che la costrinse a coprirsi la bocca per non sprigionare anche lei la stessa maleducazione.
Il detective la guardò sorpreso. Si aspettava di vedere il suo viso coprirsi di indignazione per il poco rispetto che riservava alla sua proprietaria di casa, invece la vide struggersi pur di non farsi vedere divertita dalla situazione.
La donna sgambettò fuori mormorando qualcosa.

Erano le 9:42 di sera quando Astrid ritornò in casa Moriarty. Chiuse la porta e ci si adagiò con la schiena, lasciando fluire via un forte sospiro. Ignorando i sospetti di John sull'aver già visto la sua faccia, tutto era andato anche meglio del previsto. Non credeva sarebbe stata in grado di partecipare ad un'indagine di polizia insieme ad un detective professionista, in fin dei conti conosceva solo l'assassino e James non le aveva rivelato altro o Sherlock avrebbe intuito che si trattava tutto di una messa in scena.
Dalla cucina vide avvicinarsi Sebastian, vestito con una felpa grigia dell'adidas taroccata e tra l'indice e il medio una sigaretta che era sul finire.
<Allora? Com'è andata l'indagine della nostra poliziotta?> Le scombinò i capelli e lei rispose rubandogli la sigaretta, ottenendo un suo "ehy!". La portò alle labbra e tirò, ma tutto ciò che ottenne fu una forte tosse.
<Ma guarda qua, Sherlock non dovrà sapere che l'agente Astrid West non sa fare un tiro! Devi aspirare, e poi evita di fumarti il filtro.> Calcò il suo nome e cognome per prendersi gioco di lei.
<G-grazie, molto utile!> Disse sarcasticamente, ma le parole suonavano spezzate per la gola che pizzicava.
<Allora? Com'è andata?> La sua espressione si trasformò, adesso traboccava preoccupazione.
<Beh, come dire...È ANDATA ALLA PERFEZIONE!>
Strillò levando le braccia al cielo e saltellando. Sebastian poté rilassarsi e lasciarsi trasportare da un sorriso, poi la tirò su da sotto le braccia. Era trenta centimetri più alto di lei, quindi i piedi della ragazza si scollarono dal suolo e circondarono il corpo del sicario, così come le braccia fecero lo stesso con il suo collo. Sorridevano a trentadue denti, così vicini che Astrid poté inalare l'odore di tabacco, che curiosamente non le diede fastidio, anzi, lo trovava attraente su di lui.
Le sue labbra si chiusero, la gioia era scomparsa e aveva lasciato posto ad una nuova emozione che in quel momento non era in grado di razionalizzare. Sebastian la rimise a terra mentre i loro occhi sembravano non aver avvertito quel movimento, si ostinavano a rimanere fissi su quelli dell'altro.
Astrid in uno scatto lo baciò alzandosi in punta di piedi. Lui rimase immobile, avvertiva le sue labbra calde premere sulle sue, il suo piccolo seno scontrarsi contro il petto e strabuzzò gli occhi, mettendo subito dopo le mani sulle sue spalle e spingendola delicatamente indietro.
La ragazza era confusa, l'aveva davvero rifiutata? Forse il pensiero che un uomo possa amarla era davvero un'utopia, ma non riusciva a comprendere perché non la attraesse almeno sessualmente.
<Scusa, io...>
Sebastian pronunciò quelle parole sottovoce, grattandosi la nuca dal nervosismo, dall'imbarazzo, dal senso di colpa.
<Non ti piaccio? Puoi dirmelo, lo accetto se non sono il tuo tipo. Forse per la differenza di età, lo capisco, anche se piaccio a persone molto più grandi.>
<No, non è questo, Astrid...>
Astrid non riusciva a decodificare il suo atteggiamento e in preda alla confusione continuò a lasciar scorrere le parole. Forse non voleva sapere ciò che aveva da dirle, forse aveva paura di venir ferita.
<Credo siano questi vestiti, così ampi, è normale che non ti attraggo. Se vuoi mi camb->
<Mi piacciono gli uomini.>
La interruppe e questa affermazione fece calare il silenzio nell'appartamento.
La ragazza lo guardava con due grandi chiazze rosee sulle gote e le palpebre paralizzate. Uno dei momenti più imbarazzanti della sua vita.
<Quindi...quando hai detto che saresti morto per James anche se fosse stato povero, intendevi dire che sei innamorato di lui?>
<Già.>
<Tanto?>
<Follemente.>
Aveva iniziato a rispondere a monosillabi, finalmente Astrid cominciò a comprendere. Non l'aveva mai detto a nessuno. Chissà com'era, portarsi un segreto del genere sulle spalle.
<...Avete scopato?>
<Rid!>
<Scusa, chiedevo.> Sorrise appena, anche se non era sicura che fosse il momento adatto.
<Comunque sì.>

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