Capitolo 15

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2 minuti e 20 secondi.

<È una bomba.>

Sentenziò Astrid, in preda ad una sfilza di pensieri e ricordi che attraversarono la sua mente come se fossero in autostrada, scie colorate che infestavano la notte. Le stanze del suo palazzo mentale spalancarono le porte lasciando fluire valanghe di informazioni accumulate senza un ordine, senza trovare uno scopo. Quanto sarebbe stato utile per lei ricordare quante macchie avesse quel dalmata incontrato durante la strada verso Scotland Yard? O conoscere a memoria la Divina Commedia di Dante, rubata ad uno dei clienti ben cinque anni prima?
Il display segnava ogni secondo un nuovo numero, e un nuovo numero significava che la loro morte era sempre più vicina.
La ricerca iniziava a dare i suoi frutti, quei fili intrecciati le riportarono alla memoria un uomo dai lineamenti duri e delle cicatrici sulle braccia. Astrid aveva undici anni il giorno in cui entrò nella sua stessa stanza, con un abito succinto che le calzava così male sul suo corpo privo di forme.
L'uomo aveva richiesto una ragazza giovane, ma quando incontrò gli occhi di una bambina si stupì di quanta ingiustizia possa ospitare la sua patria. Decise che sarebbe rimasto con lei, e rimase per un tempo maggiore di quello che si era prefissato. Non la sfiorò, bensì mostrò lei delle foto che aveva dimenticato dentro il suo zaino, erano stropicciate e sporche di briciole.
Le raccontò dei suoi anni in guerra, di come si provocò quelle cicatrici e, tramite le foto, le mostrò armi di vari tipi e una bomba che ebbero dovuto disinnescare per evitare che il loro accampamento saltasse in aria.

<Il Principe e la Principessa possono uscire dal loro palazzo e tornare nel mondo reale? C'è una fottuta bomba che sta per esplodere!>
Ringhiò John, dopo che trascorse un minuto di totale silenzio e scrutamento dell'esplosivo.
<Ah, sì. Passami una forbice.> Astrid mostrò il palmo della mano, attendendo che qualcuno vi ci mettesse sopra ciò che aveva richiesto.
<Credo di aver capito...>
Sherlock stava per concludere la frase, esponendo la sua teoria su come disinnescare la bomba, ma Astrid lo precedette tagliando due fili con una sicurezza tale che i cuori di John e del coinquilino balzarono fuori dai loro petti. Giurò di aver sentito pure un verso stridulo fuoriuscire dalla bocca dell'ex soldato.
<Fatto.> Disse, recandosi al tavolo per prendere un'altra forchettata di pesce.
<Io non...MA COSA VI SALTA PER LA...CRISTO!!>
John era paonazzo in volto e una vena aveva preso posto sulla sua fronte come sintomo di nervosismo.
<È stato fantastico.> Affermò Sherlock con il massimo di stupore che era in grado di esprimere attraverso l'espressione facciale.

Mentre stava concludendo di masticare, John si stava accertando che il timer avesse davvero smesso di scorrere, e in quel momento un dettaglio catturò l'attenzione della bionda.
Il numero sul display sembrava non essere casuale, eppure non poteva avere un significato, il tempo trascorso prima che si accorgesse della bomba e per disinnescarla non era prevedibile.
Ma aveva un tarlo in testa, talmente ingombrante che non poté fare a meno di rifletterci. Si avvicinò e analizzò con attenzione il microonde, nonostante iniziasse a sospettare che fosse tutto frutto della follia, che la perdita di Sebastian, lo stato mentale di James, avessero influito negativamente sulla sua capacità di giudizio. Non aveva ancora avuto il tempo di piangere come si deve per il lutto o Sherlock avrebbe cominciato con le sue deduzioni. Con la maestria della menzogna era stata in grado di trattenere il dolore fino a quando non lo avrebbe sfogato da sola, quando nessuno era in grado di sentire le sue unghie sradicare la pelle e i singoli capelli frantumarsi a furia di tirarli.

I suoi occhi assunsero un colorito diverso una volta che realizzò.
"James...non puoi essere intelligente a tal punto"
Indicò il numero e si voltò verso i due.
<È possibile che il momento in cui ho tagliato i fili non fosse casuale? Che Moriarty sapeva che avremmo impiegato questo tempo per disinnescare la bomba?>
Sherlock si interessò e poggiò l'indice ricurvo sulle labbra, pensante.
<No, era condizionato da troppi fattori non prevedibili. Lo escludo, ma noi guardavamo la parte posteriore fino a poco fa.>
Astrid e John si guardarono, quest'ultimo pose la domanda a cui entrambi stavano pensando.
<Quindi?>
<Nessuno di noi ha contato i secondi, eravamo distratti, quindi è probabile che lo schermo avrebbe mostrato questo numero indipendente dal tempo impiegato per disinnescarla.>

00:32.

<Vuole che lo incontriamo alla Down Street.>
Disse Astrid con sicurezza e gli occhi ravvivati.
<La stazione fantasma?> Domandò John, perplesso.
Situata tra Green Park e Hyde Park sulla linea Piccadilly, nacque per offrire ai ricchi residenti di Mayfair un comodo accesso alla metropolitana, fino a quando qualcuno si rese conto che essi non erano minimamente interessati a questo servizio.
<Chiusa nel 1932...sei certa che il 32 stia per questo?> Sherlock non sembrava in sé, Astrid era l'unica persona in grado di fargli porgere domande di cui non conosceva la risposta.
<Quando sono entrata nel computer di Owen ho trovato delle foto di Moriarty alla Down Street, è improbabile che l'investigatore lo avesse seguito fino a lì o lui se ne sarebbe accorto, quindi ha deciso di piazzare una telecamera. Ed eccolo lì, Moriarty solo alla Down Street senza un apparente motivo, che sorride all'obiettivo. È tornato alla stazione di proposito, voleva che lo fotografasse in quel punto.>
Non era sempre semplice decodificare ciò che provava il detective dai capelli ricci guardandolo in viso. Astrid era impegnata a indossare un cappotto nonostante il tutore che era d'intralcio e ad infilare gli stivali, invece John rimase a guardare il suo collega come se quella volta volesse essere lui a fare una di quelle fastidiose deduzioni. Di "certe cose" era proprio lui a capirne più di tutti, dentro quelle antiche mura di Baker Street.

<Ho una deduzione.>
<Sentiamo.> Fece il consulente investigativo, rinvenendo dai suoi pensieri e alzando il sopracciglio per esprimere curiosità.
Il biondo gli parlò da amico e il discorso destabilizzò l'altro, il quale si affrettò a prendere la sua pistola per incontrare quello che lui stesso definiva il suo "acerrimo nemico", senza confermare o negare la deduzione. John incurvò le labbra con tenerezza.

Angolo autrice
Mi scuso per il capitolo più corto del solito, ma ho preferito scandire in questo modo le pagine.
Spero che il covid non vi abbia infastidito durante l'ondata di positivi di questi giorni, in caso contrario sentitevi liberi di parlarne nei commenti.
Al prossimo capitolo, un abbraccio virtuale!🌻

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