Capitolo 3

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Astrid si aggirava per la casa. Gli oggetti posati sui mobili sembravano essere messi là senza un significato o una storia, la ragazza in quei pochi giorni aveva imparato a capire a cosa James tenesse. Una di quelle cose era l'ordine e la pulizia, niente di quegli oggetti rappresentava una parte del vissuto del criminale, ma i loro colori e le loro forme si armonizzavano perfettamente con il resto dell'arredo. La prima volta che lo vide, immerso in quegli abiti larghi, non avrebbe mai detto che fosse il solito "perfettino snob". Ma ad Astrid non dava fastidio questo lato del suo carattere, perché sapeva che non le avrebbe messo le mani addosso dopo averla giudicata per la sua condizione come erano soliti fare alcuni clienti. Non si sapeva spiegare come persone con così tanti soldi cercassero sesso da donne come lei, ma c'erano tante cose che ancora doveva capire di come funzionava il mondo.
Le bastava solo non spostare nessun oggetto o James avrebbe considerato una tragedia sapere che qualcosa aveva cambiato posto. Tutto a parer suo doveva trovare un posto nel mondo e il dovere degli oggetti era di non cambiarlo per nessun motivo. Perché non potevano avere pensieri e nessuno di loro si sarebbe lamentato.

Sebastian entrò dalla porta del retro, non era chiara la relazione che legasse quei due uomini che sembravano provenire da mondi opposti. Moran aveva dei capelli di un nocciola chiaro tendenti al biondo, corta barba ispida, occhi di un blu intenso e una cicatrice che gli percorreva l'occhio sinistro.
Era solito presentarsi con delle felpe vecchie, sui toni del grigio e nero, e pantaloni rigorosamente grigi scuri.
Era di poche parole con lei, Astrid ricordava ogni espressione apatica che le rivolgeva fino a quando iniziò a sospettare che non gradisse la sua presenza.
<Ti ho visto spesso da Lawrence, spero non ti sia fatto coinvolgere. Sembrava fidarsi molto di te.> Buttò lì quelle frasi rendendosi conto subito dopo che potessero risultare irritanti.
<Doveva fidarsi di me o non avremmo potuto portarti via...>
Posa sulla cucina un borsone nero che teneva dalla tracolla e si volta verso di lei, con uno sguardo che ancora non aveva mai visto e che non riuscì a decifrare.
<...mi dispiace.> 
La ragazza arricciò le sopracciglia in un'espressione confusa. Ma tutto venne chiarito dalle successive parole del castano.
<Avrei dovuto impiegarci meno tempo.>
<No, non importa. Lawrence è un uomo complicato, mi stupisco che tu sia riuscito ad entrare tra le sue grazie.>
Moran aprì il borsone, dal rumore che produceva la sua mano all'interno era intuibile che contenesse delle armi. Avvicinandosi rivelò un coltello da tasca a scatto e lo posò sul palmo della donna.
<La prossima volta che un uomo prova a farti qualcosa che non apprezzi, usalo per ammazzarlo. Non una sola coltellata, colpiscilo finché non ti sentirai soddisfatta. Non dargli nemmeno il tempo di chiedere pietà.>
Astrid strinse il coltello dentro la sua mano, come se avesse paura di perderlo. Nessuno le aveva mai fatto un regalo, almeno da quando ne aveva memoria, e non sapeva che reazione avrebbe dovuto avere. Gli occhi si umidirono e le lacrime che aspettavano di rigarle il viso brillarono alla luce naturale che penetrava dalla finestra.
<...Grazie.>

James portò Astrid in una radura verdeggiante, le abitazioni si trovavano a kilometri di distanza e non intravise nessuna presenza umana. La primavera era alle porte e iniziò ad annunciare il suo arrivo tramite delle margherite sparse per il prato incolto.
Il criminale prese dai sedili posteriori della sua auto una busta di plastica con numerose lattine al suo interno e andò a posizionarle su un muretto, tutte in fila con diverse distanze l'una dall'altra.
<Bene Rid, per la tua missione avrai bisogno di una buona mira.> Le passò una pistola e lei la afferrò senza troppa difficoltà.
<È leggera, le pistole non sono più pesanti?>
<Non questa. È una Glock 17, una pistola semiautomatica. È perfetta per te dato che non hai mai sparato.>
L'uomo dai capelli di un castano talmente scuro da sembrare corvini, riprese la pistola per mostrare alla giovane donna la posizione che doveva assumere. Mirò su una lattina color viola e la pallottola la raggiunse in pieno subito dopo un violento boato, che fece portare le mani di Astrid sulle orecchie.
<Dovrai abituarti agli spari, entrerai in polizia.>
<Non mi piacciono i rumori forti... aspetta, in polizia? Ma io non conosco niente di quel mondo, quel detective mi sgamerà in due secondi!>
<Non succederà, quando lo incontrerai saprai tutto ciò che devi sapere. E inoltre sarà così impegnato a conoscere la tua abilità che non perderà tempo a dedurre la tua vita.>
Astrid era scettica, ma lasciò il piano a James. Si fidava di lui e pensava che seguendo le sue indicazioni tutto sarebbe filato liscio.
<Piccolo test. Stamattina a colazione ti ho vista leggere gli ingredienti dietro i biscotti. Elencali.>
<Sì...ecco, c'era farina di frumento, gocce di cioccolato al 25%, zucchero, massa di cacao, grassi vegetali, olio di palma sostenibile, burro di karitè, burro di sal, emulsionanti...>
<Ok ok, basta così.> La fermò facendo roteare la mano, per indicare che aveva già capito e non c'era bisogno che andasse avanti.
Le ridiede la pistola e fece un cenno alle lattine, incurvando la punta delle labbra in un sorriso non troppo pronunciato.
La ragazza cercò di imitare la stessa posizione di Jim, ma quest'ultimo le poggiò delicatamente le mani sulle braccia per dar loro la giusta inclinazione.
Partì un colpo, ma evitò completamente il bersaglio.
<Cavolo! Cos'è che non va? La stavo puntando!>
<Non avere fretta cara mia. Guarda, sei leggermente buttata a destra, non devi far prevalere la mano dominante ma trovare il giusto equilibrio.>
Astrid prese un respiro più profondo e ritentò, con la guida di Jim. Socchiuse leggermente gli occhi e premette il grilletto, sentendo il rumore del metallo che veniva perforato oltre quello dello sparo.
<Ce l'ho fatta!! Jim hai visto? L'ho colpita!>
L'uomo poggiò la mano sui suoi capelli biondi, che in quei pochi giorni avevano ripreso vita. La guardò con uno sguardo che nessuno le aveva mai rivolto, questa volta il sorriso arrivava ad elevare gli zigomi.
<Ottimo lavoro, sono orgoglioso della mia aspirante assassina.>
Quelle parole le mozzarono il fiato e ebbe come l'impressione che il cuore non seguiva più un battito regolare, ma pulsava a piacimento come se avesse vita propria.
<Però devi ancora trovare il tuo equilibro.>
<Ma l'ho presa, pensavo di averlo trovato.>
<Non parlo della pistola, ma di qui...e qui...> Il suo dito puntò inizialmente la fronte della bionda, poi il cuore.
<Cosa significa?>
<Le sconfitte non sono così terribili come crediamo. Ti ho vista mentre cercavi di utilizzare gli elettrodomestici e...>
<Jim, mi dispiace, non avrei dovuto rompere la macchina del caffè.>
<...Togli la giacca.>
Astrid strabuzzò gli occhi, la vita idealizzata che si era costruita nella mente le stava crollando addosso. Sapeva cosa stava per accadere e si stava odiando da morire per aver dato fiducia ad un uomo. Ora era più chiaro il motivo per il quale la portò in un luogo in cui non vi era nessuna persona nei paraggi.
Con lo sguardo basso, tolse una manica della giacca, poi un'altra e la lasciò cadere a terra. Stava per togliere anche la maglietta, ma James la prese in tempo tenendola giù. Lei lo guardò con occhi assenti, non sapendo cosa fare, mentre lui un attimo dopo sfilò dalla sua tasca un cerotto. Tolse la plastica dal lato adesivo e con esso coprì la parte del braccio in cui la ragazza si era tolta la pelle a furia di graffiare con le unghie.
<Appena torniamo a casa ti insegno a fare il caffè nella moka, ti va?>




Angolo autrice
È troppo strano se mi emoziono sui miei stessi racconti? T^T
Spero stiate apprezzando questa versione di Jim, non so se potranno condividerla tutti, ma lui è il mio personaggio preferito e adorerei se anche altre persone lo vedessero attraverso i miei occhi.
Qual è la cosa più bella che vi è accaduta oggi? Avete mangiato? 💞

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