XIII: I rinnegati ci augurano buon natale

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ATTENZIONE: In questo capitolo è presente una morte violenta. Se pensate che possa urtarvi, non proseguite con la lettura

Quanto tempo era passato senza che nulla andasse storto prima di arrivare in Grecia?
Dieci minuti?
Doveva ammettere che i macedoni si erano ripresi alla grande dalla figuraccia fatta a Cagliari.
Un agguato ben assestato e boom!
Tutti progionieri.
Quando il figlio di Artemide aprì gli occhi era legato ad una grossa canna di bambú afferrata alle estremità da due energumeni.
Ai suoi lati, i suoi compagni erano nella stessa situazione.
Erano in una foresta ed era ancora notte, quindi, o marciavano da più di un giorno o non era rimasto senza sensi per tanto.
Quando si guardò attorno si accorse che il ragazzo incappucciato era al suo fianco.
Dopo aver fatto a pugni con il suo buon senso, gli parlò.

- Non avete intenzione di mangiarci, vero? -

Il tipo incappucciato girò leggermente la testa verso di lui dando segno che lo avesse sentito, ma senza degnarlo di una risposta.
Il figlio di Artemide si sentì inquieto.

- Era una battuta riferita al fatto che ci state trasportando legati a dei bambù. Gli indigeni fanno così in tutti i film -

Si aspettava una reazione.
Magari non da lui, ma da uno dei suoi uomini, invece non arrivò niente.
Deglutì. Non era abituato a non essere considerato e quella freddezza gli metteva il nervoso.
- Ok... forse io e te abbiamo iniziato con il piede sbagliato. Io ti sto infastidendo e tu... bhè, tu mi hai rapito, quindi sei tu ad essere maggiormente nel torto. Ad ogni modo, resettiamo la conversazione. Ciao! Io mi chiamo Theo, e tu? -

- Vince -

Si stupì.
Quasi non ci sperava più in una risposta.
Fare domande era pericoloso, ma racimolare più informazioni possibili era il meglio che poteva fare in quel momento.

- E chi sei? Un Semidio? -

Alcuni ragazzi trattennero una risata.
Reazione che Theo non capì.
Vince rimase silente per qualche istante, e per un attimo il figlio di Artemide temette che avrebbe estratto l'arco per farlo fuori.

- Sono un rinnegato. Lo siamo tutti qui -

Corruggiò lo sguardo.
Avrebbe dovuto immaginarlo.
Almeno ora sapeva chi erano quei ragazzi e perché li avevano catturati.
I rinnegati a logica non erano i più grandi fan dell'Olimpo.
Fece due più due... probabilmente i Macedoni si erano alleati con un gruppo di rinnegati.
Il nemico del mio nemico è mio amico dopotutto.
Ma c'era ancora qualcosa che non gli quadrava.

- Prima cerchi di ucciderci, poi ci rapisci e ci porti chissà dove. Sei bipolare? -

Per la prima volta, Vince mostrò di avere emozioni.
Theo lo vide digrignare i denti.

- Quando vi ho attaccati agivo di mia iniziativa. Fosse per me, sareste già morti. Purtroppo qualcuno di più importante di me vi vuole al suo cospetto -

- Di chi parli? -

La sua risposta fu il tintinnio che l'arco corto faceva mentre camminava.
Theo sbuffò.
Il tipo era di poche parole, e anche quando parlava faceva ben attenzione a non rovinarsi le corde vocali.
Ma tanto aveva altro a cui pensare.
Tipo: dove li stavano portando?
Magari da Alessandro?
Nel frattempo pure Fynn si era svegliata.

- Mhff... Theo? -

Sembrava ancora mezza rintronata ed aveva un taglio sulla fronte.
Evidentemente uno dei soldati l'aveva colpita per stenderla.

- Buongiorno Fynn... o buonanotte. Dipende dai punti di vista -

- Ho fatto un sogno orribile: precipitavamo e la mia nave veniva fatta a pezzi -

I rinnegati dell' Olimpo: Le terre del conquistatore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora