IX: Da oggi, soffro di vertigini!

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I sogni sono speciali per un Semidio.
Theo lo sapeva, e lo aveva anche appurato.
Prima il sogno dove aveva visto Samuel e poi la visione di Zoe erano stati sufficienti per convincerlo.
Ma a quel giro, non seppe assolutamente come interpretare quello che aveva davanti.
Non era in un luogo specifico, almeno non fisicamente. Delle scene sconnesse gli apparivano davanti per qualche secondo e tra l'una e l'altra Theo vedeva dei lampi verdi che lo abbagliavano.
C'era Mary.
Era nel deserto ed entrava in uno strano monastero.
Poi vide Apollo.
Stava parlando con un giovane ragazzo con una tonaca greca giallo chiaro ed un arco a tracolla.
Non riusciva a vedere bene il suo viso purtroppo, ma fu distratto dallo zio.
Stava piangendo commosso e aveva una mano davanti alla bocca.
La scena cambiò di nuovo.
Vide una ragazza che non conosceva.
Era seduta su un trono e giocava monacciosamente con un lungo coltello, mentre era circondata da molti ragazzi suoi coetanei.
La ragazza guardò il giovane dritto in faccia. Sembrava calma, ma c'era qualcosa che non andava in lei. Theo sentiva un profondo senso di instabilità mentre la guardava e prima di svegliarsi, la ragazza ebbe il tempo di passarsi la lama sul collo, senza che il suo sorriso si spense neppure per un istante.

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Theo si svegliò di soprassalto.
Fuori ormai la notte stava lasciando il posto alla luce dell' alba, spettacolo che poteva godersi a pieno visto che volavano sopra le nuvole.
Dietro di lui sentiva il respiro leggero e regolare di Mary, segno che stava ancora dormendo, mentre accanto a lui Edricksen continuava a pilotare l' aereo.
Doveva aver passato tutta la notte a guidare a giudicare dalle occhiaie.

- Avevi un incubo? Ti agitavi nel sonno-
Gli chiese l' amico appena si accorse che si era svegliato.

Theo era rimasto un pò scosso da quello che aveva visto, ma dal momento che quelle immagini erano tremendamente confuse e sconnesse, decise di fare finta di nulla.

- Che hai fatto alla mano? -
Chiese il figlio di Artemide, notando solo in quel momento la fasciatura alla mano dell' amico.

- Mi ha morso uno dei cani di Reyna-.

- Ha dei cani? Non lo sapevo. Spero che non ti faccia troppo male-

- Ormai il dolore è passato, ma sento che la ferita è ancora bollente

Il giovane annuì, ed in quel momento il suo sguardo cadde sui comandi, accorgendosi di un fatto abbastanza strano: ogni tasto era contrassegnato da una scritta che indicava presumibilmente la funzione del suddetto, ma le parole erano di una lingua che il rinnegato non conosceva.

- Edricksen, ma che lingua è? -
Domandò accennando al quadro di controllo.

- È olandese-

- Olandese? Ah! Ora che ci penso il cognome "Edricksen" sembra essere di quelle parti! -

Il figlio di Efesto però non rispose e continuò a guardare il cielo, creando un silenzio stranamente teso che venne spezzato da Theo.

- Sai, non mi hai mai raccontato nulla della tua vita prima del campo. Ti va? o preferisci di no?-

Edricksen scosse la testa sorridendo
- Figurati. Non ho problemi a parlarne; non con te almeno-.

Tolse una mano dai comandi e frugò nella sua tasca fino a tirare fuori una foto.
La porse all'altro, che la guardò.
Ritraeva un bambino piccolo ma dal fisico grosso che guardava in macchina sorridente. Era affiancato da un adulto: un uomo alto, robusto e con un accenno di pancetta che dava sfoggio di un taglio a spazzola ed era colto mentre appoggiava affettuosamente una mano sulla spalla del bimbo.
Theo analizzò minuziosamente la foto prima di posarla e si accorse che nonostante l' amico stesse sorridendo, non aveva la tipica fossetta che viene alle persone quando sorridono spesso.
Forse non gli capitava di farlo tanto spesso nella sua infanzia...
Era normale, lui era un mezzosangue il che voleva dire che la vita era dura.
Quello immortalato nella foto doveva essere uno di quei rari momenti spensierati e il fatto che avesse condiviso con lui un ricordo così prezioso lo fece quasi arrossire.

I rinnegati dell' Olimpo: Le terre del conquistatore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora