7-Capitolo

81 9 0
                                    

-Dove cazzo hai messo la mia bottiglia di vodka Sum!?- urla mia madre dal piano di sotto.
-Merda ho dimenticato di comprargliene una nuova-.
Faccio finta di non aver sentito e mi chiudo in camera. Lei si che se come rovinarmi la giornata. Proprio oggi che mi sentivo così felice.
Sento dei passi pesanti sulle scale e qualche secondo più tardi la sento battere alla mia porta quasi volesse sfondarla.
-So che sei qui! Apri immediatamente e dammi ció che è mio!- urla.
-Ho dimenticato di comprare una nuova bottiglia- alzo gli occhi al cielo e sospiro.
Non risponde. Mi preoccupa tutto questo silenzio ma decido di non fiatare.
-Ti ammazzo, apri sta porta stupida capra!!! Apriii!!- inizia a urlare come una pazza e dare colpi fortissimi alla porta.
-Vattela a comprare- cerco di essere il più tranquilla possibile, ma dentro mi sto facendo sotto dalla paura, questa è capace di sfondare la porta e picchiarmi a morte solo per una bottiglia. È molto peggio quando è in astinenza di alcol che quando è ubriaca.
-Muori- mi urla e scende correndo le scale.
-Guarda che sei tu quella che mi ha messa al mondo, se avrei potuto scegliere di certo non sarei ancora qui- mormoro e cerco la lametta.
-L'ho buttata via, cavolo- mi prendo la testa tra le mani e inizio a lamentarmi.
Non so come sfogarmi e tagliarmi è un modo per farlo.
Mi arriva un messaggio. Daniele mi ha fatto la rischiesta di amicizia su fb e instagram. Sorrido e vedo che mi scrive.

DANIELE:
-Hei piccola hai voglia di andarci a prendere un gelato?-

Un brivido di piacere mi attraversa la schiena.

SUM:
-Mi farebbe piacere grazie-

DANIELE:
-Tra dieci minuti al parco vieni conciata come sei non mi interessa che tu sia ben truccata ecc...-

Mi guardo allo specchio. Sono abbastanza decente forse l'unica cosa da fare sarebbe togliermi il rossetto nero. Una volta finito afferro le chiavi e il portafogli. Corro verso il parchetto e naturalmente inciampo in un qualche ramo. Ma non cado perché qualcuno mi sorregge stringendomi a sé. Oddio è Daniele, possibile che faccia sempre figurini ridicoli?
-Ehi attenta a dive metti i piedi!- mi sorride rimettendomi in piedi.
-Ehm... scusami, sono un po' imbranata- gli ricambio il sorriso imbarazzata.
Incominciamo a camminare verso la gelateria parlando del più e del meno conoscedoci meglio.
-Qual è il tuo problema?- mi guarda serio mentre ci sediamo nell'angolo in fondo al bar.
-Essere ridicola e imbranata- gli sorrido, ma dato che non ricambia mi metto a fissare il gelato al limone che ho preso.
-Sono qui apposta Sum, sfogati- si appoggia sullo schienale della sedia.
-Perché dovrei lamentarmi con te e di conseguenza diventarti insopportabilmente noiosa?-
-Sai benissimo che non è così Sum. Non te l'avrei chiesto sennò- mi accarezza il dorso della mano e accenna un sorriso.
-Tu sei pazzo- scuoto la testa.
-Pazzo di sapere tutto su di te- stavolta fa un sorriso ammagliante.
-Vuoi sapere i miei problemi? È questo che vuoi? Bene allora mettiti comodo. Sono nata qui a Manhattan nel 99. Mi hanno messo al mondo, purtroppo, come ben sai i miei genitori e cioè Asia Steele e Trevis Parker. Non mi hanno chiesto se volevo vivere, certo non hanno potuto farlo, nessuno può farlo e non si può neanche decidere se si vuole vivere o meno quando si è ancora nella pancia.
Credimi la mia infanzia è stata molto bella, mia mamma, che è un'alcolizzata, faceva parte di un gruppo di alcolisti anonimi e per tredici anni è stato tutto fantastico.
Una volta compiuti tredic'anni mia madre ha smesso di frequentare quel gruppo, ha rincominciato a bere e non ne ha voluto sapere della disintossicazione.
Mio padre, un brav'uomo, non so perché si sia sposato con lei. Io gli voglio bene e tutto, ma cavolo seriamente pensi che un'alcolizzata sia capace di tirare su un essere vivente? No, infatti ora sto male anche per colpa sua. Praticamente solo per colpa sua, ma questi sono dettagli.
Mamma mi ha detto che non mi ha mai voluta e ti giuro che mi sono sentita mancare in quel momento, ho avvertito una fitta al cuore allucinante. Se fosse stata ubriaca, "l'avrei capita", ma no, non lo era. Era seria, intendeva veramente quello che ha detto. Quindi io penso che dopo tredici anni che una madre ti ha dato affetto e così ad un tratto ti confessa di odiarti, l'unica cosa che vuoi è morire e ci stai male. E ho pianto ogni giorno a causa sua. Perché sai, Daniele, tante volte è meglio essere presi a pugni che a parole. Perché sì, le parole possono ferire e possono fare malissimo.
Un giorno stufa di tutto ho cercato qualche soluzione contro la depressione su Internet e tanti hanno consigliato stupidamente di tagliarsi. Ma è stupido. Tremendamente stupido. Stupido tanto quanto lo sono io, che ho cominciato a farlo. Dapprima mi faceva male, ma poi col tempo è diventato lo sfogo ideale a tutti i miei problemi. Certo ti chiederai a cosa serve dato che tagliandoti non risolvi certamente le cose, ma sappi che tutto il dolore che hai dentro e non sai come sfogarti lo devi scacciare via prima o poi e come fai? Ti tagli. E tagliandoti trasformi il tuo dolore psichico in dolore fisico, che col tempo non fa neanche così tanto male. È uno sfogo. Certo esistono altre cose per sfogarmi, come ad esempio non so, spaccare oggetti, parlare con qualcuno... Ma se spaccavo un bicchiere ad esempio, mi sentivo in colpa, dato che i miei hanno speso soldi per comprarlo. Allora ho provato a parlarne. Prima l'ho fatto con un paio di persone che ritenevo mie amiche, ma presto dopo aver scoperto di tutti i miei problemi, mi hanno abbandonata dicendo che mi lamentavo troppo. Certo, li capisco, infondo chi vorrebbe una ragazza problematica e depressa? Nessuno. E visto che non potevo neanche parlarne ho tenuto tutto dentro. Più tenevo dentro le cose più mi faceva male e allora mi sfogavo tagliandomi. Non ho amici. Non potevo e non posso parlarne con adulti perché loro non capirebbero. Gli psicologi sono troppo costosi e io di soldi non ne ho, soprattutto adesso che mio padre è venuto a mancare lo psicologo della scuola lo andrebbe a dire ai professori e diciamocelo non voglio che loro ficchino il naso nella mia vita.
A proposito di soldi, li sto sprecando troppo, perché ho cominciato a fumare. Ma non fumo sigarette, fumo canne e naturalmente quei pochi che l'hanno scoperto mi hanno giudicata subito. Ma le canne almeno mi fanno dimenticare e mi rilasso.
Poi non mi vedo brutta. Tante ragazze sono depresse per il loro aspetto fisico, ma io mi piaccio così. Ho imparato ad accettarmi e a chi non vado bene, non vado bene.
Il mio difetto è che non so abbandonare e mi illudo troppo. Sogno troppo. Ho troppi problemi. Ed esisto. Il problema peggiore di tutti. Sono mostruosamente sbagliata- mi fermo pensando che ho raccontato abbastanza e lo guardo curiosa di vedere la sua espressione. Lui si alza e mi abbraccia.
-Ora ci sono io, Sum. Non ti abbandonerò, farò di tutto per mantenere la mia promessa e se non lo farò me ne pentirò da morire. Ti voglio bene. Se ti serve qualcosa o se devi sfogarti io sono qui. Per te. Solo per te.-
Mi metto a piangere commossa perché neanche la mia migliore amica è stata così comprensiva con me.
Decidiamo di tornare a casa facendomi accompagnare da lui. Una volta giunta a destinazione gli butto le braccia al collo e gli di un bacio sulla guancia.
-Grazie di tutto, a domani-
-Sum, figurati, è un piacere per me poterti, in qualche modo, aiutare. Comunque se hai bisogno puoi scrivermi, non mi dai assolutamente fastidio anzi, mi stai simpaticissima- mi sorride e mi da un pizzicotto sulla guancia.

DARK PARADISEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora