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Era da più di una settimana che uno strano uomo passava fuori al mio ufficio e inevitabilmente non potevo fare a meno di fissarlo incuriosita seguendo letteralmente ogni suo movimento ogni qualvolta passava dinnanzi alla mia vetrata.

La strada era leggermente lontana dalla mia postazione ma nonostante ciò la sua aura mi rapì anche a debita distanza: era così inquietante da mettere i brividi e ancora non capivo perché ogni giorno passava di lì e si fermava sul ciglio della strada senza fare praticamente nulla se non fissarmi per un po'.

Non avevo minimamente idea di chi fosse ma sapevo soltanto che ogni giorno, con passo svelto, arrivava in quell'esatto punto della strada alla stessa ora, percorrendo sempre la stessa traiettoria.

Erano puntualmente le otto e un quarto del mattino e probabilmente usciva di casa per andare a lavoro, oppure correva alla metropolitana o non ne avevo la più pallida idea, sapevo soltanto che i miei clienti, chiunque si trovasse dinanzi a me a quell'orario, si voltavano insieme a me, incuriositi, per sapere il mio sguardo dove andava improvvisamente a parare.
Ognuno di loro poi si voltava nuovamente nella mia direzione ed esordiva sempre con un sorriso confuso e con la stessa fatidica domanda.

« Ma che cosa sta guardando? » e quel tono risultava talmente stranito e fastidioso, quasi come se vedessi soltanto io quell'uomo e nessuno di loro capiva perché ad un certo punto il mio volto diventava cupo e impaurito.

Non sapevo mai che cosa rispondere ma essendo sola in quel momento mi feci coraggio, mi alzai e mi avvicinai alla vetrata facendogli segno di avvicinarsi e di entrare.

Non sembrava cattivo però che cosa voleva da me?

L'ansia non faceva altro che aumentare dentro di me e stavo quasi iniziando a maledirmi per l'invito appena fatto a lui, ovvero quello di entrare ma avevo bisogno di una spiegazione, volevo capire perché risultava così tanto inquietante ai miei occhi e soprattutto perché sembrava lo vedessi soltanto io?

Ero troppo piena di dubbi e avevo la necessità di risolverne almeno alcuni, partendo da quello che sembrava il più enigmatico.

L'uomo non esitò neppure un attimo, quasi come se stesse aspettando ormai da tempo quell'invito da parte mia e subito decise di entrarvi all'interno dell'ufficio raggiungendo a passo svelto la mia stanza.

Ero leggermente impaurita e feci fatica ad avvicinarmi nuovamente alla scrivania ed aspettai comunque che lui si accomodasse di fronte a quella che sarebbe stata la mia normale postazione.
Ci misi un po' prima di sedermi e lui ci mise un po' prima di proferire parola.
Se ne stava lì seduto a guardarsi intorno come se stesse aspettando qualcuno o qualcosa, iniziò a frugare qualche carta qua e là e si intrattenne con una brochure che illustrava varie tappe di un progetto al quale stavamo lavorando io e Jisung da tempo.

Si schiarì improvvisamente la voce, quasi per dire qualcosa e così fu.

« Signorina.. Seo. » fissò la targhetta posta sulla scrivania col mio nome ma qualcosa dentro di me mi stava dicendo che sapeva già come mi chiamassi ma cercai di non darlo a vedere e decisi poi di farmi coraggio e di accomodarmi di fronte a lui.

« Dica pure.. » gli risposi, iniziando nervosamente a distruggere i primi documenti capitati a tiro sotto le mie mani.

« Se posso permettermi, lei è davvero una ragazza con tutte le carte in regola. » Divenne improvvisamente imbarazzato fissando quelle che stavo ormai smembrando dal nervoso.

« Ehm, non parlo chiaramente di queste carte ma a livello personale. È davvero un ottimo partito per quel ragazzo. Sareste complementari, glielo giuro o meglio lo siete e dovete cercare di capirlo entrambi. »

A quelle parole pensai improvvisamente a Hyunjin.

Come sapeva di lui?

Come faceva a sapere che io addirittura fossi un buon partito?

Ma la cosa che accese in me un altro dibattito interiore fu quel « complementari » quel termine che si riferisce a qualcosa di essenziale per il funzionamento di un'altra cosa, per cui io e Hyunjin eravamo destinati a congiungerci?

Lo guardai attentamente, mi persi a pensare e rimasi in silenzio togliendo le mani dalla scrivania lasciando finalmente respirare quei poveri documenti innocenti.

« Scusi ma che cosa sta dicendo? E soprattutto chi diavolo è lei? » Lo guardai attentamente in cerca di una risposta.

« Senta.. » si allentò un pò la cravatta dall'agitazione e iniziò a fissare nei punti più svariati della stanza senza più guardarmi in volto fino a che il suo sguardo non si posò fuori, nel l'esatto punto in cui si fermava a fissarmi ogni mattina.

« La vede quella ricevitoria lì sul ciglio della strada? » Mi chiese, rendendo la mia espressione più confusa che mai ma gli feci cenno per dirgli che avevo capito.

« Alle 13:13 di domani vada lì a giocare questi numeri. » Disse appuntandomeli su uno di quei documenti che bruscamente avevo lasciato andare sulla scrivania.

Lasciò lì quel foglio, posò la brochure che aveva tra le mani e andò via lasciandomi completamente interdetta e senza parole.

Mi scrollai le spalle, feci un respiro profondo e avvicinai quei numeri alla mia vista.

« 13, 14, 16, 19.. ma in che senso?! »

Non persi altro tempo e li cercai rapidamente su internet e il significato mi lasciò ancora più interdetta di qualche istante prima.

Si trattava di numeri con valenza karmica incentrati sulla reincarnazione.

« I numeri karmici indicano un'esperienza mai terminata, una responsabilità o un impulso. Dovete lavorarci in questa vita perché se non completate il lavoro in questa vita ve lo ritroverete davanti fin quando non lo avrete terminato. »

Tutto ciò non faceva altro che confondermi sempre più.

Cos'erano i numeri karmici? E chi era quell'uomo?

Iniziai ad informarmi a più non posso e soltanto grazie alla magia di internet scoprì che quei numeri mi stavano facendo sentire come se nelle mie precedenti vite stavo già inseguendo Hyunjin o che se non mi sarei mai interfacciata del tutto con lui me lo sarei ritrovato come un incubo in tutte le vite fino al compimento della mia missione.

Ma qual era la missione?

Eyes | HWANG HYUNJIN Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora