12.

59 6 4
                                    

Arrivammo dinanzi al cancello di casa mia ancora senza dirci una parola e mi rendeva dispiaciuta tutto ciò ma allo stesso tempo non riuscivo a trovare alcun modo per scusarmi o altro, così mi voltai verso di lui e lo guardai senza dire nulla e dopo un po' fece lo stesso.

A quel punto di istinto abbassai lo sguardo, mi sentivo tremendamente in colpa e percepivo un nodo alla gola che mi stava avvisando che di lì a poco sarei scoppiata a piangere ma feci di tutto per trattenere le lacrime e la voce di Chris interruppe il mio silenzio.

« Jieun, guardami. » disse con tono rilassato.

« Non so cosa sia successo, magari me ne parlerai in un altro momento, sei troppo sconvolta, voglio solo che tu stia tranquilla, va bene? Se hai bisogno di me chiamami. Okay? Non credere di essere un fastidio perché non lo sei. » disse e all'udire di quelle parole la mia lotta interiore con le lacrime fallì in un attimo e vinsero loro, cadendo come un castello di carte.

Mi sentivo davvero un peso, un fastidio per chiunque intorno a me, come se quasi non meritassi di respirare al tal punto di volermi soltanto eliminare perché è quello che si fa con i problemi, o si eliminano o si risolvono ma io ero costantemente in bilico e non avevo la forza né per risolvermi, né per distruggermi ed era diventato così frustrante andare avanti senza una meta perché mi sembrava di proseguire soltanto per fare due passi ma la realtà era che io non volevo più fare due passi: io volevo correre spensierata di notte in riva al mare, ridere, urlare, guardare le stelle, rotolarmi nella sabbia ed essere felice senza pensare a niente ma soprattutto non volevo fare tutto questo da sola perché era da così tanto che vivevo in cattività e non sopportavo più nulla perché ero diventata la mia prigione, un ergastolo imposto da me stessa e dal quale non sapevo neanche come assolvermi per uscire a prendermi la libertà, non sapevo neppure cosa rispondere a Chris, non sapevo più nulla, non sapevo che cosa fare e lui rassegnato ruppe ancora una volta il silenzio.

« Vuol dire che ti chiamerò io quando sarò tornato a casa. » disse ancora per insistere ma senza pretendere più alcuna risposta ed io a quel punto feci soltanto un segno di approvazione con la testa, mi sganciai la cintura, lo salutai appena con la mano, chiusi la portiera ed entrai nella mia abitazione più triste che mai.

« Riesco ancora a pensare a camminare però, com'è che non riesco più a parlare? » chiesi a me stessa voltandomi per guardarlo ancora una volta.

L'unica cosa che volevo era soltanto che quella preoccupazione andasse via dal suo viso.
Non volevo che nessuno al mondo si preoccupasse per me o peggio, provasse pena ma allo stesso tempo sapere di essere importante almeno per qualcuno mi dava gioia proprio perché non ero importante neanche per me stessa e nessuno prima mi aveva dato mai attenzioni.

Era come se fossi cresciuta da sola, la mia famiglia non era mai stata così tanto presente nella mia infanzia e nella mia adolescenza e le mie lotte psicologiche ho dovuto sempre risolverle da sola, nessuno mai che mi chiedesse perché fossi costantemente così spenta, nessuno che mi chiedesse mai se avessi bisogno di qualcosa, se mi mancasse qualcosa come se avessero sempre avuto paura della mia risposta che sarebbe stata sicuramente una delusione proprio come me perché infondo mi mancava una parte di me e non sapevo più quanto ancora mi sarebbe restato da vivere continuando a farlo a metà ma ero così stanca che in quel momento cercai di mettere da parte tutto ed entrai, chiudendo tutto come al solito con diecimila catenacci per paura che qualche mostro più mostruoso di me sarebbe potuto entrare per portarmi giù negli inferi insieme a lui.

« Se qualcuno avesse il potere di leggere nei miei pensieri riderebbe di me e delle mie paure, per cui meglio che nessuno riesce a farlo. » pensai, compiendo la solita routine come una macchinetta prima di mettermi a letto e una volta fatto tutto spensi tutte le luci tranne una lampada posta poco più in là del comodino, nascosi la testa sotto alle coperte facendo finta che nulla fosse successo e mi focalizzai sulle famose 13:13 del giorno seguente che quasi avevo perso di vista ma senza successo perché di lì a poco arrivò la videochiamata di Chris.

« Volevo vedere se stessi piangendo o se eri almeno un po' più serena. » disse togliendosi la felpa restando in canottiera appoggiandosi poi sul letto e in quel momento mi cadde letteralmente il telefono sui denti.

« Sto bene. Sto bene. » dissi, riprendendo poi il cellulare tra le mani.

Il fisico di Chris avrebbe potuto fare invidia a qualsiasi altro ragazzo esistente al mondo, inoltre era carino, premuroso ma nonostante i suoi tentativi il mio cuore non batteva neanche alla vista dei suoi addominali anche se potevano scuotermi un pò.

« Ehi, non ci stavo provando, volevo solo essere più comodo prima di mettermi a letto, tutto qui e poi anche se ci conosciamo da poco ti ho preso a cuore come una sorella, non fraintendermi. » mi sorrise.

« Ne sono davvero contenta. » sorrisi anche io.

« E poi.. » disse facendo il misterioso.

« E poi cosa? » chiesi curiosa.

« Posso mica mettermi in mezzo a te e Hyunjin? » scoppiò a ridere ed io divenni completamente rossa e tornai in mutismo selettivo.

« Pensi che non me ne sia accorto? » aggiunse continuando a ridere.

« Ommioddio, è così evidente? » chiesi imbarazzata.

« Jieun, me lo chiedi pure? Se ti guardo nell'occhio sinistro leggo Hwang, se ti guardo nel destro leggo Hyunjin. » continuò a ridere.

« Sei cotta, ammettilo. » terminò.

« Hai finito? » chiesi sbuffando subito dopo.

« Lo prendo come un si, non preoccuparti. Vai a dormire adesso. Ci sentiamo domani se vuoi. »

« A domani. » chiusi la chiamata posando il telefono sotto al cuscino.

« Ma come si permette?! » sbraitai tra me e me, crollando poi in un sonno profondo.

Eyes | HWANG HYUNJIN Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora