Il ritorno a casa

316 14 0
                                    


Lizzie strinse il pugno fino a conficcare le unghia nel palmo e si concentrò come le aveva insegnato Ottavius. Il bicchiere davanti a lei tremò lievemente e l'acqua prese a cristallizzarsi. Un minuto dopo c'era ghiaccio dentro il bicchiere.

Lizzie esultò, saltando sul posto, "Si! Si!"

Era orgogliosa di sè e dei progressi che aveva fatto.

Aveva lavorato tanto a quel semplice trucchetto e non vedeva l'ora di mostrarlo a Ottavius.

Da quando aveva scoperto che il suo potere magico non era del tutto assente erano passati sei mesi, ma in tutto questo tempo quello era il massimo che era riuscita a fare.

L'euforia fuggì via alla stessa velocità con cui era arrivata.

Aveva chiamato Ottavius in preda al panico, nonostante non si sentissero da mesi e gli aveva raccontato che la gerbera che teneva sul davanzale della finestra non faceva che appassire e rifiorire ad una velocità innaturale.

Puoi anche fare finta di niente, ma se scopri che nel mondo esistono certe cose allora niente ha più lo stesso significato ai tuoi occhi. Una cosa che prima l'avrebbe solo inquietata, ora le trasmetteva significati altri. Prima mi sarei limitata a buttare la pianta e a non pensarci più, si disse quel giorno.

Da lì ad un corso ultra accellerato di magia base era stato un attimo.

"Anni e anni di formazione non possono essere condensati in questo modo!" la aveva avvertita Ottavius.

Un evento traumatico poteva essere una delle cause che avevano sbloccato il suo potere latente.

Lizzie sbuffò a quel pensiero, chissà che evento, eh?, si disse caustica.

Adesso erano arrivate di nuovo le vacanze estive e aveva già avvisato i suoi genitori che sarebbe tornata a casa anche quell'anno.

Il pensiero volò inevitabilmente a lui. Lo avrebbe rivisto?

Era passato un intero anno e lei pensava ancora a lui, ma non poteva più dare la colpa al legame dei licantropi.

"Perché non lo chiami?" le aveva chiesto Ottavius durante una delle loro telefonate.

"Quando ho deciso di troncare il nostro legame, l'ho fatto per lasciarlo libero di scegliere una compagna che non fosse legata a lui per magia" rispose Lizzie, stanca di ripetere sempre quella nenia nella sua testa. Era quasi una risposta automatica a tutti i suoi dubbi.

Le ci erano voluti mesi, però, prima di riuscire ad esprimere quel pensiero a voce alta.

"Non voglio vanificare tutto riaprendo vecchie ferite!"

'Perchè allora mi sento così in colpa?' si chiese, con un moto di stizza, la mattina in cui doveva salire sul pullman per tornare a casa. Mi sento come se stessi infrangendo una promessa.

Aveva promesso che si sarebbe scordato di lei, che avrebbe trovato una vera compagna e che sarebbe stato felice.

Eppure eccola lì, che tornava nella sua città natale, in quella casa, in quella stanza, e il suo unico pensiero era Xander.

Si portò una mano al petto e per l'ennesima volta si chiese se la sua idea del tatuaggio con la runa era servito davvero a qualcosa. Doveva parlarne con Ottavius.

Con lui, Lizzie era rimasta in buoni rapporti.

Dopo la disastrosa telefonata nella notte in cui la sua pianta era impazzita, si erano sentiti con regolarità.

Ottavius non mancava ancora di flirtare malizioso con lei, soprattutto quando era di buon umore, ma le aveva mostrato anche un lato dolce e paziente di sé, prestandosi ad insegnarle la magia a distanza.

Alla stazione dei pullman suo padre si fece trovare ad aspettare, serio e altezzoso come sempre.

Abbracciò la figlia e la fece salire in macchina.

A casa, sua madre, invece, la informò su tutti i pettegolezzi che giravano nel vicinato e dei cambi dei residenti. Apprese quindi che non avevano più contatti con gli Astoria senior, ma che il figlio ogni tanto passava a trovarli.

Suo padre grugnì, come accadeva sempre quando Ottavius veniva nominato.

I nostri erroriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora