Il grigio dell'indifferenza

206 11 0
                                    

Lizzie sentì alcune cose, ma non avrebbe saputo dire il perché. Il suono di un gocciolio attirò la sua attenzione vicino all'orecchio destro. Avrebbe voluto aprire gli occhi, ma non si ricordava come si faceva. Non le importava però perché le dita si mossero e lei sentì che le punte erano immerse in qualcosa di bagnato. La sua coscienza, rannicchiata in un angolo del suo cervello trovò quella sensazione molto divertente. Voleva affondare tutta la mano perché quel liquido era caldo e lei sentiva freddo. Non appena ebbe quel pensiero sentì immediatamente che il freddo era insopportabile. Le gambe e le braccia erano quasi congelate, le orecchie e il naso le facevano male. Gli occhi forse non si aprivano perché erano congelati.

Un tonfo la fece sobbalzare e di colpo si rese conto che era circondata dal rumore. Urla, ringhi, suoni sordi e lamenti. Un ululato, un gemito.

Lizzie ebbe paura, non voleva ascoltare!

Basta! Vi prego basta! Ho paura!

Poi tutto tacque.

La coscienza di Lizzie alzò la testa e sembrò sospirare.


"La stanno chiamando di nuovo! Cosa facciamo?"

"Non possiamo fare niente. Non rispondere, gli manderemo un messaggio dopo!"


"Come si sente oggi la signorina Wong?"

"Non si è ancora svegliata, dottore! Ci dobbiamo preoccupare?"

"No, le lesioni era tante e abbiamo usato grosse dosi di morfina. Siamo ancora dentro ai tempi normali. Se non si sveglia in questi giorni, iniziamo a preoccuparci."


"Ho trovato una casa vicino al suo college."

"Perfetto. Grazie, Ottavius."

"Xander, si sta svegliando!"

"Lizzie! Piccola?"


"Le ferite fisiche sono guarite, il problema adesso è neurologico. I test mostrano che l'attività cerebrale è in linea con la fase di guarigione."

"Perché non ha ripreso ancora conoscenza?"

"Non c'è altro che possiamo fare al momento. Bisogna solo aspettare."


Lizzie percepì oltre le palpebre chiuse una luce forte, fastidiosa. Lei stava nuotando nel vuoto ed era felice, ma quella luce la tirava verso l'alto, la costringeva ad uscire dalla sua bolla di felicità.

Qualcosa inoltre le dava particolarmente fastidio all'altezza del naso, che non la faceva respirare.

Voleva raggiungere la sua faccia con le mani e strapparsi tutto, ma la luce gli impediva di aprire gli occhi. Mosse una mano, ma non si ricordava dove era il suo volto.

Una voce la chiamò vicino a lei, "Lizzie!"

Qualcuno le prese la mano e lei non riuscì a muoverla ulteriormente. Voleva solo respirare!

"Xander, ha fastidio agli occhi! Chiudo la tenda!"

La luce finalmente sparì ed Lizzie si rilassò. Adesso sapeva dove erano i suoi occhi, provò ad aprirli e vide un soffitto chiaro, dei tubi, una luce.

La stretta alla mano aumentò leggermente la pressione e lei si voltò verso quella. Un ragazzo molto bello la stava guardando, ansioso. No, erano in due. Dietro il primo, pallido e biondo, un secondo ragazzo la stava guardando. Lizzie accarezzò con gli occhi i loro profili, cercando di ricordarsi i loro nomi. Averli così vicini le dava una sensazione di sollievo, di casa, ma anche tristezza. Perché? Poi un altro pensiero la colse, dove mi trovo? e si guardò attorno.

I nostri erroriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora