9. Canta un po' Albachiara e un po' My Way

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POV: Simone

- "Che vuol dire che è stato divertente? Che è stato un gioco? Un passatempo? Eh?"

- "M'hai rotto er cazzo co' sta' storia! Io nun so frocio come te: me piacciono le donne... Tu, per me, manco esisti!"

Rimango immobile, di fronte a lui, con gli occhi spenti e il cuore infranto. Non esisti per lui, sussurra una vocina nella testa. Non posso metterla a tacere. Non ci riesco. E non ci riesco perché è così fottutamente vero: io non sono niente per Manuel. Mi accorgo di aver trattenuto il respiro per qualche secondo: "Vaffanculo", gli esclamo in faccia, tentando di sputare quanto più odio possibile, e corro via.

Mentre guido la vespa, ho l'irrefrenabile voglia di schiantarmi contro un palo: mi maledico sempre di più. Perché nessuno riesce ad amarmi? Cosa ho fatto per non meritare il bene delle persone? Mia madre è partita per Glasgow; mio padre, dopo avermi abbandonato, ha preferito fare un altro figlio; Manuel mi ha respinto. Perché cerco amore nelle persone che meno mi vogliono stare accanto?

Perché sono così fottutamente sbagliato?

"Non è bello fa' star male la gente", ma da che pulpito. Che egoista del cazzo.

"Io penso che forse era meglio se non succedeva", doveva pensarci prima di fiondarsi sulla mia bocca.

"Quello che c'è stato, è stato divertente, ma finisce lì".

Ogni sua stupida frase del cazzo mi rimbomba nella testa: sono convinto che tra poco esploderà.

Perché non posso ricambiare i sentimenti di chi a me tiene davvero?

Perché sono così fottutamente sbagliato?

Vorrei odiarlo e non posso.

Vorrei dimenticarlo e non ci riesco.

E la cosa peggiore è che, al contrario suo, non riesco a pentirmi di nulla.

Non mi pento del tatuaggio sul braccio, della macchina rubata, di aver preso il suo posto da Sbarra. Non mi pento di essere stato alla sua mercé in queste settimane, in questi giorni e, soprattutto, questa notte. Senza rendermene conto, arrivo in una parte più periferica della città: accosto, lascio il motorino e mi siedo su un muretto lì vicino. Riesco ancora a sentire il sapore della sua bocca sulle mie labbra, la pelle liscia a contatto con le mie dita, la sua barba ispida che pizzicava il mio viso.

Perché ci stai tanto male? Avresti dovuto immaginarlo: tu, per lui, non esisti.

Quelle parole non smettono di affollare la mia mente. Non riesco a trattenermi oltre, non ce la faccio più: le lacrime iniziano a solcarmi il volto. Vorrei urlare. Vorrei prendere a pugni e calci qualcosa per sfogarmi.

Perché sono così fottutamente sbagliato?

All'improvviso, la verità arriva come un pugno nello stomaco: Manuel aveva solo bisogno di una rivincita. Con Chicca era finita, Sbarra gli stava col fiato sul collo e Alice lo aveva appena scaricato: ti ha usato, caro Simone. Era deluso, amareggiato e spaesato: tu o un altro/a non avrebbe fatto differenza. Mentre continuo a singhiozzare, sento un rumore provenire dall'interno della giacca: ho ancora le pasticche che mi ha dato Sbarra. Le prendo, con il cuore in gola e il respiro che si spezza: deglutisco e chiudo gli occhi per un momento.

Forse da morto, qualcuno inizierà ad amarmi.

Lo squillo del cellulare mi distoglie da pensieri amari: è Laura. Rispondo:

- "Ciao Simo, scusa se ti chiamo all'improvviso, ma volevo chiederti un favore".

- "Dimmi", asserisco in tono piatto.

- "Sto organizzando una festa per il mio compleanno: volevo evitare di andare in qualche locale, e stavo pensando di fare qualcosa a casa."

- "Bella idea."

- "Sì, anche a Chicca e a Laura è piaciuta. Il problema è che casa mia non è molto grande, e, inoltre, i miei non sono di turno quella sera, ma io vorrei evitare di avere i grandi tra i piedi."

Come darle torto.

- "Quindi volevo chiederti se, magari, potevamo farla da te."

Rimango un po' spiazzato dalla richiesta: dopo la bravata fatta a scuola, non so quanta libertà potrà concedermi mio padre.

Sospiro. La verità è che non sono in vena per una festa, ma mi si spezza il cuore a deludere Laura: lei è l'unica che mi vuole davvero bene.

- "Ne parlo con mio padre e ti faccio sapere: cercherò di convincerlo."

- "Grazie Simo."

Chiudo la telefonata. Ho ancora in mano la busta con le pasticche. Magari un'altra volta, penso tra me e me. Mi rimetto in sella e mi riavvio verso casa.



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Da questo capitolo in poi, la storia prenderà una piega diversa rispetto alla serie originale.

Spero che vi stia piacendo e appassionando :)

Non c'è un finale. ~ SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora