POV: Manuel
Alle 19:15, fermo la moto davanti casa di Simone, suono il campanello e sento dei passi dall'interno avvicinarsi alla porta. Mi passo una mano tra i capelli cercando di sistemarli per non sembrare il solito scappato di casa: indosso jeans a vita bassa, una maglietta bianca semplice e una felpa grigia come le scarpe. Nel casco ho provato ad infilare la giacca verde militare, a cui sono affezionato da anni.
Appena la porta si apre, rimango a bocca aperta di fronte allo spettacolo che mi si para davanti: la figura alta e slanciata di Simone con addosso un pantalone chiaro e una camicia nera non ancora abbottonata. Indugio per un attimo sul torace muscoloso e ben definito, risalgo con lo sguardo verso i pettorali, fino a ritrovarmi i suoi occhi che mi fissano con sguardo interrogativo e cinico.
Cristo, Manuel, non sei qui per fare una radiografia a Simone.
- "C-Ciao", balbetto.
- "Che ci fai qui?"
Ma che accoglienza calorosa.
- "Sono venuto per parlarti".
- "Non credo che abbiamo qualcos'altro da dirci", asserisce in tono duro mentre si abbottona la camicia partendo dal basso.
- "E perché mi hai aperto allora?"
- "Credevo fosse Laura."
Serro la mascella per quella risposta.
- "E la accogli mezzo nudo pur non essendo più il suo fidanzato?", il tono che uso stupisce persino me.
- "Ma a te che ti frega? E poi non sono mezzo nudo".
Scuoto la testa, non ho tempo da perdere con queste piccolezze: "Devo parlarti Simo, è urgente".
Simone si fa da parte e lascia libero l'ingresso per farmi entrare. La casa è già addobbata con le decorazioni: palloncini di varia grandezza, triangoli policromi legati da un filo e appesi alle pareti e un cartellone con scritto "BUON COMPLEANNO LAURA". Nel salone, intravedo un grande tavolo con il buffet e qualche bibita analcolica: le birre saranno sicuramente state messe in frigo.
- "Sono tutt'orecchi", esclama lui mentre si arrotola le maniche della camicia.
Sugli avambracci scoperti si vedono in bella mostra le nervature delle vene, che continuano anche sul dorso delle mani affusolate: scopro una certa curiosità nell'osservarli.
Faccio un respiro profondo mentre mi volto a guardarlo negli occhi.
- "Senti, mi dispiace per quello che è successo: non avrei dovuto trattarti in quel modo e dirti quelle cose orribili".
- "Questa l'ho già sentita". Il tono sarcastico e pungente che usa è come una lama affilata che affonda inesorabile nelle viscere.
- "Simo', mi dispiace. Sono stato una merda, è vero. Sono qui per cercare di rimediare, di fare pace".
Con una smorfia sul viso e le mani sui fianchi, lui ruota la testa di lato, scuotendola.
- "Non voglio perderti".
La mia voce è un sussurro, ma capisco che mi ha sentito forte e chiaro, da come si gira verso di me al suono di quelle parole. Faccio un altro respiro profondo, cercando, dentro di me, il coraggio di continuare.
"Non voglio che i miei loschi affari incasinino la tua vita e ti mettano in pericolo. E non voglio perderti perché sei diventato una persona importante...per me", faccio fatica a deglutire, ho la gola secca. "Ero pure indeciso se venire stasera: probabilmente, tra gli invitati, saranno pochi quelli disposti a tollerarmi", una piccola risatina per smorzare la tensione. "Però volevo porre rimedio alla situazione che si era creata tra di noi".
Simone rimane a guardarmi, con gli occhi fissi e puntati nei miei. Ad interrompere quel silenzio lungo e atroce ci pensa il campanello: forse Laura è arrivata.
- "Facciamo che ci penso e ti faccio sapere", esclama lui in tono piatto e con un finto sorrisino, mentre va ad aprire la porta. Rimango in piedi, solo e immobile: almeno c'ho provato.
Laura, Luna e Chicca entrano nel salone con un paio di buste tra le mani: faccio un cenno con la testa per salutarle. Chicca nemmeno mi guarda.
- "Meno male che ci sei anche tu, così voi uomini forzuti potete prendere i due pesanti cartoni di spumante che sono in auto", esordisce Luna. Poso il casco e la giacca e mi avvio verso la macchina: le ha accompagnate il padre di Laura che ora sta parlando con Simone. Entrambi, poi, ci congediamo da lui, dopo aver preso le due casse, e ci dirigiamo verso l'ingresso.
Sistemiamo gli ultimi preparativi in attesa degli altri invitati. Chicca evita qualsiasi tipo di avvicinamento nei miei confronti; Luna programma la playlist della serata; Simone e Laura ridono e scherzano in tranquillità. Un senso di nausea mi pervade dalla bocca dello stomaco quando vedo che lui le passa una mano sulla guancia per farle una carezza: se si sono lasciati, perché stanno così appiccicati?
A quanto pare esistono due tipi di ex: io e Chicca, Simone e Laura.
Distolgo lo sguardo dalla coppietta non appena sento dei rumori provenire da fuori: a quanto pare sono arrivati gli invitati.
La festa inizia a scaldarsi velocemente: l'atmosfera è inebriata dalla musica e dalle risate. Io sono seduto da solo su una poltroncina rossa nell'angolo vicino alla finestra e osservo tutta la sala: sono alla quarta birra, e non ho intenzione di fermarmi. Ti ricordi cosa è successo l'ultima volta, quando sei arrivato alla quinta? Una fastidiosissima vocina inizia a martellarmi in testa: butto giù un altro sorso nella speranza di zittirla.
La vescica piena mi impone di dirigermi verso il bagno: quello al piano inferiore è occupato e c'è una fila spaventosa, così decido di salire sopra.
Dopo essere uscito dal bagno, noto che, dalla porta socchiusa della camera di Simone, si intravede una luce fioca: busso e faccio capolino nella stanza con la testa. "Si?" dice la sua voce, mentre, da steso, si rimette seduto sul letto.
- "Scu-scusa" balbetto "Ero salito per usare il bagno: quello di sotto era occupato e io me la stavo facendo addosso".
Simone mi guarda e annuisce, poi distoglie lo sguardo.
- "Tu perché fai l'asociale in camera?"
Alza le spalle: "Avevo bisogno di allontanarmi un attimo dal casino e riprendere fiato".
- "Va bene, allora ti...ti lascio solo", dico mentre inizio a richiudere la porta.
- "Sì, ci vediamo giù".
Esco e mi appoggio con la schiena al muro accanto alla camera: sento quella lama continuare ad affondare nella carne, accentuata dalla sua totale indifferenza nei miei riguardi.
Scendo al piano di sotto, sempre più deciso a portare avanti il mio proposito: continuare a bere. Riesco ad intercettare Chicca appena valico l'ultimo gradino: credo di dovere delle scuse anche a lei.
- "Chicca, possiamo parlare un attimo?"
Mi guarda con occhi spenti: ha bevuto parecchio anche lei. Mi sorride e, con le braccia spalancate, si fionda verso di me, dandomi un bacio sulle labbra.
La allontano quasi immediatamente, afferrandola per le braccia: "Chicca, smettila, vorrei parlarti", dico gridando per sovrastare la musica. Lei mette il broncio: "Ora non mi va, ci vediamo", conclude ridendo e voltandomi le spalle per raggiungere Laura.
La festa continua per un altro paio d'ore: dopo la breve chiacchierata con Simone e l'imbarazzante situazione con Chicca, decido di svagarmi, entrando in "pista" e iniziando a ballare con i miei compagni. Devo ancora spiegarmi perché ho sentito i battiti del cuore accelerare, più durante il momento con Simone che durante il bacio di Chicca. Mi disperdo nella folla, continuando a buttare giù sorsi di birra e spumante: devo spegnere il cervello.
Verso l'una, gli invitati iniziano ad andarsene: io, sempre più schiavo dell'alcol, rimango fino a quando non restiamo solo io e Simone in casa.
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Non c'è un finale. ~ Simuel
RomanceAVVERTENZE: questa storia è il prequel di "Non siamo su binari diversi: tu sei il mio binario ~ Simuel" Storia su Simone e Manuel, ambientata durante e dopo la prima stagione di "Un professore" (prima di leggerla, è meglio vedere tutte le puntate...