POV: Simone
Lunedì mattina la pioggia batte forte sulla finestra della mia camera, lottando nella speranza di entrare: il ticchettio incessante e accelerato delle gocce sembra andare a ritmo col mio cuore. L'orologio digitale sul comodino segna le ore 6:45: stacco la sveglia ancora prima che suoni. Deglutisco a fatica, mentre cerco di mandare giù, per l'ennesima volta, quel groppo alla gola che non mi ha mai abbandonato: ricaccio indietro le lacrime, deciso a non cedere di nuovo. Non ho chiuso occhio tutta la notte: la mia mente è stata affollata dalla visione di Manuel che continuava a sussurrarmi "Ti voglio", per poi essere spazzata via da tre misere parole scritte per messaggio.
"Non mi cercare."
Ho rispettato la sua richiesta: non ho provato a richiamarlo, non gli ho scritto dei messaggi, non ho dato il benché minimo cenno. Ora, però, ho solo una gran voglia di prendere il cellulare e tempestarlo di telefonate. Il nodo alla gola sembra farsi sempre più grande e ingombrante: ho l'irrefrenabile desiderio di prendere a pugni qualcosa e urlare a squarciagola. Lancio un'occhiata all'armadio: lì dentro, in una scatola, ho nascosto le pasticche di Sbarra.
Toc-Toc.
- "Simone, svegliati, devi andare a scuola", esclama a voce alta mio padre, passando di sfuggita davanti alla porta della stanza e distogliendomi dai miei pensieri. Mi alzo svogliatamente dal letto e, come uno zombie, mi preparo per uscire: spesso mi cade l'occhio sull'armadio.
Alla fine, cedo: lo apro, prendo la scatola e ripesco la busta con le pasticche.
Le guardo come quel giorno sulla panchina: sembra passato un secolo, eppure la tentazione di mandarle giù è sempre quella.
No.
Non oggi.
Mi fiondo sotto la doccia: l'acqua calda mi fa rilassare i muscoli.
Una volta uscito, indosso dei jeans chiari, una camicia bianca come le scarpe e un maglione bordeaux: prendo lo zaino e, mentre sto per rimettere le pasticche nella scatola, sento mio padre aprire la porta. Il panico mi fa agire d'istinto: le ficco nello zaino prima che lui possa accorgersi di qualcosa.
- "Pronto?", mi chiede appena fa capolino con la testa in camera.
Lo guardo e annuisco: poi chiudo l'armadio ed esco. Infilo nell'orecchio una cuffietta collegata al telefono per ascoltare un po' di musica, mentre metto in moto lo scooter e mi avvio verso scuola.
When life leaves you high and dry,
I'll be at your door tonight,
If you need help, if you need help.
I'll shut down the city lights,
I'll lie, cheat, I'll beg and bribe,
To make you well, to make you well.When enemies are at your door,
I'll carry you way from war,
If you need help, if you need help.
Your hope dangling by a string,
I'll share in your suffering,
To make you well, to make you well.Give me reasons to believe,
That you would do the same for me..
Raggiungo la scuola col cuore in gola: devo cercare di arrivare prima dell'inizio delle lezioni per intercettare Manuel e parlare con lui.
E se non volesse? Chiede quella stupida e fastidiosissima vocina.
Non mi importa: non le darò retta stavolta.
Serro la mascella e deglutisco: sono pronto ad entrare.
Pochi sono i passi che mi separano dall'aula: ancora qualche metro e mi ritroverò faccia a faccia con chi non ha mai smesso di invadere i miei pensieri nelle ultime trentasei ore.
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Non c'è un finale. ~ Simuel
RomanceAVVERTENZE: questa storia è il prequel di "Non siamo su binari diversi: tu sei il mio binario ~ Simuel" Storia su Simone e Manuel, ambientata durante e dopo la prima stagione di "Un professore" (prima di leggerla, è meglio vedere tutte le puntate...