11.10 Questione di campi magnetici
Draco era teso come una corda di violino. Non prestò la benché minima attenzione alle lezioni di quella mattinata, sforzandosi solo di non dare di matto – non riusciva a non pensare al caos che era la sua esistenza in quel momento, e si perdeva continuamente in congetture.
"Cosa vorrà lei, adesso?" Si chiedeva riferendosi alla madre, "L'articolo l'avrà sicuramente indispettita. Ma che posso farci io?" Teneva lo sguardo basso, distratto. "Si vorrà sfogare su di me", involontariamente, si portò una mano sull'avambraccio macchiato dal Marchio. "Mi urlerà contro per un po', e via". Sperava in una conversazione breve.
A pranzo sbocconcellò appena qualcosa, silenzioso.
« Per l'ultima volta » gli disse Zabini, serio « vuoi parlarmi di quello che non va? »
Il biondo lo fulminò, ghignando. « No » rispose seccamente, senza nemmeno pensarci su.
L'altro sfregò simbolicamente le mani una contro l'altra, borbottando: « Perfetto, io me ne lavo le mani. Che non si dica che non ho fatto la mia parte ». Si era accorto che la misteriosa missiva di quella mattina aveva turbato Malfoy, e più volte gli aveva proposto di discuterne, ma l'altro non gli aveva mai dato corda. "Si arrangerà, affari suoi", pensò, prendendo ad ignorarlo.
Draco, tornato in fretta ai propri ragionamenti, fissò lo sguardo sul cibo che aveva davanti. Sapeva che presto si sarebbe pentito di non aver mangiato quasi nulla, ma non si sforzò comunque di riempirsi la pancia: aveva lo stomaco chiuso, non sarebbe riuscito a buttar giù nemmeno una briciola.
La fame sopraggiunse durante le lezioni pomeridiane, precisamente durante l'ora di Pozioni, che era anche l'ultima. Tra l'appetito e i pensieri assillanti, finì col combinare un disastro con il distillato che doveva preparare – mai in vita sua aveva creato una tale spazzatura.
Non voleva che il professore vedesse quello schifo. "Mi rifiuto di cadere tanto in basso", si disse, sospirando. « Scusi », fece quindi, richiamando l'attenzione di Lumacorno. « Non mi sento bene. Posso andare in infermeria? »
L'insegnante lo squadrò per un momento: in effetti, aveva una pessima cera. « Certo », replicò, « va' pure ».
Ottenuto il permesso, il biondo levò le tende il prima possibile; alzandosi, ebbe un lieve capogiro: forse andare in infermeria non era una così pessima idea, dopo tutto.
Madama Chips gli fece un rapido controllo dopo averlo fatto sedere su un letto.
« È tutto a posto », affermò una volta che ebbe finito, « non sei malato ». Eppure, se ne rendeva perfettamente conto, il ragazzo aveva una faccia che di certo non lo faceva sembrare sano. « Penso che tu abbia solo bisogno di dormire un po' », proseguì.
Il biondo sospirò e abbassò lo sguardo, stanco.
« Hai detto di aver avuto giramenti di testa, giusto? »
Tornò a fissare la donna. « Sì », confermò poi, asciutto.
Lei annuì, « Aspetta qui ». Si allontanò per un po' e, quando tornò dal Serpeverde, aveva in mano un bicchiere: « Bevi questo », e glielo porse.
Draco guardò dentro al bicchiere: c'era un liquido trasparente che sembrava essere innocuo, ma nonostante ciò si aspettava che si trattasse di qualcosa di incredibilmente schifoso. Si fece forza, dicendosi che, magari, poteva aiutarlo con il riposo e con lo stress.
Inaspettatamente, si sentì scendere in gola qualcosa di dolce. Gli piacque.
« È solo acqua zuccherata », spiegò Madama Chips vedendolo tanto stranito. « Se hai bisogno di energie, potrà aiutarti un po' ».
Sentirono la porta dell'infermeria aprirsi, ed entrambi si girarono per vedere chi stesse entrando. Si rivelò essere la preside McGranitt che, tutta seria in volto, proferì: « Signor Malfoy » arricciò le labbra, facendo una breve pausa « c'è una visita per lei ». Aveva dovuto rimbalzare un po' per trovarlo: era stato il professor Lumacorno a metterla al corrente del fatto che il ragazzo si trovava lì.
« Hm », mugolò piano Draco.
« Si tratta di sua madre », spiegò la donna. « Se la sente di seguirmi? » Domandò, non avendo idea di quali fossero le condizioni di salute dello studente.
Quello si rimise in piedi e « Certo », affermò. Si voltò brevemente verso Madama Chips, poi si avvicinò all'insegnante e la precedette nell'uscire dall'infermeria.
"Certo che è venuta presto mia madre", pensò mentre camminava nei corridoi seguendo la McGranitt. "Aveva detto il prima possibile, in effetti". Fatto stava che non si aspettava una tale celerità – aveva immaginato che si sarebbero visti l'indomani, o il giorno dopo ancora. "Tanto meglio", si disse, "chiuderemo la questione più in fretta".
La preside lo scortò al proprio ufficio. Entrò prima di lui, dopodiché gli fece cenno di venire avanti. Poi si voltò, dicendo: « Scusi l'attesa ». Stava parlando con Narcissa.
Questa, seduta su una sedia davanti alla scrivania della preside, aveva un'aria impassibile. « Si figuri », borbottò. Non appena vide il proprio figlio, alzò leggermente il capo, come a salutarlo.
« Vi lascio soli », comunicò la McGranitt – in precedenza, le era stato chiesto di farlo.
« La ringrazio », replicò tranquilla la signora Malfoy, « non occuperemo il suo ufficio a lungo ».
L'altra uscì in silenzio.
Non appena la porta si chiuse dietro alle spalle dell'insegnante, Draco deglutì. « Ciao », si azzardò a mormorare, facendo qualche passo verso la madre. « Non credevo che saresti venuta tanto presto ».
Lei si alzò in piedi, seria. « L'argomento che dobbiamo trattare è molto importante », asserì priva di emozione, « perciò la nostra discussione ha priorità su tutto il resto ».
« Capisco », bisbigliò il ragazzo; dopodiché sigillò le labbra, attendendo che lei dicesse ciò che aveva da dire.
« Quell'articolo », attaccò Narcissa, introducendo l'argomento. « L'ho letto, e non mi è piaciuto ».
« Madre, io― »
« Prima di tutto, Draco » lo interruppe alzando la voce, « voglio che tu giuri su ciò che hai di più caro che sono tutte fandonie ».
Quella richiesta lo stupì: c'era veramente bisogno di giurarla, una cosa del genere? Non era ovvia? « Lo giuro », disse per accontentarla. « Non c'è nulla di vero in quell'articolo ».
La donna si lasciò sfuggire un lieve sospiro di sollievo. « Bene », soffiò. « Sapevo di non aver cresciuto un figlio » esitò « così » – non le riuscì proprio di dire la parola gay – « ma avevo bisogno che tu me lo assicurassi ».
Draco si morse una guancia, un po' arrabbiato. « Beh, te l'assicuro », borbottò con tono quasi irriverente; il modo in cui sua madre si era posta l'aveva turbato.
« Perfetto » replicò, per poi scoccargli uno sguardo di rimprovero per rimetterlo in riga. « Sarebbe stato un problema, altrimenti ».
« Cosa? » Non riuscì a trattenersi dal domandarlo.
Narcissa lo guardò come a dire: ma come, non hai capito? « Avere quelle propensioni, figlio mio. Per gli uomini ». Fece una pausa, squadrandolo. « La cosa ti avrebbe fatto soffrire molto » – verso la fine di quella frase, la voce le si affievolì. « Comunque » riprese, passando oltre « sono qui anche per informarti di altro. Quell'articolo ha fatto parlare molto di sé, Draco. Le famiglie di Purosangue si sono indispettite; qualcuno mi ha anche inviato delle lettere chiedendo spiegazioni. La tua reputazione si sta infangando, e questo non è positivo: ne va del tuo futuro matrimonio ».
Lui la lasciò parlare senza emettere fiato, sempre più indisposto.
« Ho intenzione di trattare con la stampa per un articolo di smentita », gli comunicò la madre, come nulla fosse.
Al che il ragazzo corrucciò la fronte e ghignò, borbottando poi: « No ».
Lo fissò con aria interrogativa, stupita. « No? » Ripeté, « Come sarebbe a dire no? »
« Non ce n'è bisogno », spiegò Draco. Prima che lei potesse farsi idee strane, continuò: « Corrompere la stampa » perché di quello si trattava, alla fine « non costa poco. E, madre― non ce n'è bisogno », ribadì semplicemente.
Non che lui si fosse mai fatto tanti problemi riguardo le spese e il denaro, in realtà; dopo la guerra, però, con tutti quei processi e le confische e ciò che c'era andato dietro, la fortuna di famiglia era stata dilapidata. Non che si fossero ridotti in povertà, ma se si cresce abituati a navigare in un mare d'oro e improvvisamente ci si ritrova a sguazzare in una pozzanghera, la differenza di sente. Si sente molto.
Proprio per questo motivo, Narcissa non lo contraddisse – non subito, almeno. « Capisco quello che vuoi dire », fece, « ma non posso non farlo. Se c'è da pagare, pagheremo: con tuo padre in carcere, è mio dovere preparare il tuo futuro. Ho delle trattative aperte con i Greengrass, non possiamo rischiare di mandare tutto a monte ».
Una volta che ebbe ascoltato anche quell'ultima cosa, a Draco parve tutto chiaro. Era così semplice, così lineare; come aveva fatto a non capire prima il motivo della visita della madre? "Voleva solo che le dicessi brava, stai facendo la cosa giusta. Ha bisogno di conforto, lei". Abbassò lo sguardo, irritato, poi decise che avrebbe detto ciò che lei voleva sentirsi dire, tanto per chiuderla lì e non doverle più parlare. « In tal caso » buttò lì, inespressivo « fai ciò che ritieni più giusto, madre ».
Narcissa annuì blandamente. « Mi fa piacere che tu capisca ».
Si lasciarono poco dopo, salutandosi con un solo cenno del capo.
Non appena fu libero di andarsene dall'ufficio della preside, Draco prese a marciare nei corridoi, i pugni stretti e la mascella serrata.
Era arrabbiato.
"Il matrimonio", continuava a ripetersi, "tutto ruota attorno al fottuto matrimonio".
Sin dal primo momento in cui suo padre aveva smesso di ricoprire la carica di uomo di famiglia, sua madre si era data da fare notte e giorno per organizzare la sua vita. Il matrimonio, beh, quello era il primo pensiero che le era venuto, e aveva iniziato a fare una cernita di candidate spose, rivangando quelle che lei e Lucius avevano già considerato in passato. C'era un problema, però: dopo il conflitto, molte famiglie avevano dichiarato di voler tagliare i ponti con i Malfoy – di punto in bianco, insomma, nessuna voleva più pigliarsi il povero Draco. Ma Narcissa non si era fatta spaventare da una tale piccolezza: aveva iniziato a lavorarsi i Greengrass, puntando alla loro figlia minore. Avrebbe fatto di tutto per mandare in porto quel matrimonio, e questo Draco lo sapeva bene.
E proprio perché lo sapeva bene era certo che, se quel giorno la madre si era presentata ad Hogwarts, era solo perché il suo progetto – per chiamarlo così – era stato messo a rischio. Non le importava dei fondi di famiglia che dovevano essere centellinati, della reputazione del figlio né tantomeno delle sue inclinazioni sessuali. Voleva solo che quel cavolo di matrimonio si facesse. E che le venisse detto che stava facendo un buon lavoro, anche.
"Potrei anche prenderlo in culo dalla mattina alla sera, che a te non importerebbe niente. Vero?" Pensava, rivolgendosi immaginariamente a sua madre. "Ovviamente no. Finché mi sposo, va tutto bene". Ringhiò sommessamente, tanto distratto da non prestare nemmeno attenzione alla propria direzione. "Per questo dici che soffrirei se fossi gay, perché mi faresti sposare con quella là ugualmente. Che poi, sai dire gay?" Aveva notato che si era impappinata di fronte a quella parola. "Frocio? Finocchio? Omosessuale? Ti fa paura anche solo sentirlo dire, uh?" Si morse forte un labbro, "Vuoi mai che sentano anche i Greengrass, che si tirino indietro. Per carità".
Si sentì abbandonato: a nessuno importava di lui.
Capì che stava cedendo, che stava per sfociare nell'autocommiserazione, e finì paradossalmente con l'incazzarsi ancor di più.
"Dov'è Potter?" Fu tutto ciò che si ritrovò a pensare. Sì, aveva bisogno di lui, dello Sfregiato. A se stesso lo ammise: "Mi serve adesso", si disse, accecato dall'ira – doveva sfogarsi, colpirlo in pieno volto, dirgli che lo odiava. Sfruttarlo come punch ball, insomma.
Praticamente finiva sempre così, quando si arrabbiava: andava a cercarlo, lo stuzzicava, scaricava lo stress e poi tornava tutto a posto. Si trattava di un procedimento da seguire con cautela, che aveva addirittura le sue regole – prima fra tutte, doveva essere lui, l'altro. Ci aveva provato una volta o due a cambiare obiettivo, ma non c'era stato niente da fare, se non era coinvolto Potter la rabbia rimaneva.
Ancor prima di rendersene conto, Draco diresse i propri passi verso il campo di Quiddich: sapeva che per quel giorno era programmata una partita amichevole tra Grifondoro e Corvonero, e sicuramente lo Sfregiato si trovava lì.
Non vedeva l'ora di arrivare: era attratto da lui, dallo sfogo che la sua figura rappresentava; un po' come due calamite che, soddisfatte alcune condizioni – presenza di ira, nel loro caso –, si attiravano fino a collidere.
Tra loro c'era un campo magnetico, ecco – un campo indissolubile.
* * *
Harry, sovraccarico e con la testa tra le nuvole, in quella partita stava giocando da schifo. Neanche ci provava a fare di meglio, dicendosi che tanto non era importante, visto che si trattava solo di un'amichevole contro Corvonero.
Nella sua mente c'era solo Ginny, e l'odio che provava per lei. Dopo che si erano scambiati quelle poche parole a pranzo, l'aveva evitata per tutto il pomeriggio – per quanto possibile, s'intende –, ma questo non aveva impedito al suo cervello di continuare a concentrarsi solo su quella dannata ragazza che, con leggerezza, gli aveva piantato un pugnale nella schiena.
Hermione e Ron l'avevano tempestato di domande, cercando di farlo cedere e di fargli raccontare ciò che la rossa gli aveva confessato; lui però, convinto di non doversi abbassare al livello di quella bugiarda, aveva tenuto duro e non si era lasciato sfuggire neanche una sola parola.
"Perché non mi ha detto subito di aver scritto quel racconto?" Si domandò per quella che doveva essere la millesima volta. "Mi sarei arrabbiato lo stesso, però―"
Ma ecco che gli parve di vedere, in lontananza, il boccino d'oro. D'istinto, si gettò in quella direzione, lasciando in sospeso i pensieri – doveva almeno correre un po' dietro alla pallina, se voleva salvare la faccia davanti ai compagni di squadra.
Fu proprio volando svogliatamente da una parte e dall'altra che, per puro caso, lo vide: lui, Malfoy, sugli spalti. A fare il tifo non c'erano molte persone, e il biondo era distante da ognuna di loro, in una zona isolata; se ne stava lì, immobile, a fissarlo. Sì, a fissare proprio Harry, con le braccia incociate e quel suo ghigno scocciato stampato sulla faccia.
Il Grifondoro quell'espressione non poté vederla chiaramente a causa dalla distanza, ma se la immaginò, e lo fece talmente bene che gli parve di avere l'altro davanti.
"Che cavolo avrà da guardare?" Si chiese, scocciato.
Tempo dieci secondi e voilà, come per magia Ginny non era più il principale dei suoi problemi: slittò al secondo posto, cedendo la medaglia d'oro alla questione dell'ommerlino l'ho baciato – perché fu proprio questo che pensò: "Oh Merlino, l'ho baciato".
Non l'aveva ancora raccontato a nessuno. "Forse", si disse, "forse dovrei farlo. Dopo la partita, subito. Tanto per liberarsi di un peso". Anche se, in realtà, non era del tutto certo che confidare a qualcuno l'accaduto potesse essere considerata una vera e propria liberazione; era più un legarsi ad un'altra catena, perché significava avere una persona in più alla quale rendere conto, a cui spiegare, di cui fidarsi. E non aveva una gran voglia di fidarsi, quel giorno.
La partita la vinse Grifondoro, ma il merito non fu di Harry, quanto invece degli altri componenti della squadra.
Malfoy scomparve dagli spalti non appena fu dichiarata la vittoria: il moro per qualche secondo lo guardò andar via, domandandosi ancora cosa gli stesse passando per la testa.
Inutile dire che, quando lo intravide nuovamente nei pressi degli spogliatoi, s'insospettì. "Che fa, mi pedina?" Pensò, mentre il Serpeverde, dopo aver guardato verso di lui per un po', svaniva dietro l'angolo.
« Che ti prende, Harry? » Gli domandò Ron, vedendolo incantato.
« Uh », mugolò tornando alla realtà, « come dici? »
Inarcò un sopracciglio, « È tutto a posto? »
"No, affatto", pensò il moro, che però non aveva voglia di rispondere a voce alta, temendo che l'altro gli ponesse ancora domande sulla questione del litigio con Ginny. « Hm », mugugnò quindi per glissare la domanda. « È che devo― devo fare una cosa », improvvisò, « torno subito ». E si diresse istintivamente dalla parte dove aveva visto sparire Malfoy, mentre alle sue spalle l'amico lo chiamava chiedendogli spiegazioni. « Non preoccuparti, farò in fretta », borbottò per metterlo a tacere.
Non appena girò l'angolo, se lo trovò inspiegabilmente davanti – Draco, s'intende: era appostato pochi metri oltre la svolta del corridoio, con le braccia incrociate come prima sugli spalti. Sembrava quasi che stesse aspettando.
Il biondo ghignò. « Mi domandavo quanto ci avresti messo », bisbigliò tra sé e sé, tutto soddisfatto.
« Cosa stai cercando di fare, Malfoy? » L'apostrofò subito l'altro; il solo vederlo l'aveva indisposto.
Lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi. « Niente di che », replicò con stizza, pronto a liberare l'odio che aveva lasciato macerare fino a quel momento. « Aspettavo te ».
« Me? »
« Sì ».
« E cosa vuoi da me? »
« Il solito ».
Al che, Harry si mise sulla difensiva, non capendo: il Furetto se ne stava lì, con quell'aria strafottente, quel ghignetto sulle labbra― le labbra. Quelle che aveva accidentalmente toccato in quel mezzo bacio, il quale faceva parte di quello stesso genere di baci che Ginny s'era immaginata. Rabbrividì, stringendo i pugni.
Dal canto suo, Draco aveva ragioni altrettanto buone per tremare di rabbia e ribrezzo: era appena sopravvissuto ad una conversazione nella quale aveva giurato alla madre di non essere assolutamente gay, ed aveva davanti il ragazzo scapigliato da sempre protagonista delle sue fantasie erotiche – anche se proprio erotiche non erano –; lo stesso ragazzo dal quale non poteva fare a meno di correre in casi di emergenza come quello, per altro.
Si ringhiarono contro a vicenda riflettendo l'uno sull'altro i propri problemi, e in men che non si dica si ritrovarono a picchiarsi. Il Serpeverde era stato preso alla sprovvista, ma per contro il Grifondoro aveva a suo carico anche gli acciacchi derivati dalla precedente rissa, perciò partirono più o meno in parità.
"Stupida madre", si disse il biondo ad un tratto, vedendosi scagliare contro la parete; contrattaccò sulle note del pensiero: "Sparisci e portati dietro il tuo cazzo di matrimonio!"
"Con lui, Ginny, sul serio?" Pensava nel frattempo Harry. "Come hai potuto farmi una cosa del genere?" Sospirò, già affaticato: era anche reduce dalla partita, infondo. "Doveva piacerti veramente tanto l'idea di me e questo imbecille impomatato che ce la spassiamo!" Era veramente schifato dal comportamento della ragazza. "E pensare che te ne ho perdonate così tante...!"
Alla fine, Draco riuscì a prevalere sull'altro. Lo bloccò vicino al muro e prese a colpirlo mentre lui, stanco, pensava solo a difendersi; almeno fino a quando non si ribellò afferrando per un braccio il Serpeverde. Questo fu costretto a usare la mano libera per impedire al nemico la fuga: la puntò contro la parete sbarrandogli la strada e, non avendo altro a disposizione, cercò di colpirlo con una testata. Non andò a segnò, però, perché il moro era abilmente riuscito a passargli un braccio dietro al collo e, proprio mentre lui si era fatto avanti col capo, aveva preso a tirargli i capelli – quei biondissimi capelli pieni di gel.
Si trovarono in una situazione di stallo, dunque: ognuno era bloccato per bloccare l'altro. In più erano maledettamente vicini, troppo vicini – tanto che entrambi si ricordarono con dolore della sottospecie di sbaciucchiamento della volta precedente.
"Sarebbe divertente raccontarlo a Ginny", si disse Harry: "potrei darle nuova ispirazione, visto che il tema la stimola tanto!"
Negli stessi istanti, Draco pensava: "Se solo tu sapessi, madre. Come reagiresti? Oh, io non ho cresciuto un figlio così, con queste propensioni!, questo diresti? Ma fottiti".
La situazione decadde in un istante: bastò che si avvicinassero di un millimetro, e successe.
Si baciarono di nuovo, ma quella volta fu per davvero, e lo fecero con rabbia. In pratica si assaltarono a vicenda, si morsero le labbra, si infilarono prepotentemente la lingua in bocca. Così, senza farsi troppe domande – erano infatti distratti da pensieri d'odio.
"Il tuo spettacolo preferito, Ginny. Non hai comprato il biglietto?" Si diceva uno.
E l'altro: "Morgana, qualcuno faccia una foto e la spedisca ai Greengrass".
» ...ANGOLO NON AUTRICE.
Ragazze, ho riottenuto il mio account. FINALMENTE. Ci sono alcune persone che ancora mi chiedono di continuare a trasporla. Ed eccovi accontentate. Draco ed Harry sono estremamente confusi sull'accaduto ma non ci mettono tanto a ricominciare a provocarsi. Chissà come evolverà la situazione. Io lo so... ma non vi anticipo niente 😏Un bacione e al prossimo capitolo 😘
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DRARRY//Le serpi non miagolano
Fiksi PenggemarGuerra finita, normalità da ristorare. Cosa accadrebbe se, in un momento tanto delicato, l'equilibrio di Hogwarts venisse fatto vacillare... dalla letteratura? Dal prologo: "[...] non poteva fare a meno di pensare che quelli suoi e di Malfoy non era...