Lavinia

2. Eva

Lavinia chiuse la porta e tornò in camera sua. Si sedette sul letto e posò una mano dove era stata seduta Eva poco prima. Si sentiva esultante e stordita. Era riuscita a portare Eva a casa sua, non le sembrava vero.
L'ubriacatura di entusiasmo però passò, lasciando spazio al timore di aver esagerato. Eva le piaceva, sapeva solo questo. Ma che cosa avrebbe voluto fare? Non lo capiva bene, voleva solo starle vicino. Ma Eva sembrava distaccata e distante. Avrà pensato che Lavinia fosse lesbica? Si sarà spaventata?
Lei sapeva di non esserlo, ma c'era qualcosa in Eva, era come un'ostrica ostinata a non aprirsi e Lavinia voleva rivelare quel mistero. Sapeva che non le piacevano le ragazze, e sapeva che non le era mai piaciuta un'altra ragazza, fin'ora.
E allora cosa stava accadendo con Eva?
Era che Eva sembrava non avere nessuno. Tutto in lei comunicava distacco e durezza, come se non le importasse niente di quello che pensavano gli altri. E questa irraggiungibilità era come un tarlo per Lavinia, decisa a vedere qualcosa di più di Eva che gli altri non avrebbero potuto vedere. Voleva essere lei quella a cui Eva si sarebbe dischiusa. Lavinia era più istintiva che introspettiva, e però dopo i momenti di quel pomeriggio non poteva fare a meno di chiedersi che cosa sarebbe successo se Eva non fosse scappata via.
La avrebbe baciata? Che cosa voleva da lei?
Sollevò lo sguardo e vide che nella concitazione del momento entrambe si erano dimenticate della felpa che era rimasta lì, appoggiata sullo schienale della sedia. Lavinia si alzò per andare a prenderla. Poi, tenendola in mano, scostò il piumone del letto e si mise sotto le coperte con la felpa accanto a sé. La casa era silenziosa. Lavinia affondò il viso nella felpa e respirò. L'odore di Eva le attraversò il corpo con un brivido. Stava bene, si sentiva felice... E con la felpa stretta a sé si addormentò.