Eva guardò il cellulare: erano le 7:43.
I cancelli della scuola aprivano alle 8. Davanti c'era già una piccola folla che andava ingrossandosi man mano.
Guardava l'ingresso della scuola dalla parte opposta dell'incrocio. Era scesa una fermata prima, e si stava incamminando a piedi verso un parchetto poco distante.
Una volta arrivata, si accasciò mollemente su una panchina mezzo marcita, con quasi tutta la vernice verde scrostata, e si accese una sigaretta.
Esalando il fumo, si sentì respirare per la prima volta quella mattina.
La morsa che le cingeva lo stomaco si allentò, e uno stordimento misto a nausea cominciò a salirle su, più piacevole comunque dell'angoscioso disagio che provava fino a poco prima.
Il parchetto per fortuna - e come sempre - era deserto, tenuto all'ombra dallo spesso fogliame degli alberi i cui rami si incastravano in alto sopra la testa di Eva, che la lasciò cadere all'indietro oltre lo schienale della panchina, nel tentativo di rilassarsi.
Spense il mozzicone e lo buttò via nel cestino di metallo tinto di verde scuro che le stava vicino; fece una smorfia: era pronta, la sua metamorfosi era compiuta, la sua corazza circondava ogni millimetro del suo corpo; senza saperlo sperava
che non le fosse rimasto qualche punto scoperto.***
Erano le 8:05, Eva si era un poco attardata, ma non importava. I cancelli restavano aperti fino alle 8:10, non era ancora in ritardo.
Entrò in classe e si sedette nel suo banco contro il muro; come spesso accadeva stava seduta da sola, non c'era quasi mai nessuno seduto vicino a lei.
La prima ora era di matematica, materia a cui a stento sopravviveva, e di cui comunque non le importava niente. Dopodiché, ci sarebbero state due ore di educazione fisica.
A Eva piaceva, di solito. O meglio, dipendeva da cosa si faceva. I professori e le professoresse di educazione fisica si susseguivano in quel periodo, cambiando spesso. Avevano tutte supplenze poiché doveva essere successo qualcosa al professore che avrebbe dovuto essere di ruolo.
La campanella suonò, e i ragazzi e le ragazze si alzarono, trascinando le sedie rumorosamente.
Come ciascuno, anche Eva raccattò il suo cambio per educazione fisica dallo zainetto - nel suo caso un fagotto nero con dentro le scarpe e dei vecchi pantaloni di una tuta e una t-shirt - e si accodò agli altri compagni che scendevano le scale dirigendosi verso la palestra.
Arrivati tutti davanti alla palestra al pian terreno, si trovarono di fronte ad un cartello che ne dichiarava la momentanea inagibilità.
Arrivò una professoressa mai vista prima, che radunò i ragazzi e lì portò fuori, nel palazzetto esterno che era stato costruito da poco, dove c'era la seconda palestra dell'istituto.
Eva andò dietro agli altri trascinando i piedi, poi entrò assieme alle altre nello spogliatoio.
Il suo sguardo scorse veloce le ragazze già presenti e, quando vide che fra quelle ragazze c'era anche Lavinia, si pietrificò per qualche secondo.
Lavinia stava ridendo con una compagna, e anche lei, sentendo le ragazze dell'altra classe entrare, girò gli occhi verso di loro, e quando vide che c'era Eva, rigirò velocemente gli occhi verso la sua amica, continuando a ridere con lei.
Eva cominciò a sudare. Non amava cambiarsi assieme alle altre. Aveva una peluria leggermente più folta del normale, e spesso si impigriva e non aveva voglia di depilarsi. Spesso sentiva di avere a malapena le energie per trascinarsi a scuola ogni giorno e studiare quel po' che aveva da studiare; togliersi i peli non rientrava nelle attività concesse dalla sua risicata riserva di energie.
Così, spesso, faceva su la sua roba e andava a cambiarsi in uno dei bagni. Anche questa volta andò così.
Quando uscì fuori, la maggior parte delle ragazze era ancora lì; Eva si sedette su una delle panchine per mettersi le scarpe da ginnastica.
Quel giorno Lavinia indossava una grande maglietta a mezze maniche tutta bianca, e un paio di leggins corti che le arrivavano appena sotto al ginocchio, e poi delle scarpe da ginnastica bianche, nere e grigie.
Era strano vedere Lavinia senza la sua consueta palette di colori. Persino per Eva, che solitamente non faceva tanto caso a queste cose.
Comunque, quando tutte furono pronte, lo spogliatoio velocemente si svuotò, e tutte si riversarono ai bordi del campo della palestra, raggiungendo i ragazzi che erano già lì da un bel po', e giocavano tra di loro con dei palloni.
«Silenzio ragazzi! Facciamo l'appello».
Così esordì la professoressa della classe di Lavinia. E poi fu la volta dell'appello della classe di Eva.
«Visto che l'altra palestra è momentaneamente inagibile, per oggi le due classi si alleneranno insieme».
Disse ancora la professoressa.
E cominciarono con un po' di stretching sul pavimento polveroso e puzzolente della palestra.
«E adesso mettetevi a coppie!»
Oof. Eva sbuffò. Malsopportava quel momento. Osservava le coppie formarsi mentre lei restava lì, con la testa leggera, rifiutandosi di pensare troppo a quel che stava succedendo. Voleva stare per i cazzi suoi e andava bene così.
Di sbiego vide anche Lavinia che veniva subito raggiunta da una delle sue compagne di classe, che la prese per le mani portandola via con sé; ridevano.
Eva finì accoppiata con un ragazzo molto grosso, goffo e sudato dell'altra classe; si tennero le caviglie a vicenda in un paio di esercizi, poi fecero insieme qualche esercizio con la palla. Dopo una ventina di minuti, le due professoresse fischiarono e si misero a decidere a bordo campo se far fare delle partitelle ai ragazzi e in quali sport.
Eva ne approfittò per chiedere il permesso di andare in bagno.
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Lavinia
Teen FictionEva è introversa e insicura e andare a scuola per lei è come aggirarsi ogni giorno in terra nemica. L'incontro con Lavinia, però, potrebbe cambiare le sue giornate...