11. Scatenata

20 1 0
                                        


Quel giorno a casa sua, dopo le tisane, Lavinia aveva spiegato ad Eva che non sapeva come gestire quella situazione, che aveva paura di farle del male, e per questo sarebbe stato meglio se non si fossero viste più. Eva, come al solito, era rimasta stordita e si era limitata ad annuire in silenzio.
Erano passate alcune settimane, e un mercoledì mattina, Lavinia si stava cambiando dopo la lezione di educazione fisica assieme ad alcune compagne, quando all'improvviso la porta dello spogliatoio si aprì. Quando vide che alla porta c'era Eva, rimase sbigottita.
Eva mosse dei passi verso di lei; poi, quando le fu davanti, si accovacciò ai suoi piedi e appoggiò il viso ad una delle sue scarpe.
«Eva...» disse Lavinia allontanando la scarpa da lei «Eva, fermati».
Eva sollevò gli occhi e la guardo con uno sguardo ferale, mentre si abbassava a sfiorarle le suole con le labbra.
Nello scostare via il piede mentre Eva si abbassava, involontariamente Lavinia le sfregò la bocca con la scarpa, facendole sanguinare un labbro.
Lavinia unì i piedi a terra e si portò una mano alla bocca.
Eva si leccò via il sangue. «È inutile che cerchi di salvarmi...» disse a Lavinia, «Non puoi...».
Attorno a loro, le ragazze erano sconvolte.
Lavinia vide che una di loro armeggiava con il cellulare. Doveva portare Eva via da lì immediatamente.
Si alzò di scatto e cercò di sollevarla di peso, ma Eva si lasciò cadere a terra mollemente.
Con estrema fatica, riuscì a tirarla su, e quando fu in piedi la trascinò correndo fuori dallo spogliatoio e dalla palestra direttamente nel cortile, dove corse a rifugiarla dietro la rientranza.
Eva cadde in ginocchio e si buttò a terra ai piedi di Lavinia, appoggiando la guancia alle sue scarpe da ginnastica.
«Scusami... Scusami...», la supplicò mentre scoppiava a piangere.
Lavinia perse il controllo. Sfilò la scarpa da sotto la guancia di Eva, che finì col viso sull'asfalto granuloso del cortile, poi sollevò l'altro piede e glielo poggiò sull'altra guancia, schiacciandole il viso a terra.
«Ti chiedo scusa... Scusami... Faccio schifo, ho sbagliato tutto...» continuava a mormorare Eva, mentre le sue lacrime bagnavano la suola della scarpa.
«Stai zitta, zitta!»
Lavinia era fuori di sé. Le ragazze che nello spogliatoio avevano assistito alla scena ci avrebbero messo molto poco ad andare a raccontarlo a tutti.
Una di loro aveva anche tirato fuori il cellulare. Le avrà scattato una foto? Avrà fatto un filmato?
Lavinia tolse via la scarpa dal viso di Eva e andò a sedersi sui gradini, appoggiandosi con la fronte ad una mano, mentre Eva rimase a terra ad ansimare sull'asfalto con le guance rigate di pianto.
Lavinia ce l'aveva con sé stessa. Aveva abbandonato Eva dopo averle fatto una corte serrata, dopo aver risvegliato quel lato di lei, per poi lasciarla completamente sola coi suoi pensieri. Aveva pensato che un taglio netto sarebbe stata la decisione migliore... Non avrebbe mai creduto che Eva potesse arrivare a quel punto. Si chiese quanta sofferenza avesse dentro per arrivare a fare una cosa del genere.
«Non... non puoi evitare che io mi faccia del male...» le disse Eva, ancora sdraiata sull'asfalto.
Lavinia si sentì livida per la rabbia.
«Non è una giustificazione perché te ne faccia io. Lo capisci o no che sono due cose diverse?»
«A... A me non importa...»
«Smettila!» esplose Lavinia. «Non sei in grado! Non sei nelle condizioni di scegliere, di decidere!»
Eva si tirò su da terra e cominciò a strisciare verso di lei.
«Imparerò... Migliorerò...» disse Eva accasciandosi ai suoi piedi e poggiando la testa sulle sue scarpe.
Lavinia sospirò.
"Sei un'egoista, Eva" pensò.
"E lo sono anch'io...". Aveva cercato di lavarsene virtuosamente le mani, e che la frustrazione ed il dolore per aver rinunciato ad Eva sarebbero stati un'espiazione sufficiente.
Ma che avrebbe dovuto fare, allora? Continuare come prima non sarebbe stato meglio, e non sarebbe stata capace di stare vicino ad Eva in un altro modo.
«Sei una stupida, stupida...» disse ad Eva, mentre le tirava ed accarezzava i capelli.
«Ho fatto un casino...» disse Eva sfregandosi il viso tra le mani. Cominciava a rendersi conto di tutto quello che era appena successo. Questa cosa avrebbe avuto ripercussioni anche su Lavinia. Per quanto fosse amata da tutti a scuola, avrebbe potuto crearle grossi problemi.
Era fuori di sé e aveva fatto un casino. Certo, l'essere fuori di sé non poteva essere una giustificazione, ma se ci pensava non riusciva neanche più a ricostruirsi nella testa lo stato d'animo che l'aveva portata ad agire a quel modo.
«Se questa cosa ti creerà problemi, mi ammazzerò».
Lavinia corrugò la fronte. «Smettila di dire stupidaggini. Io sono preoccupata per te. Una delle mie compagne ha tirato fuori il telefono, non vorrei che...»
"Cosa?!?" pensò Eva.
«Merda...»
«Ehi!» le disse Lavinia spingendole un'unghia sulla guancia «Non dire parolacce.».
«Ahia...» fece Eva.
«Zitta! Adesso non puoi lamentarti, devi subire tutto!» scherzò Lavinia. «Uff... Non preoccuparti. Parlerò io con la mia compagna. Mi assicurerò che non abbia fatto fotografie o cose del genere».
«...».
Eva strizzò gli occhi.
«Madonna che casino che ho combinato».
«Ssshh, adesso basta. Non serve a niente continuare a ripeterlo», disse Lavinia tirandole un ricciolo. «Vedrai che andrà bene. Non è successo nulla». Si sforzò di avere un tono di voce ottimista e positivo, ma dentro di sé una preoccupazione nera la avvolgeva.

LaviniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora