6. Congiunzione

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“L'ho... baciata”.
Pensò Eva.
Lo aveva fatto. Non era scappata.
Era sdraiata a letto e guardava il soffitto. Ascoltava tutti i rumori venire da fuori, dai vicini, da dentro casa, mentre stava sotto le coperte abbandonata in un torpore estatico.
Immaginò che Lavinia fosse lì con lei; lo sguardo le cadde sul suo corpo, sentì un moto di disagio e di fastidio e le scappò una smorfia.
Si tolse la coperta e si guardò da sopra i vestiti. Si tolse la maglietta e i pantaloni e si sforzò di guardarsi.
Cosa avrebbe pensato Lavinia se l'avesse vista così?
«Mmmmmhhh...», sospirò e si sfregò il viso con le mani.
“Sono ripugnante. Non voglio che mi veda.” “Ti prego non guardarmi”.

***


Mentre si stava vestendo per uscire, le arrivò un messaggio sul cellulare.
Dopo quel bacio dietro la rientranza, Lavinia le aveva proposto di scambiarsi i numeri. Eva era rimasta perplessa, non usava il telefono per parlare con nessuno. Non parlava con nessuno e basta, in verità.
Alla vista del messaggio da parte di Lavinia, sentì forte un battito salirle dal petto fino alla gola. E provò vergogna per i pensieri fatti su di lei fino a poco prima.
Prese in mano e lesse: “Ieri mi sono dimenticata di dirtelo, ma l'altra palestra è ancora chiusa” e oggi è mercoledì, continuò Eva nella sua testa. Avrebbero di nuovo fatto educazione fisica insieme.

***


Eva era sul pullman. Come al solito, scese alla fermata prima di quella della scuola e continuò a piedi. Quel giorno pioveva e piuttosto forte, stava infagottata nel suo giubbotto impermeabile e aveva in mano un ombrellino tutto scassato. Fumare al parchetto era escluso, ma sapeva dove andare. Vicino alla scuola c'era un complesso di appartamenti con un davanzale esterno che dava sul marciapiede, e che era abbastanza largo per contenere una persona seduta. Andò lì, chiuse l'ombrellino antisismico e si sedette sul davanzale, con la schiena appoggiata contro il muro. Si accese una sigaretta ed esalò. Il nodo allo stomaco le si sciolse, e si lasciò cogliere dal solito senso di stordimento e di testa leggera che le dava quella prima sigaretta del mattino.
Non aveva risposto a Lavinia. Doveva rispondere? Non sapeva che dire.
Era eccitata. Provava una strana esaltazione mista a timore.
Si lasciò travolgere dai pensieri continuando a guardare l'ora, fino a che il tempo a disposizione terminò inesorabile.
Spesso arrivava in ritardo perché aveva bisogno di stare ancora lì fuori a pensare e a radunare le forze per entrare a scuola. Ma quel giorno non voleva fare ritardo. E poi, quel giorno aveva una motivazione in più ad attrarla verso l'ingresso.
Spense la sigaretta, e ancora in preda a un leggero stordimento si avviò.

***


La prima ora di matematica finì. Assieme agli altri e alle altre si avviò verso la palestra esterna. Non pioveva più come prima, era rimasto solo un leggero sgocciolìo.
Quando entrò nello spogliatoio, Lavinia era già lì, e come al solito rideva e scherzava assieme alle altre. Stavolta era ancora vestita con i suoi soliti abiti sgargianti e colorati: un foulard giallo e verde, un cardigan arancione e dei pantaloni viola di velluto, e i Dr. Martens bordeaux ai piedi.
Eva si sedette e prese a tirar fuori la sua roba dal solito sacco nero, e a quel punto Lavinia cominciò a spogliarsi.
Eva si sentì investire da una ondata di calore che dallo stomaco le salì fin su alla testa. Pensò di essere diventata rossa, si sentiva veramente come il peggior pervertito sul pianeta Terra.
Stava immobile con lo sguardo fisso verso il basso e teneva la sua maglietta da ginnastica tra le mani.
Fortunatamente tutte erano prese a chiacchierare e a cambiarsi e nessuna sembrava fare caso a lei.
Sollevò la coda dell'occhio e di traverso vide Lavinia completamente nuda. O meglio, in mutandine e reggiseno, ma per Eva in quel momento era pressoché la stessa cosa.
Non la aveva mai vista così. Era ancora febbraio ed era la prima volta che vedeva il suo corpo, che fino a quel momento era rimasto nascosto sotto i vestiti invernali.
Era molto magra e con un lieve accenno di muscolatura, Eva si chiese se facesse qualche sport dopo la scuola.
Si sforzò di non guardarla troppo platealmente, mentre Lavinia sembrava prendersi tutto il tempo che voleva per cambiarsi. Ad un certo punto Eva si rese conto che la maggior parte delle ragazze erano seminude. Si sentì avvampare. Di solito era una situazione che non viveva mai, cercava di stare nello spogliatoio meno a lungo possibile, si cambiava nei bagni e scappava via subito.
Oltre al fatto che per via della lezione congiunta, lo spogliatoio era molto più affollato del solito.
Adesso però era rimasta lì, incapace di muoversi, ed era l'unica ancora vestita in mezzo a loro.
Vedere Lavinia così, e tutte le altre ragazze seminude accanto a lei la stordiva, provava una vergogna estrema e i corpi delle altre erano così diversi dal suo che si sentì quasi come un impostore. Immaginò che se avessero visto come era fatta e se avessero saputo i pensieri che aveva l'avrebbero cacciata via dallo spogliatoio, disgustate.
Lavinia intanto si era infilata dei pantaloncini aderenti blu e fucsia, e una maglietta giallo tenue con i bordi delle maniche rossi, corta abbastanza da lasciarle la pancia scoperta e l'ombelico.
Eva ebbe un brivido e scosse la testa, si alzò di scatto per andare a cambiarsi nei bagni, e mentre passava alcune delle ragazze le lanciarono delle occhiatacce, guardandola dall'alto in basso.
«Ma che problemi ha quella tipa?» disse una delle compagne di Lavinia.
«Già... Si cambia sempre nei bagni... Bha?»
«Ma chi, Adama?»
«Ahahahahahah, ma dai, Cate...»
«Che c'è? Si chiama così...»!
«Che ne sai», disse un'altra «Magari si vergogna della ciccia e della cellulite!»
«A me sembra una maniaca sessuale... Non avete visto come era in imbarazzo mentre ci cambiavamo?»
«Bleah ma che schifo!» disse una, suscitando l'ilarità di tutte.
Lavinia non diceva nulla e si limitava a sorridere.
Nel frattempo Eva da dentro al bagno, che era solo nella stanza adiacente, sentiva tutto. Sospirò e scosse la testa, per nulla sorpresa di ciò che stava sentendo, del resto non era la prima volta che parlavano di lei in quel modo.
Appoggiò la schiena contro il muro e si lasciò scivolare giù fino al pavimento. Davvero sembrava una pervertita? “Mi dispiace...” pensò, “Non voglio mettere a disagio nessuno”...
Perché non sono femmina come le altre? Perché devo essere così?
Eva aspettò lì dentro fino a che non andarono via tutte; poi dopo qualche minuto ad ascoltare il silenzio uscì dal bagno.
Ma la porta dello spogliatoio si riaprì con un cigolio, era Lavinia che rientrava.
Eva rimase immobile mentre Lavinia camminava verso di lei.
Quando le fu vicino le appoggio una mano sul petto, e spingendola piano verso il bagno, avvicinò il viso al suo orecchio e le disse «Entra».
Lavinia fece scattare il lucchetto della porta e si girò verso Eva, che si accasciò sul pavimento del bagno.
Guardò Lavinia torreggiare su di lei.
«È vero che sei una pervertita?» le chiese.
Eva alzò lo sguardo e sgranò gli occhi, con la bocca aperta per lo stupore.
Qualcosa si schiuse in Eva, come se il suo posto le fosse stato appena rivelato.
«S... sì», disse «È vero».
«Allora dillo».
«È... È vero. Sono una pervertita».
Lavinia inspirò.
«Ti sei eccitata a guardare mentre eravamo tutte nude?»
«... Sì.» disse Eva, quasi con distacco e in totale resa, e non a Lavinia ma a qualcos'altro, qualcosa di lontano dentro di sé.
Lavinia sollevò un piede e le appoggiò la scarpa da ginnastica sulla coscia, facendo una leggera pressione.
Eva allungò un dito e prese a scorrerlo sulle cuciture della scarpa, accarezzandone le scanalature, i lacci, il logo.
Lavinia scostò la scarpa. L'altra mano di Eva era appoggiata sul pavimento. Con l'altro piede, Lavinia poggiò la scarpa sul dorso della sua mano, sollevando e pressando leggermente.
Eva ansimò, e con gli occhi chiusi cercò di avvicinare la testa al basso ventre di Lavinia, che la fermò con la mano, tenendola lontana e spingendole via la fronte con le dita mentre Eva protendeva il viso verso di lei.
«Quanta voglia hai di baciarmi lì in questo momento?»
«Tanta» ansimò Eva, mentre stava ancora con gli occhi chiusi e la bocca aperta.
«Puoi avvicinare il viso, ma non puoi fare niente. Puoi tenere la bocca aperta se vuoi».
Lavinia tolse la mano ed Eva avvicinò il viso al suo pube, appoggiandosi a lei con la faccia leggermente di lato, sforzandosi di non baciarla e leccarla da sopra i pantaloncini aderenti.
Lavinia le stringeva i riccioli tra le mani, mentre Eva le rivolgeva delle occhiate languide, completamente abbandonata a sé.
Lavinia le mise le mani dietro la nuca e premette la sua testa contro il suo basso ventre.
«Hah... Hah... Hah...» ansimava piano Eva.
«Adama», scandì Lavinia.
Eva chiuse gli occhi mentre Lavinia la teneva premuta contro di sé, scosse elettriche le mostravano lampi di luce dentro al buio.
Rimasero così per un bel po'.

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