Selene. [CAPITOLO 12]

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Il tempo è trascorso troppo rapidamente.
Trascorre sempre troppo rapido.
Le lancette scoccano al mezzodì, scandendo l'avvento di nuovi raggi di sole pronti a rischiarire ogni zona grigia di Highest City.
Ma non le zone grigie dei suoi abitanti, no.
Quelle sono ogni giorno più cupe.

Si, lo so, di recente son già volate tre settimane come foglie al vento... e che metafora già sentita è mai questa, in effetti?
Ora, invece, altri tre lunghi e catartici mesi salutano le ore e i minuti e i secondi, consapevoli di essere solo un effimero e passato ricordo.
Tre mesi.

Tre mesi di abituali visite all'accademia militare, in cerca di risposte giammai inesistenti.
Archer perderà mai la speranza? Lei è ancora viva?
Tre mesi di assidui allenamenti, inscenati ad hoc in quella che altro non è che una vecchia sala d'hotel ormai caduta in disuso, richiamando vagamente l'idea di una palestra.

Poiché sì, alla lista di domande dalla vaga risposta che Archer ha ormai collezionato, recandosi di volta in volta all'accademia militare quasi fosse il libro dei perché, vi è anche la ricostruzione della loro scuola.
O sapere perché debbano studiare in un Hotel.

Non hanno diritto ad una scuola?
Non una nuova, risorta dalle macerie in due giorni.
Non di certo.
Ma una antica, ancora in uso. Già pronta.
Una che, comunque, non presenta ingenti differenze dalla precedente.
Perché, perché non possono?

Che poi, è probabile siano pazzi.
Chi mai fremerebbe dalla voglia di tornare in quella scuola? Stella non di certo.
Li considera privi di senno. Da tempo.

È divertente, forse imbarazzante, che l'istituto scolastico "odierno", quello considerato "normale" da chi sceglie un percorso "normale", non abbia voluto ospitarli, ritenendo la loro struttura inadatta alla pratica degli elementi... o per evitare discriminazioni e bullismo.

Non era chiaro da parte di chi.
O forse si.

«Perché se dei ragazzini del cazzo sono maleducati e non sanno portare rispetto verso chi ha interessi differenti dai loro è colpa nostra! Ovviamente, stupidi noi che speriamo in un futuro per l'umanità.» Borbotta Aiden, sorseggiando una bibita fresca durante l'intervallo di pausa dagli allenamenti, o lezioni.

Un intervallo eguale per tutti, che difatti si ritrovano puntuali al bar dell'Hotel, attorno allo stesso tavolo bianco.
E non colorato. Bianco.
Aiden ci tiene.

Ha indosso una maglietta attillata, d'un porpora che richiama le sue iridi. È anche a tratti sudato, ancora.
Un cliché.
Quel bar è come un'oasi in cui riprendere fiato, ormai.

«Giuro su Aphrodite che se entrerò nell'esercito e troverò una nuova città inesplorata, me la conquisto tutta da sola e quei cretini ignoranti li abbandono qui! Che marciscano pure, stupidi mentecatti!» Sbraita Selene, furente.

Che termine curioso, mentecatti. Quand'è che lo avrà appreso?
Non lo rammenta, non che sia rilevante.
Ma ora le è venuto il dubbio.

Qualcuno si volta a guardarla, spaventato o curioso, ma a lei non importa. Il cameriere ha quasi rovesciato il drink sugli abiti di una signora, al tavolo accanto, ma a lei non importa.

Agita le braccia a mezz'aria, prima di porre i gomiti contro il tavolo. Contro, visto il rumore.
Scuote inoltre lieve il capo, liberando così il viso dalle codine viola in cui ha intrecciato le sue solite ciocche, ora più lunghe che tre mesi fa.
Il resto della chioma è raccolto da un mollettone.

«Ma poi cos' hanno da discriminare, non li capisco! Siamo noi quelli che cacciano fuoco dalle mani, mica loro. Dovremmo bullizzarli noi!» Si pone eretto Archer, sul posto, sorridendo.

Scatta in avanti ancora seduto, soddisfatto.
Come se avesse avanzato la migliore delle proposte.
Come se il suo elemento non fosse l'acqua, poi.

HIDDEN TRUTHS 1: The VN SagaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora