Verità Nascoste. [CAPITOLO 14]

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«Magari c'è qualcosa che posso fare per te...»

Immediatamente, le iridi celesti e ora lucide di Crystal guizzano nell'oscurità alla ricerca di Aurelia.
Non l'ha vista rientrare. Impossibile.
No, non è stata lei a parlare.
Purtroppo, conosce perfettamente ogni gradazione e variazione di tono. Dunque poche.

Inumidisce le labbra, ha la gola secca.
I capelli impastati sulla fronte la infastidiscono, così scuote il capo.
No, qualcuno ha parlato, ne è convinta.
Serra le palpebre, le socchiude.
Ogni sagoma ora scura sembra muoversi, confondendosi nell'ombra.
Nulla.
Non un singolo movimento nella penombra.

Eppure ne è certa, non lo ha sognato.
Qualcuno ha parlato.
E non è stata la bionda, non Aurelia.
Qualcuno è lì, con lei.

E in effetti non ha torto... qualcuno la sta osservando.
Due occhi, nel buio. Con lei.
Dapprima lontani. Ora vicini.
Crystal non ode neppure un suono, ma quando la ragione si fa contorta e la lucidità diviene solo una mera convenzione sociale... le lacrime scorrono, le solcano il viso.

E dopo le lacrime, una mano.
Fredda.
Sulle sue guance.

Nell'oscurità della sua prigione, la sua possibile tomba.
Crystal sbarra gli occhi e divarica le labbra ma...

Viene ammutolita.
La mano le copre il viso, e l'ombra incombe su di lei.
Trascinandola lì, con sé.

Nel baratro della più grande Verità Nascosta.







Ma dopo pochi istanti, che a lei appaiono come interminabili millenni, la vista le si riconduce a una realtà tangibile.
Come a chiazze nere, macchia dopo macchia, riacquisisce la padronanza di se stessa, della propria lucidità.

Quella rimasta, quantomeno, reduce di torture e isolamento da parte di Aurelia.

Tenta di inspirare, pur avendo appreso a caro prezzo quanto ciò la ferisca. Sarà per il proprio fisico, ora maculo, o per la troppa polvere e umidità, che le graffia i polmoni e occlude la pelle.
Ma, pur sapendolo, ciò che la ferisce è anche ciò di cui più ha bisogno. Non può privarsene.

Necessita e reclama a sé quel dolore, così da sentirsi viva.
E per esserlo davvero, naturalmente, poiché deve respirare.
Non può smettere, nonostante la quantità di volte in cui l'idea le ha vagliato la mente.

E poi, senza quel dolore non crederebbe a se stessa, alla propria mente o ad Aurelia. Non avrebbe alcuna conferma di essere ancora viva.
A volte ne ha persino dubitato, convincendosi di essere già morta lì, lontana dai riflettori insidiosi del sole e intimi della luna.
Morta, senza neppure rendersene conto.

Senza essersi posta le giuste domande, pensa, e con il tormento del demone ancorato a sé come un'eterna tortura.
E in effetti lo è.
Una delle sue voci interiori le ha sussurrato di aver ormai perduto il lume della ragione e che tutto ciò non sia possibile, innumerevoli volte.

Eppure, lei non saprebbe più stabilire quale sia il confine fra realtà e immaginazione.
Ve n'è mai esistito davvero uno? Essere rapita, imprigionata, torturata e dimenticata lo avrebbe sicuramente ricollegato all'immaginazione.
Eppure è reale. Lei è lì. Lo è da troppo tempo.
Non ne può più di subire... deve fuggire.

E poi, in fondo, è davvero così poco plausibile che sia già morta?
Lo è più di credere che Aurelia non l'abbia ancora finita, che non le abbia mai inflitto il colpo di grazia affinché lei sopravvivesse? Che se la tenesse per... ah, già.

Per qualcosa che non sa neppure come avere.
O che non può avere, al momento.
Quanto cazzo vorrebbe darle ciò che cerca e sparire di lì, se solo le rivelasse i suoi intenti. No, neppure, non le interessa.
Le basterebbe il cosa.

HIDDEN TRUTHS 1: The VN SagaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora