𝟖. 𝒉𝒐𝒕 𝒄𝒉𝒐𝒄𝒐𝒍𝒂𝒕𝒆

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Le ore passano senza che me ne renda conto, troppo occupata a tentare di non spiaccicare la mia faccia per terra rimanendo su quello skateboard infernale.

«Bene, piega un po' di più le ginocchia» Ripete Peter, poggiando ancora le sue mani nella mia schiena e su un fianco. «Dai riprovaci, ti tengo» Prendo un respiro profondo, e ritento eseguendo alla lettere ogni suo insegnamento. Quasi salto dalla gioia quando rimango più di dieci secondi sopra la tavola, ma tutto dura ben poco. In una frazione di secondo sposto il peso dal lato sbagliato e perdo completamente l'equilibrio. Cado in picchiata verso il terreno, ma fortunatamente atterro su una superficie morbida riconoscendolo come il petto di Peter. Sento le guance andare a fuoco, dipinte sicuramente di un rosso accesso. Sposto i capelli di lato e mi sorreggo con le braccia sul pavimento per riuscire a guardarlo in faccia. Il suo volto è a pochi centimetri dal mio, col suo respiro che soffia sulle mie labbra. Rimango imbambolata a guardarlo senza ritegno, e sembra che anche lui mi stia imitando.
Il mio sguardo si posa involontariamente sulle sue labbra schiuse, e sento improvvisamente il cuore uscirmi dal petto al solo pensiero di unirle con le mie.
È la prima volta che stiamo così vicini.

«Sei...si insomma...molto brava per essere la prima volta» Si complimenta esitando, ed udire la sua voce mi riporta alla realtà, come se il tempo fosse tornato a scorrere di nuovo in modo regolare.
Mi alzo da lui nel modo più rapido che riesco a trovare e, con i piedi di nuovo per terra, gli porgo un mano per aiutarlo. «Dai, non prendermi in giro» Gli rifilo un leggero schiaffo sul petto che lui non sente nemmeno. «Vuoi riprovare?» Il suo viso si illumina col suo immenso sorriso. «Non ci penso neanche»

Tra le strade solo freddo e nebbia a limitare il nostro cammino. Mi stringo nel cappotto, prestato da zia May, ed infilo le mani congelate nella tasche. Peter al mio fianco alza la cerniera del suo giubbotto e lo sento tremare leggermente.

«Vieni» Sussurra poco prima di tirarmi da un braccio dentro ad una piccola caffetteria. Ad avvertire il nostro ingresso una campanellina in alto nella porta, ma nessuno sembra interessato a noi. Le pareti calde ed accoglienti del locale ci danno il benvenuto, insieme ad il sorriso caloroso della ragazza in cassa.

Troviamo un tavolo libero in fondo e non perdiamo tempo sedendoci uno di fronte all'altro. «Qui fanno la miglior cioccolata calda di tutta la città» Accenno un sorrido ed appoggio il mio telefono sulla superficie del tavolo, come mia abitudine. Intercetto lo sguardo del moro posato sul mio cellulare, e noto i suoi occhi brillare di curiosità. «È da quando sei arrivata che volevo chiederti se...» Si passa una mano dietro il collo, in imbarazzo. «Vuoi vedere una foto di Peter?» Gli sorrido dolcemente, intenerita dal suo imbarazzo e dalla sua curiosità.
Il ragazzo annuisce senza aggiungere altro, abbassando il capo. Mentre smanetto nella galleria del mio cellulare, che non usavo da molto, il cameriere arriva e Peter comunica le nostre ordinazioni.

«Ecco, questi siamo io e Peter» Gli porgo il telefono, e lui incolla subito gli occhi sullo schermo. «È così...diverso» Scuoto la testa, divertita dall'assurdita delle sue parole. «Credimi, vi somigliante più di quanto pensi»
Il ragazzo continua a scorrere nella galleria, tra i miei selfie stupidi alle foto insieme a Peter, Mj, e Ned. Lo lascio fare fin quando non si ferma ad oservare più del dovuto delle vecchie foto con i miei genitori. «Loro sono...» Alza lo sguardo su di me, osservandomi bene e porgendomi il telefono. «Si, Helen e George Stacy. I miei genitori» Passo il dito sui loro volti, malinconica, prima di riappoggiare il telefono sul tavolo. «Era per loro che tu...che ieri sera...» Lascia la frase sospesa, ma capisco bene a cosa si riferisce. Abbasso lo sguardo, a disagio, ed incrocio nervosamente le mani sotto al tavolo. Rimango in silenzio, scegliendo bene le parole giuste, ed ancor prima che possa aprir bocca i nostri ordini arrivano.

Su di noi cala un pesante silenzio, ed è come se ci fosse una lastra di vetro a dividerci. Sorseggio la mia cioccolata calda stringendo la tazza bollente tra le mani, accogliendo con piacere quel calore.
«Mi dispiace...io non volevo metterti a disagio. Sono proprio un'idiota» Si stringe nelle spalle, passandosi una mano in faccia nascondendosi. «Hey, Pete» Mi sfugge dalle labbra senza che me ne renda conto, e mi sporgo appena verso di lui. Il ragazzo posa lo sguardo su di me, accigliandosi all'udire lo strano nomignolo affibbiatogli. «Non sei un'idiota...» Si morde il labbro inferiore, ancora in imbarazzo. «È solo che adesso non ne voglio parlare»
Annuisce appena mentre io torno composta sulla poltroncina celeste. Lo osservo continuare a sorrseggiare la bevanda, stavolta più rilassato.

«A proposito di foto, mi chiedevo se...» Il moro poggia la tazza sul tavolo, fissando un punto indefinito dietro di me. «Che cosa?» Gli chiedo curiosa, appoggiando il mento su una mano guardandolo. «Posso farti una foto?» La domanda mi spiazza, cogliendomi del tutto di sorpresa. Dopo secondi di silenzio finalmente il ragazzo torna a guardarmi, e ciò basta per farmi accettare. Aspetto che prenda il suo cellulare, ma dallo zaino tira fuori una macchina fotografica.
«In che posa devo mettermi? Non sono brava in queste tipo di cose» Il ragazzo ride appena puntandomi la fotocamera addosso. «Non preoccuparti, sei bellissima in ogni modo» Mi sfugge un sorriso alle sue parole, ed in quel momento il click della macchina immortala il momento. «Com'è venuta?» Chiedo subito, speranzosa di non sembrare un mostro. «Come ho detto prima, sei molto bella» Mi sporgo verso di lui lasciando un bacio sulla sua guancia, ringraziandolo. Le guance del ragazzo si colorano di un leggero rosato, adornate dal suo sorriso.
«Dai, adesso facciamone una insieme»
Mi alzo solo per poi sedermi accanto a Peter. Sfodero il mio cellulare e scatto la foto; i nostri sorrisi i veri protagonisti della fotografia.

Il vento mi colpisce violentemente in faccia quando mettiamo piede fuori alla caffetteria. E la pioggia cade dal cielo come una cascata irrefrenabile.

L'asfalto sotto di noi sembra tremare mentre noi ci corriamo sopra.
Stringo la mia mano in quella di Peter accarezzando la sua pelle lentamente, impaurita che questo contatto tra noi possa in qualche modo infastidirlo.
La pioggia batte su di noi incessantemente, sulle nostre teste, come pensieri troppo grandi da poter ignorare.

Finiamo sotto ad un balcone, abbastanza sporgente da poterci proteggere entrambi.
La mia schiena aderisce al muro senza problemi, ed il petto di Peter si scontra col mio. Incollati l'uno all'altra, come i vestiti fradici che abbiamo addosso. Sento il suo respiro affannato infrangersi sulle mie labbra, mentre le sue mani scivolano sul mio corpo finché non stringono saldamente i miei fianchi. Lo osservo passarsi la lingua sulle labbra per inumidirle, e mi viene spontaneo imitarlo. I nostri sguardi si incollano tra loro, mentre i nostri respiri affannati si mischiano.

Lascio che le sue dita mi riportino dietro l'orecchio una ciocca di capelli, per poi depositare la mano sulla mia guancia. Accarezza la mia pelle con delicatezza formando dei cerchi invisibili su di essa.
Il cuore batte così veloce che ho paura che mi esca dal petto. La sua vicinanza, il suo delicato tocco, e la sua pura bellezza; questo ragazzo mi manda in totale confusione.

La distanza tra noi ormai è quasi inesistente, solo un filo d'aria a passare tra le nostre labbra. Mi guarda con così tanta intensità che ho paura di sciogliermi davanti a lui. Si sporge verso di me, esita per qualche secondo, e poi appoggia la sua fronte nella mia.

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Spazio Autrice

Buonasera guys!
Mi scuso per avervi fatto aspettare un bel po', ma la scuola non mi da tregua.
Mi auguro che questo capitolo sia valsa la pena di aspettare.
Fatemi sapere nei commenti.
Grazie a tutti <3

𝐋𝐎𝐒𝐓 || 𝙋𝙚𝙩𝙚𝙧 𝙋𝙖𝙧𝙠𝙚𝙧 ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora