𝟏𝟒. 𝒎𝒐𝒓𝒏𝒊𝒏𝒈

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Il mattino si presenta prima di quanto mi aspettassi, sbattendomi i raggi solari dritti in faccia. Ci metto un paio di minuti per abituarmi alla luce e rendermi conto di dove mi trovo. Ritiro il braccio sinistro che penzolava al di là del divano, e mi alzo svogliatamente in piedi. Non riesco nemmeno a compiere un passo che subito vengo bloccata, il corpo addormentato di Peter è steso sul pavimento, il viso rivolto verso il divano in cui mi ero appisolata. Il cuore mi si stringe in una morsa, e la conversazione di ieri mi piomba rapida addosso come un secchio d'acqua gelata. Mi inginocchio accanto a lui, ed esito appena prima di spostargli delle ciocche castane cadute sui suoi occhi. «Peter, svegliati» La mia mano scende fino al suo volto, accarezzando dolcemente la sua guancia. Il ragazzo non si muove, così provo a scuoterlo dalle spalle con meno delicatezza. Stavolta mugugna qualcosa di incomprensibile, e lentamente apre gli occhi. «Buongiorno, Peter» Il moro si strizza gli occhi con le mani come un bambino. «Gwen...» Gli passo un braccio sotto le spalle e lo aiuto a sedersi sul divano. «Che cosa ci facevi sul pavimento?» Peter posa i suoi occhi su di me, e mi guarda come se fosse la prima volta che mi vede. «Io volevo solo...chiederti scusa, dirti che...» Nasconde agitato le mani dentro le tasche del pantalone della tuta. «È tutto okay, lascia perdere. Abbiamo già chiarito la situazione» Lo interrompo, evitando una conversazione dolorosa ed imbarazzante per entrambi. «Amici come prima, va bene? Dimentichiamoci di quel bacio una volta per tutte, ha causato solo problemi» Mi mordo la lingua castigandomi per la milionesima bugia detta nelle ultime quarantotto ore. Stringo le mani in pugni celando il loro tremolio per il dolore causatomi dalle mie stesse parole. Peter abbassa il capo stringendo le labbra, ed annuisce appena per farmi capire che è d'accordo. Con nient'altro da aggiungere mi alzo dirigendomi alla cucina, lasciandolo lì seduto ancora sul divano. Mi appoggio al ripiano della cucina asciugando piccole lacrime scappate via, convincendomi che è meglio così. Meglio non essere niente.
Con lo stomaco completamente chiuso faccio colazione con solo una sfremuta d'arancia, cacciadolo giù con la forza.

«Buongiorno, tesoro» May entra nella stanza con un dolce sorriso stampato in faccia. Mi volto verso di lei, ricambiando il saluto cordiale. «Hai programmi per oggi?» Il mio sguardo confuso e curioso si posa sul suo viso. «No, non esattamente» La donna mi si avvicina contenta, poggiandomi le mani sulle spalle. «Magnifico! Andremo a fare shopping, allora!» May notando la mia sorpresa, aggiunge: «Dobbiamo trovarti un bel vestito, voglio che tu sia perfetta per la mia festa» Dovunque la guardi, sprizza gioia ed entusiasmo da tutti i pori. Apro la bocca per parlare, ma una terza presenza arriva nella stanza, anticipandomi. «Quale festa?» Chiede Peter aprendo il frigo in cerca di cibo. «Per il mio compleanno! All'inizio non ero d'accordo, ma le mie amiche mi hanno convinta» La testa del ragazzo sbuca fuori dallo sportello del frigo, un sopracciglio schizzato verso l'alto. «È una splendida idea» Un sorriso tirato si forma sulle mie labbra. L'ultima cosa di cui ho bisogno è festeggiare, ma May ne sembra così entusiasta per coinvolgerla nel mio malessere e rovinarle tutto. «Bene! Vado subito a prepararmi» Beve al volo l'ultimo sorso di caffè dalla sua tazza, e corre su per le scale.

Rimaniamo di nuovo solo io e lui. Il suo sguardo non si sposta di un centimetro da me, neanche quando si porta alle labbra la tazza di latte. Mi sfugge un pesante sospiro, e mi volto per raggiungere la porta. «Gwen!» I miei piedi si fermano, e senza fatica riporto l'attenzione su di lui. «Si?» «State attente, e per qualsiasi cosa, chiamami. Le strade sono pericolose adesso che lui è in circolazione» I lineamenti del suo viso si incupiscono di colpo, fallendo ogni suo tentativo di nascondere la preoccupazione. «Le strade sono sempre state pericolose» Il suo sguardo si fa più serio. «Ma si, se qualcosa dovesse andare storto, ti chiamerò. Non le succederà niente, te lo prometto» Il silenzio arriva subito dopo le mie parole, concludendo la conversazione. Mi volto ancora verso l'uscita e stavolta non mi fermo, nemmeno quando gli sento sussurrare: «Non è solo di mia zia che mi preoccupo»

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