𝟏𝟏. 𝒔𝒉𝒖𝒕 𝒖𝒑

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L'aria intorno a me è viziata e quasi soffocante, ma la stanza è talmente piccola da non avere nemmeno una finestra da aprire. Ogni angolo è ricoperto da uno spesso strato di polvere che mi sporca i jeans e la felpa. Dei grossi scatoloni riempiono lo spazio, impilati l'uno sopra l'altro, ed in alcuni riesco a scorgere ben due nomi marchiati sul cartone con del pennarello nero.

«Gwen, ti prego esci e lasciami spiegare» La voce abbattuta di Peter mi riscuote dai pensieri. Appoggio il mento sulle ginocchia, in silenzio, senza rispondergli. Dall'altro lato si sentono vari passi fare avanti ed indietro, ed alla fine, lo sento sedersi sul pavimento assumendo probabilmente la mia stessa posizione. «Ascolta, io non volevo...sono un maledetto idiota, me ne rendo conto» «Non voglio sentire le tue scuse, Peter! Voglio solo stare da sola, okay?» Sbraito furiosa, già stufa della conversione. Riesco ad udire il suo pesante sospiro fuggire via dai suoi polmoni. «Va bene, come vuoi» Mormora serio, e poco dopo sento finalmente i suoi passi allontanarsi.
Mi porto una mano sul volto e chiudo gli occhi, le mani mi formicolano tanto da farmi male. Mi stringo nella sua felpa, il suo profumo inonda le mie narici ancora una volta.
Sento ancora le sue parole rimbombare nella testa, ed il silenzio sembra non fare altro che peggiore le cose.
Abbasso lo sguardo all'udire di qualcosa strisciare sotto la porta, e stranita afferro tra le dita il sottile foglio di carta riempito fino a metà.

Considerando che non vuoi parlare con me, lascia almeno che ti scriva.
So bene che non è colpa tua, non lo pensavo veramente, ma quel ragazzo, Harry, tira fuori il peggio di me: ricordi e sensazioni che non voglio ricordare, paura e rabbia che non riesco a controllare. Ma questo non mi giustifica, non dovevo parlarti in quel modo, e mi dispiace. La verità è che finisco per perdere sempre le persone a cui tengo, in un modo o nell'altro, non posso evitarlo, e sono terrorizzato all'idea di perdere anche te; ecco che cosa ha scatenato in me le sue minacce. So che tutto questo è assurdo, tu vieni da un'altro universo e ti ho promesso di aiutarti a tornarci, ma non stavo così bene con qualcuno da un po' di tempo. Probabilmente non riuscirei a dirtelo in faccia, quindi approfitto di questa lettera improvvisata: Gwen, tu inizi a risvegliare sensazioni che non provavo da molto tempo, e questo mi impaurisce più di quanto immagginassi. Mi sono affezzionato a te, nonostante i pochi giorni passati insieme e malgrado la stramba situazione che ci ha uniti. Sappi solo che quando avrai voglia di aprire la porta, io sarò qui ad aspettarti.

- Peter  ❞

Solo quel poco inchiostro sulla carta bianca riesce a provocare mille brividi lungo la mia spina dorsale, come se lui stesso ci stesse passando le dita sopra. Qualcosa dentro di me sembra cambiare, emergere, ma è tutto così complicato da non riuscire a comprenderlo.
Rileggo e rileggo fino ad impararla a memoria, fino ad apprendere fino in fondo ogni parola.
Il tempo passa lentamente, tanto quanto basta per far scemare ogni briciolo di rabbia in me, tanto quanto basta per accattare le sue scuse.
Quando mi alzo dal pavimento il dolore fisico alle gambe ed alla schiena passano in secondo piano, troppo in ansia di uscire dal mio "nascondiglio" e rivedere Peter, per concentrarmi su di esso. Le mie mani esitano, ma alla fine afferro la maniglia e spalanco la porta. Il corpo addormentato di Peter è rannicchiato contro la parete, le lunghe ciglia a sfiorargli la pelle.

Mi inginocchio accanto a lui, e basta una sola e leggera spinta per svegliarlo. Le sue iridi nocciala congiungono le mie con rapida necessità, e la loro bellezza mi destabilizza ancora una volta. «Hey, Pete» Le mie dita finiscono sui suoi capelli, spostando le ciocche ribelle finite sui suoi occhi. «Sei rimasto davvero» Biacascio travolta dalla sorpresa, sperando che lui non lo senta ma la vista del suo sorriso me ne fa dubitare. «Vieni andiamo, credo sia ora di cena»

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