Trappola cinese
Fa' che il tempo si fermi.
I trenta gradi che asfissiavano quel torrido martedì di luglio li sentivo a malapena, troppo occupata ad arrovellarmi dall'ansia. Non volevo nemmeno immaginare le ripercussioni che avrebbero potuto esserci se avessi ritardato anche di un solo minuto per il giorno di prova. Avevo evinto che il signor Holmberg non fosse un tipo clemente. Come minimo in quella casa non ci sarei neanche entrata.
Avrei dovuto dare il massimo sin da subito.
Sempre che il tempo si fermi per davvero.
Peccato che avessi fatto male i conti, e la rapida visita a Judy e a Rica, la senzatetto in dolce attesa, si era protratta troppo a lungo. E io mi ero dimenticata di controllare l'orario. Quindi, approdata a Mount Airy, quartiere adiacente a Chestnut Hill, mi ero ritrovata a cercare un parcheggio decente e che fosse situato vicino alla villetta, o che perlomeno non fosse a pagamento. Purtroppo la sfortuna era dalla mia, e la ricerca si era conclusa con un posteggio troppo distante.
E così mi ero messa a correre.
Correvo come non accadeva dai tempi delle corse campestri che si organizzavano annualmente al liceo. Era da dieci minuti che tenevo la bocca aperta, con l'aria a schiaffeggiarmi le gote, il sudore che mi imperlava la spina dorsale, i polmoni che si gonfiavano, bruciavano, chiedevano pietà, e l'affanno che grattava in gola come segatura.
Un pessimo spettacolo per i passanti.
O per i cani che urinavano a zampa all'aria.
Per la corsa, una bretella della borsa a zainetto scivolò da una spalla. La sistemai senza fermarmi, ma tempo niente che cadde anche l'altra. Sistemai pure quella, ma guardandomi i piedi, capii che i lacci di una scarpa da ginnastica si erano sciolti. Roteai gli occhi al cielo. Non avevo il tempo di fermarmi. Pregai qualche divinità che non mi facesse inciampare. O almeno, di assicurarmelo per un altro isolato.
Non mi ascoltarono, in parte.
All'angolo della via, che contrassegnava un largo incrocio sulla Chew Avenue, spuntò l'alta sagoma di un ragazzo. I miei riflessi non erano pronti per un'apparizione tanto istantanea. Dal nulla, poi.
Infatti, nonostante la buona volontà, non potei evitare l'urto.
Ci fu un disordine di rumori e imprecazioni; una lattina che ruzzolava via, "Cazzo, cazzo, cazzo", un sacchetto di plastica che si stropicciava in malo modo, "Merda, un'altra volta", bottiglie di vetro che si frantumavano, "Ma Dio", un pomodoro che se la svignava, una bestemmia che sfuggiva. Per un attimo, premendo la mano sul naso, neanche capii da chi era uscito quel fiume di parole.
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Ad alta voce
RomanceCOMPLETA Ophelia Burns, figlia adottiva di una famiglia che per anni non ha fatto che allenare le corde vocali di Filadelfia, non vuole essere ascoltata. Non più. A seguito di un triste scherzo del destino che ha messo a repentaglio una sicurezza ch...