18. Senza contorni

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Senza contorni



P.S musicale: l'ultima parte (la quarta), se vi va, è da leggere con Unconditional - Richard Walters. Ci vediamo giù, nightingales! 🕊️

















Il signor Holmberg aveva scansato il coma per un pelo, e ventiquattro ore non erano state sufficienti affinché venisse dimesso dall'ospedale. Intossicazione da alcool, mi aveva spiegato Desmond in un momento in cui l'umore glielo aveva permesso.

L'avevo pregato di continuare a tenermi aggiornata sulle sue condizioni. Sia perché ero altrettanto preoccupata, sia perché nell'abbraccio che ci eravamo scambiati avevo percepito sulla pelle un bisogno pungente di vicinanza, di avere qualcuno con cui parlarne.

Le telefonate che si poteva permettere durante le pause di lavoro avevano contraddistinto i pomeriggi che mi avevano tenuta impegnata con i bambini; lui approfittava di quegli intervalli per rifugiarsi fuori dalla casa editrice, ricorrendo a una o a due sigarette come ulteriore sostegno morale, mentre io ricorrevo, molto banalmente, alla scusa del bagno. Ma almeno avevo la garanzia che Cindy e Leonard non ascoltassero le nostre conversazioni. Erano già abbastanza sconfortati per stare a sentire altri motivi per buttarsi giù.

Tutto sommato, Gregg si era ripreso in tempi rapidi.

Quando era stato ufficialmente dimesso, mi era stato offerto qualche giorno di riposo, gli stessi di cui si era avvalso il signor Holmberg. A detta di Desmond, però, non era soltanto per una questione di "copertura" nei confronti dei suoi nipoti, ma anche per principio, per tutto ciò che avevo dovuto sopportare. Andava ben oltre alle mansioni di una normale babysitter, aveva specificato.

Se solo sapesse quanto preferisca stare in casa loro...

Nel frattempo, agosto era volato via leggiadro come i semi di un soffione, e negli impegni che mi occupavano gli spazi liberi non avevo potuto fare a meno di notare come stessi cominciando a ridimensionare il concetto di casa, fuorviandolo dai binari del suo reale significato e facendogliene imboccare uno talmente sbiadito da renderlo inconsistente, privo di importanza, di... contorni. Spesso, osservando Cindy alle prese con i suoi attacchi d'arte, mi era venuto spontaneo associare "casa" a un disegno senza contorni: nient'altro che un accostarsi di colori, chiazze informi qua e là, vuote di significato, che eppure erano lì, ci tenevano raccontarti qualcosa, a trasmetterti qualcosa. Senza riuscirci. Casa stava diventando un posto come un altro. E pensarlo, realizzarlo, mi aveva portata a sprofondare nello sconforto più nero. C'erano pure state notti in cui, tra le lenzuola, temevo l'idea che a essere quella sbagliata, senza contorni, fossi io.

Forse stavo iniziando a capire di non meritarmi quella famiglia.

Forse ero quel colore di troppo in un disegno già completo.

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