29. Casa

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PS musicale: vi consiglio tantissimo di ascoltare Kiss Me di Sheeran nella sesta (ultima parte) nel momento in cui Ophelia va alla porta e questa si richiude. Vi auguro una buona lettura e... ci vediamo giù, nightingales! 🕊

















L'ultimo bianco Natale risaliva a dodici anni prima.

Adesso, gettando l'occhio fuori dalle finestre, si notava solo qualche sporca spruzzata di neve ai piedi degli alberi e sui bordi dei marciapiedi. Nessun spazzaneve tediante, nessuna lingua di fuori, nessun candido pupazzo a cui cascava il naso a carota. Nei giorni precedenti c'erano state nevicate saltuarie, brevissime. Remissive. Giusto per non sfaldare l'illusione dei più piccoli, di chi ancora credeva di trovarsi nella casetta di una palla di vetro.

La mia si era rotta tre volte.

La prima quando avevo scoperto cosa aveva trascorso la mia mamma biologica. La seconda durante lo spettacolo di beneficenza. La terza dopo le parole di Olivia sui miei genitori.

Raccogliere i cocci e ricostruire la mia palla di vetro una quarta volta richiedeva una forza che non possedevo. Le incrinature erano troppe, i frammenti raddoppiati, alcuni dispersi.

A quel punto, era meglio cercarne una nuova.

Anche per quel venticinque dicembre ero stata percossa dalla malinconia che emanavano le lucine che abbellivano il nostro albero all'angolo del salone, una guardia reale che proteggeva il camino acceso.

A volte, con in mano una tazza di cioccolata, mi mettevo a contemplare le fiamme ondeggiare sinuosamente al di là dello sportello. Lì mi rendevo conto di non provare la stessa felicità di quando ero bambina. Erano quelli i momenti in cui mi saliva la nostalgia della mia palla di vetro, quando era ancora sana, intatta.

Fra tutto, mi mancava il forte senso di sorellanza che si era istaurato fra me e Olivia. Autentico, un reciproco equilibrarsi a vicenda, i piatti della bilancia sempre ben allineati. Ora, il nostro rapporto assomigliava di più a un'altalena basculante: si era creato un divario che pareva ormai impossibile da risanare, dove lei mi osservava in cima e con aria supponente, mentre io cercavo di comprenderla da terra, incapace di raggiungere la sua altezza.

Tuttavia, ogni volta che compivo qualcosa da sola e senza che Olivia ne venisse a conoscenza, improvvisamente non mi sentivo più un'incapace. Ero io a valutarmi ea screditarmi, se necessario.

Non lei.

Cambiava qualcosa, in sua assenza.

Ed era quella piccola concretizzazione ad avermi portata a temere una sua comparsa improvvisa nei momenti importanti, in cui assistevo all'effetto delle mie luminarie, gli addobbi che avevo incominciato ad appendere negli angoli trascurati della mia vita: l'avvicinamento coi miei amici, il minuscolo passo verso il canto, provare qualcosa per Desmond, permettermi di guardarlo, illudermi, ricamare in silenzio trame contorte nel nostro rapporto.

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