37. Di carne e nostalgia al dolore

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Di carne e nostalgia al dolore










P.S iniziale: potrà sembrare una sorta di filler (o l'ennesima trovata per procrastinare l'arrivo dei capitoli dopo), ma non lo è - durante la stesura ho avuto modo di scoprire dei lati di Ophelia che non avevo mai preso in considerazione (grande errore), ma che, a conti fatti, hanno un loro senso (parlo dell'ambito psicologico). L'unica cosa che vi chiedo è di leggere tutto ciò immedesimandovi nella mente di una persona come lei: fragile, manipolata, e che somatizza i traumi anche in modi non proprio... sani, ecco. Spiegherò meglio nell'angolo autrice.

Buona lettura e... ci vediamo giù! 🕊




















Chiudere occhio era stato problematico, complice la mente che si dilettava a ripropormi il volto di Olivia. Avrei preferito crogiolarmi nel dormiveglia per questioni più risolvibili, come il metabolizzare la mia prima volta. Invece, ero rimasta talmente focalizzata su di lei che il mio corpo aveva deciso di somatizzare il suo discorso anestetizzandosi, diventando un muro contro altre potenziali avversità; mi chiesi se fosse quello il motivo per cui non avvertivo particolari fastidi, né bruciori al basso ventre. E dopo una scappata al bagno, avevo intuito che non avevo neanche perso sangue. In compenso, continuavo a sanguinare da tutt'altra parte.

A spargere sale sulla ferita, c'erano gli incubi.

Ne era affiorato uno in cui Desmond sorrideva. Il secondo dopo spariva: tutto diventava nero, ed io rimanevo sola. Avevo sperato che dargli le spalle e soffocare gli attacchi di pianto nel cuscino non lo svegliassero. Purtroppo, ogni volta che credevo dormisse, ecco che il suo braccio mi si adagiava sulla vita e mi invitava a girarmi.

«Che succede?»

«Non te ne andare» avevo mormorato contro il suo petto, stringendomici; lui aveva fatto la stessa cosa. «Non te ne andare

«Non me ne vado.» E mi aveva baciata le ciglia umide.

Solo allora ero scivolata nel sonno.

Era durato fino alle prime luci dell'alba; un paio d'ore, forse tre. Ma restai comunque accoccolata tra le braccia di Desmond, per nulla intenzionata ad allontanarmi dal suo calore, anche quando la mente era già vigile e la sua ancora no; dormiva sereno, con un braccio sotto al cuscino e le labbra schiuse da cui usciva il respiro.

Appena la radiosveglia segnò le nove, il suo telefono squillò. Lui bofonchiò, ma la voce arrochita rese le parole di difficile comprensione. Dipingendosi un'espressione tanto sofferente quanto scocciata, rimosse il braccio dalla mia vita per agitarlo sopra il comodino. Fece cadere a terra diverse cose, tra cui la bottiglia d'acqua. A quel punto si sedette. Socchiudendo le palpebre, repressi un sorriso; lo trovai infinitamente buffo con gli occhi chiusi e quei capelli che avevano preso la piega del cuscino.

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