Capitolo 3

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Mi risvegliai di scatto, avevo la gola secca e il respiro accellerato, i capelli erano incollati alla fronte sudata e le lenzuola erano arrotolate alla fine del letto. Mi ci volle qualche secondo per capire che ero nella mia camera. Mi alzai dal letto portandomi una mano al cuore, cercando di rallentare il battito "Era solo un'incubo" ripetevo a me stessa. Mi diressi in bagno per sistemarmi: mi soffermai a guardare il mio riflesso, i miei capelli viola, ormai non più corvino, i miei occhi stanchi e quella gemma che si ergeva sulla mia fronte e che ogni giorno mi ricordava del mio destino, ogni giorno come una tortura mi ricordava ciò che avevo fatto. Raven ormai era parte di me e anche se erano passati quattro anni dall'incidente del Big Bend, ed io ancora faticavo ad accettare il tutto. Raven, quel demone, mi ha protetta per tutti questi anni, facendomi fuggire dal casino che aveva combinato ma non era molto collaborativa quando si trattava di permettermi di prendere il controllo del mio corpo e delle mie azioni. In tutti quegli anni la mia vita era cambiata radicalmente... In quel momento un brivido mi fece alzare gli occhi di nuovo verso lo specchio... conoscevo bene quella sensazione: Raven era sveglia, il pericolo si era intrufolato in casa mia. Mi diressi verso il salotto, mi guardai attorno con sguardo attento e respiro trattenuto, ma anche se nessuno era presente, sapevo bene che qualcuno mi stava tenendo sotto tiro. Percepii tutta la forza che avevo in corpo, strinsi i pugni e chiusi gli occhi. Riaprì gli occhi solo quando un proiettile dopo l'altro fecero a pezzi la finestra che si trovava di fronte a me, la quale si affacciava sulla città ancora addormentata. I miei occhi assunsero un colore purpureo e non appena i proiettili mi raggiunsero distesi le mie mani nella loro direzione creando una barriera scura. Una volta terminata quella pioggia di proiettili non abbasai la guardia. Capì subito che quello era solo una distrazione, proprio per permettere alla figura che si era intrufolata in casa mia di attacarmi alle spalle. Mi voltai in fretta sentendo il suono silezioso dei passi dell'uomo che ora cercava di uccidermi. Mi protessi spostando con la mente qualsiasi oggetto della mia casa tra me e lui. Non ero ancora in grado di fare affidamento pienamente ai miei poteri, o meglio ai poteri di Raven così mi affidai al mio corpo. Mi trovai così a schivare i colpi del mio assalitore. Era veloce e con passo sicuro. Mi abbassai di scatto ed un suo pugno scivolò veloce sulla mia testa, poi scattai di lato e parai il pugno diretto al mio stomaco. Lui mi afferrò un braccio e con l'altro provò a colpirmi in pieno viso: gli afferrai la mano e contro ogni mia previsione, mi accorsi che quella mano era fatta di metallo. Ribattei dandogli una testata. Lui mi lasciò subito andare ed arretrò di qualche passo, poi tornò alla carica. Oh eddai questo non molla vero? pensai io sbuffando e cercando di correre verso l'uscita. Iniziai a correre verso il corridoio di quel motel, ma lui era più veloce. Raggiunsi le scale e quando rallentai per salire verso il tetto mi afferrò per i capelli facendomi arricciare il naso dal dolore, scaraventandomi contro il muro. Mi ritrovai seduta e quando lui sferrò un pugno nella mia direzione io lo schivai furtivamente. Raven dove diavolo sei finita? continuai a ripetermi mentre cercavo di evitare quei pugni. Ero troppo lenta, tanto che riuscì a colpirmi dritta in viso e il mio naso inizio a sanguinare. Dopo quel pugno gli tirai un calcio dritto allo stomaco e con un salto riuscì ad afferrargli il collo con le mie gambe, poi con tutta la spinta che avevo in corpo lo feci cadere di schiena sul pavimento. Avevo guadagnato tempo, probabilmente quella presa gli provocò dolore perché lo sentì imprecare in una lingua a me non conosciuta, probabilmente russo. In quel momento iniziai di nuovo a correre verso il tetto e mentre salivo le scale percepì una scossa che mi fece ripiegare su me stessa per il dolore. Mi guardai il punto da dove proveniva quel dolore e vidi una fune elettrica proprio sulla mia gamba. Iniziai a gridai dal dolore che pian piano iniziava a crescere, soprattutto quando me la strappai di dosso. Corsi di nuovo, stavolta più veloce, e quando raggiunsi la porta che dava accesso al tetto mi ci fiondai contro. L'aria fredda della notte iniziò a solleticare le mie braccia nude a causa della mia canotta. Ma in quel momento mi importava solo di sopravvivere. Corsi, ma lui mi raggiunse. Mi afferrò per la gamba e mi stese in una mossa sola. Ora stava sopra di me. Fu in quel momento che notai i capelli lunghi e la maschera che copriva il viso dell'uomo lasciando scoperto solo il suo sguardo rabbioso. Due occhi ghiaccio mi fissavano mentre con la mano metallica si preparò per sferrare un altro dei suoi pugni. Chiusi gli occhi quasi come mi volessi preparare al mio destino, ma in quel momento sentì del metallo fendere l'aria. Quando riaprì gli occhi vidi l'uomo dal braccio metallico ruzzolare alla mia destra. Era stato colpito da qualcosa di ovale, come uno scudo. Mi rialzai in tutta fretta guardandomi attorno. Poi un altra figura apparve alle mie spalle. Mi voltai in fretta e furia e diedi un pugno in viso all'uomo che era appena apparso. Lui indietreggiò portandosi le mani al naso e a denti stretti si lamentò dicendo-Sono dalla tua parte- -Oh scusa- mi feci da parte.
L'uomo che avevo appena colpito tornò alla carica verso il primo, il quale iniziò a correre verso il confine del tetto. Il ragazzo che mi stava aiutando riprese tra le mani lo scudo, per poi lanciarlo ad una velocità elevata contro il fuggitivo.
A quella velocità probabilmente lo scudo avrebbe potuto uccidere il mio assalitore ma, contro ogni mia previsione, lui lo afferrò voltandosi verso di noi. Quegli occhi , tutta quella rabbia... riuscivo a percepire il vuoto della sua mente con un solo sguardo. Mi fissò per qualche secondo e fu in quel momento che quella rabbia sparì per pochi attimi, lasciando posto allo stupore. Poi, in un battito di ciglia tornò tutto come prima e con tutta la forza rilanciò verso il proprietario lo scudo facendolo indietreggiare di qualche metro. Quando entrambi rialzammo gli occhi verso l'uomo dal braccio metallico non c'era più.

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