Nel momento del bisogno

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Gli ho chiesto di questa Camilla, prima sulle scale. L'ho fatto d'istinto, per tenerlo al sicuro ed evitare eventuali imbarazzi.
Perché mi ha baciato?
Voglio dire, lo so. In quel momento niente oltre quel contatto avrebbe potuto sanare una ferita aperta, il dolore che stavo provando e che gli ho vomitato addosso. La purezza di quel gesto non ha compromesso nulla.
Ora, seduti a tavola, con mia madre che gli racconta degli appartamenti che ha visitato e papà che lo guardo come fosse un suo terzo figlio, sento un senso di nausea invadermi.
Ci sono due binari paralleli, nel mio cuore. Uno su cui viaggia il nostro treno dell'amicizia, della fusione sincera delle nostre anime, quel luogo in cui finanche un nostro bacio è normale.
Poi c'è l'altro binario, quello che origina dal profondo, che non mi fa dormire la notte, che mi fa tremare al solo pensiero delle nostre labbra poco fa, della sua lingua e della morbidezza con cui mi baciava.
La mia mente, divisa in due, potrebbe esplodere da un momento all'altro. La consapevolezza che partirà un solo treno, il primo, non mi risparmia la sofferenza immensa di saperlo distante.

Lo desidero con tutta l'anima e, al tempo stesso, desidero non farglielo mai più sapere per evitare che l'amicizia possa rovinarsi o distruggersi con le nostre stesse mani.

<<Tutto apposto?>>

La sua voce mi riporta qui, a casa mia, seduto di fianco a lui.
Mi osserva per un secondo e si gira di nuovo per mangiare un pezzo di nighiri.

Annuisco lentamente, pronto a parlare.
Vorrei chiedergli qualcosa, anche soltanto una conferma del fatto che è tutto sotto controllo. Forse me la sta dando parlandomi così tranquillamente, ma sono scosso da troppi battiti per ragionare.

<<Ma per quanto riguarda..>>

pronuncio un po' troppo a bassa voce, tant'è che penso non mi abbia sentito. Lo vedo rivolgersi di nuovo a me, e parlare.

<<Domani Camilla vuole che vada da lei, non c'è nessuno a casa>>

mi annuncia con un tono misto tra felicità e malizia.
Deglutisco.
È passato tutto, tutto quanto.

Dopo un attimo di bruciore al petto, mi sembra di ritornare in me. Gli ho dato un peso enorme, confessandogli una cosa brutta, mi ha baciato per un istinto e forse per aiutarmi, mentre ora è ancora qui, ed è sempre lui.
Dovrei essere felice, mi dico. E me lo ripeto come a rimproverarmi.

Cosa mi aspettavo? Forse si, un po' mi ha illuso, in quel momento. Ma sappiamo che è successo per l'urgenza di liberarci. Per la necessità di sentirci.
Qualunque nome abbia questa cosa, per lui, non voglio rovinarla tirando fuori i miei sentimenti.

<<Aò, m'hai sentito?>> Ripete

Mi schiarisco la voce.

<<Certo che sì, prima m'avevi detto che andava tutto normalmente. Beh, questo è più che normale! Ti conosce da na settimana>>

Ride di gusto.

<<Si, è vero. Ma secondo te, vuole scopa'?>> Esordisce abbassando la voce.

Fingo di riflettere, mascherando la gelosia che provo pensando a quella stronzetta che nemmeno ha un volto, per quanto mi riguarda.

<<Se c'ha coraggio, forse si>> rispondo pensieroso, provocando in lui un'espressione offesa.

<<Ma stà zitto e non rosicà>>

Non ribatto e continuo a mangiare.

<<Tutto apposto, allora?>>

Parla mentre si gira verso di me, poco prima di superare il cancello.
L'aria fredda gli scompiglia i capelli, sono quasi le 23 e abbiamo cenato e giocato terribilmente male con una finta palla da calcio, in giardino, insieme a papà.

Un angelo con gli occhi scuriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora