Quella notte Jimin non aveva chiuso occhio, troppo occupato a pensare, e ripensare, alla conversazione avuta con il principe.
Un sorriso involontario spuntava ogni volta che nella sua mente si proiettava l'immagine del volto del principe.
Jimin era un ragazzo che parlava con tutti, adorava aiutare le persone e si sentiva orgoglioso di sè quando ci riusciva.
Non amava stare al centro dell'attenzione, un po' perché era tanto timido e un po' perché non rientrava nel suo essere.Aveva sempre ammirato coloro che erano, e sono, a capo di quel piccolo regno.
Ci voleva davvero un gran coraggio stare dietro ad ogni singolo cittadino, a mettere tasse in modo tale che andassero bene a tutti, ad apparire in maniera perfetta.Insomma, per Jimin la vita di corte non era così bella e semplice come tutti la descrivevano.
C'erano dei doveri da portare avanti, delle tradizioni che non potevano essere interrotte; e tutto ciò bastava per far avere un punto di vista, da parte di Jimin, diverso da tutti coloro che sopravvalutavano il modo di vivere dei reali.Quando le prime luci del sole iniziarono ad espandersi su nel cielo, Jimin si alzò, ancora sorridente, e corse fuori in cortile a compiere le sue solite mansioni.
Quando sentì il chiacchiericcio mattutino delle tre donne arrivare sempre più vicino, Jimin era già messo in disparte con tutta la tavola apparecchiata e in ordine.
La sua matrigna, prima di sedersi, lo guardò dall'alto verso il basso e si sedette con un'espressione confusa e allo stesso tempo disgustata.
Jimin era contento e questo, a lei, non andava giù per nulla.
"Come mai così felice Jimin?" gli chiese infatti prendendo un sorso del suo thè al limone caldo.
"Niente signora madre, oggi c'è una bella giornata e questo mi fa sentire sereno e tranquillo" rispose Jimin cercando di non far trasparire più nulla, non voleva che la sua matrigna scoprisse qualcosa perché sicuramente gliel'avrebbe rovinata.
Mentre attendeva che le tre donne facessero colazione, la sua mente tornò al principe e sorrise nuovamente facendo diventare le sue gote di una rosa più scuro rispetto alla sua carnagione.
"Jimin." disse solo la matrigna guardandolo e facendo un'espressione disgustata.
"Signora madre" rispose subito Jimin tornando serio e guardando negli occhi la donna che avrebbe dovuto rispettarlo, tanto quanto lui la rispettava sempre.
"Oggi starai tutto il giorno in sartoria, farai preparare velocemente i vestiti per le mie figlie, in aggiunta uno in più." disse solo continuando a squadrare Jimin, dalla testa fino ai piedi, che si stava sentendo piccolo e altamente insicuro.
"Va bene signora madre..e per me?" chiese quasi sussurrando e abbassando lo sguardo dopo che la donna lo aveva incenerito con i suoi occhi neri.
Sapeva che molto probabilmente non lo avrebbe mandato al ballo ma era anche vero che il re aveva dato l'invito a tutti i cittadini, sia di sesso femminile, sia di sesso maschile.
Tutti erano invitati e lui apparteneva alla categoria "tutti".Jimin non voleva essere un re, non voleva essere così importante, non voleva essere superiore agli altri.
Lui voleva soltanto rivedere il principe, soltanto per due minuti, soltanto per poter guardare il suo sorriso una volta che avesse trovato la sua persona.
Jimin non aveva mai desiderato nulla, tranne i suoi genitori ancora vicini, eppure per questa volta, fece un'eccezione.Sperava con tutto il suo cuore che la matrigna lo avrebbe lasciato venire, anche a costo di doverla servire per tutta la sera, eppure deglutì sentendo il tono severo di ella.
"Tu non sei nessuno Jimin.
Ci faresti fare solo brutta figura; sei solo una nullità e una nullità resterai." disse con tono freddo, con parole crude e con sguardo agghiacciante.Jimin era nessuno.
Jimin poteva farle fare una brutta figura.
Jimin era una nullità e tale sarebbe rimasta.Sentì le lacrime agli occhi e annuì non volendo aprire bocca, sapendo perfettamente che sarebbe uscita fuori una voce tremante e in preda ad un pianto senza fine.
"Detto ciò, smuotivi a pulire tutto e vai in sartoria." continuò la donna facendo cadere 'accidentalmente' una tazza a terra con tutto il thè dentro.
Jimin iniziò a sistemare tutto quanto mentre alcune lacrime, che erano fuggite al suo controllo, gli stavano rigando il viso senza sosta.
Una volta che le donne lasciarono il salotto e andarono fuori in giardino, Jimin crollò in ginocchio scoppiando a piangere e facendo cadere a terra il vassoio con i biscotti che fino a qualche istante fa teneva in mano per portarlo in cucina.Sapeva di non essere nessuno, sapeva di non valere nulla, sapeva di non meritare nulla ma ogni volta che sentiva quelle parole, il pianto era inevitabile.
Una nuova ferita si aprì nel suo cuore fin troppo sensibile, una nuova cicatrice invisibile avrebbe preso vita e tutto quello che, in quel momento, Jimin poté fare, fu quello di asciugarsi le lacrime, provare a calmarsi e riprende a sistemare il tutto.Non poteva fermarsi, se no dalle parole sarebbero arrivati gli schiaffi e non era psicologicamente pronto, così decise di mettere tutto in ordine e di andare in sartoria, proprio come gli aveva detto la sua matrigna.
Tre vestiti da far preparare.
E uno in più.
Angolo Autrice:
hello!!
so che è il primo angolo autrice che scrivo ma ho bisogno di farvi notare una cosa.NULLA è messo a caso e non ci sono errori e l'immagine che trovare sopra è, in teoria, il vestito che dovrebbe indossare Jimin per il ballo del compleanno di Taehyung!!
Detto ciò, baci :3
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𝘼𝙢𝙖𝙢𝙞 𝙋𝙚𝙧 𝙌𝙪𝙚𝙡𝙡𝙤 𝘾𝙝𝙚 𝙎𝙤𝙣𝙤 ~Vmin
Fanfictiondove Jimin è maltrattato dalla sua matrigna e le sue sorellastre mentre Taehyung è il principe del piccolo regno dove vive Jimin /preso spunto da cenerella! /se non ti piace, non leggere :) /aggiornamenti: LENTI