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ғᴀᴄᴄɪᴀᴍᴏʟɪ sᴄᴏᴘᴀʀᴇ ᴄᴏsɪ̀ ʀɪsᴏʟᴠᴏɴᴏ ɪ ᴘʀᴏʙʟᴇᴍɪ ᴅɪ ᴄᴜᴏʀᴇ
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Vetri. Vetri rotti ovunque e macchiati di sangue.
Cuscini scuciti e svuotati gettati a terra per tutto il monolocale. Piatti sporchi lasciati malamente nel lavandino e scheggiati nel bordo, cibo ancora al loro interno freddo e insapore. E sangue, ancora sangue. Goccioline sparse ovunque a formare una scia che porta fino al vecchio materasso posto sopra la cigolante rete a un lato di quelle quattro mura.

Sopra una pallida figura umana rannicchiata su se stessa con le braccia strette al petto e il corpo tremante per il freddo pungente che gli ghiaccia le ossa. La maglia del pigiama gettata a terra, la pelle nuda della schiena marchiata da lividi e cicatrici vecchie e prossime, le ossa della colonna vertebrale ben evidenti visto il suo essere così pallido.

Il piccolo gatto siamese sdraiato davanti la porta finestra che da sul balcone si lecca lentamente la zampetta anteriore mentre osserva miagolando la pallida mezza luna che sta nel cielo e fa entrare i suoi raggi nella casa.

Il resto è al buio. Lui è al buio.

Gli occhi azzurri, resi grigio tempesta per le emozioni contrastanti che lo avevano ridotto così, erano fissi su un puntino indefinito del muro di fronte a lui e da essi continuavano a sgorgare salate lacrime che gli rigavano le guance e scendevano fino alle labbra, sentiva il leggero fastidio provocato da esse quando si posavano sulle ferite insanguinate che si era provocato con i denti, tanto diverse dal leggero e piacevole fastidio che lui gli provocava quando,tra un bacio a l'altro, andava a stringere quelle labbra tra i propri denti tirandole verso di se.

Le ciocche bionde gli ricadevano scomposte su gli occhi in un muta richiesta di ricevere le loro solite attenzioni, di essere pettinate ad opera d'arte nel solito modo che era troppo preciso per non essere scompigliato di proposito.

Mattia si tirò la coperta fin sopra la testa mentre, con un pizzico di ribrezzo verso se stesso, si ritrovava ad ammettere che si aveva bisogno di una lunga doccia e di mangiare qualcosa.

Il suo stomaco brontolava ormai da ore, probabilmente insieme a quello del suo sfortunato animale domestico che non si poteva ritrovare con un padrone peggiore, ma lui aveva la testa altrove e la gola in fiamme.

Si sentiva un giocattolo, uno di quelli vecchi e noiosi che i bambini gettano via dopo averci giocato per qualche ora; puntualmente dopo l'irruento contatto col terreno quel giocattolo si rompe in modo irreparabile, ma a loro neanche importa perché sono già pronti a correre supplichevoli dalle loro madri per chiedere loro di comprarne un altro.

Ecco lui era stato lanciato via da Christian Stefanelli come se fosse la più brutta delle sue macchinine telecomandate e poi era corso chissà dove a comprarne un'altra.

Si sentiva un coglione.

Un cazzo di idiota infantile e codardo che non era neanche in grado di reagire in modo consono a una litigata, certo la peggiore delle loro litigate, ma pur sempre una litigata.

Purtroppo poteva solo incolparsi per non aver puntato lo sguardo in quelle iridi nocciola, per non aver afferrato la sua mano e averlo trattenuto sulla soglia della porta per non farlo uscire via sbattendosi essa alle spalle.

Mattia non poteva però darsi la colpa per come era ridotto, visto che lo sbaglio per una volta non lo aveva commesso lui.

Si perché essendo il più infantile della coppia spesso era proprio il biondo ad aver fatto scattare i loro litigi con le sue tipiche e infondate scenate di gelosia, ma il suo ragazzo si era sempre ritrovato ad accoglierlo tra le sue braccia accarezzandogli i capelli e sussurrandogli che lui, in amore, era una persona intelligente e nessuna persona intelligente avrebbe tradito Mattia Zenzola visto che il resto, paragonato a lui, era palesemente inferiore.

𝑪𝒆𝒓𝒄𝒂𝒎𝒊 𝒏𝒆𝒍 𝒃𝒖𝒊𝒐 •𝒁𝒆𝒏𝒛𝒐𝒏𝒆𝒍𝒍𝒊•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora