Brandon aprì la porta di casa sua, non si ricordava molto del viaggio di ritorno. Sua madre probabilmente stava già dormendo. Salì le scale e aprì la porta della stanza della madre molto lentamente. Isabelle stava dormendo profondamente. Brandon richiuse la porta e andò in camera sua. Si lasciò cadere sul letto e senza rendersene conto si addormentò.
Si sentirono dei rumori di passi. Brandon aprì gli occhi e guardò la sveglia sul comodino. I numeri illuminati di rosso segnavano le tre del mattino.
Di nuovo quei rumori di passi. Brandon richiuse gli occhi facendo finta di dormire. La porta della sua stanza si aprì e i passi si fecero più vicini. Brandon aprì un occhio per vedere cos'era che faceva quel rumore. Il buio gli impedì di vedere. Si era aggiunto un nuovo rumore, qualcosa che gocciolava sul pavimento. L'occhio di Brandon si abituò pian piano al buio e vide qualcuno, un'ombra nera vicino al muro. Sembrava stesse scrivendo qualcosa. Dalla strada passò un'auto e Brandon richiuse subito gli occhi. Sembrava che il suo cuore gli battesse vicino alle orecchie. Stava tremando. Brandon pensò che correre verso la porta e urlare fosse l'unica soluzione. Ma era più pericoloso di quello che pensava. Sperò solo che quell'ombra non lo scoprisse. Quando Brandon riaprì gli occhi l'ombra era scomparsa. C'era un odore strano, sembrava...sangue. Guardò verso il muro. Una persona un piedi era rivolta verso di lui, ma i suoi piedi non toccavano terra. Sul muro una scritta rossa, quando Brandon riuscì a leggere la prima cosa che riuscì a fare fu correre, correre verso la stanza della madre, nella speranza che non le fosse successo niente. Corse lasciandosi dietro la sua stanza, l'ombra, la persona appesa al soffitto ma soprattutto quelle parole sul muro. Quelle quattro parole molto semplici ma allo stesso tempo terrorizzanti. “So che sei sveglio”.
Brandon aprì la porta della stanza di Isabelle e la richiuse alle sue spalle. Lei non c'era. Si avvicinò al letto per controllare meglio ma niente, era sparita. La maniglia della porta stava cominciando ad abbassarsi, lentamente come se quell'essere volesse dargli il tempo per scappare. Ma dove andare? L'unica uscita era quella porta. Brandon si guardò intorno in cerca di qualcosa con cui difendersi. Niente. Il suo cuore batteva sempre più forte e l'adrenalina continuò a circolare nel suo corpo. Si guardò attorno un'altra volta.
-La finestra!- Brandon corse verso la finestra aperta e guardò di sotto. Non era un salto troppo alto. Nello stesso momento in cui la porta si aprì lui si lanciò di sotto. Atterrò con leggerezza sull'erba del giardino e senza guardarsi in dietro corse, corse più veloce che poteva verso l'unica direzione che aveva in mente in quel momento. Casa di Luke.
Brandon arrivò davanti casa dell'amico in pochi istanti. Pensò che l'adrenalina in circolo avesse risvegliato i suoi poteri così da farlo correre molto più veloce. La luce della stanza di Luke era accesa. Talto non aveva mentito, erano tornati. Ma lui non poteva entrare così a casa di Luke. Gli avrebbero chiesto come faceva a sapere dove abitavano, cosa gli avrebbe raccontato? Sentì qualcosa vibrare nella sua tasca. Il telefono era rimasto lì tutta la notte e ormai la batteria era quasi scarica. Aveva l'autonomia solo per una chiamata. Compose un numero.
-Pronto?- rispose una voce assonnata.
-Sarah ti prego aiutami, vieni davanti casa di Luke, ti spiegherò tutto.-
-Brandon?- chiese lei. -Cosa è successo?--Non c'è tempo di spiegare, sbrigati!- Il telefono si spense.
Doveva nascondersi. Si avvicinò alla casa di Luke ma non voleva entrare. Fece il giro della casa finché non trovò la porta del garage che non era chiusa a chiave. Entrò sperando che nessuno entrasse. Continuò a guardare fuori finché non vide dei fari che si avvicinavano. La macchina si fermò davanti il garage e Brandon uscì. Al volante c'era Sarah che scese di corsa andandogli in contro. Sarà stato per la tensione degli ultimi momenti, oppure per il poco sonno ma l'ultima cosa che Brandon si ricordò fu Sarah che gli correva in contro.
Brandon si risvegliò in un letto. Si guardò in torno e capì di non essere a casa sua. Quei mobili antichi e quel televisore degli anni ottanta non erano quelli di casa sua Una forte luce che entrava dalla finestra gli fece capire che era giorno. Vide Sarah affrettarsi a raggiungerlo.
-Sarah, c-cosa è successo?-
-Sei svenuto per qualche ora. Ti ho portato a casa mia.- rispose lei porgendogli una tazza di tè. -Ora con calma, spiegami cosa è successo.-
Brandon le raccontò tutto. Il ritorno a casa, i rumori dei passi, l'ombra, l'uomo e la scritta. Tremava al solo ricordare quegli orrori. Mentre le raccontava cosa era successo pensò che un ragazzo a quell'età non avrebbe dovuto mai e poi mai vedere certe cose.
-Sei riuscito a vedere chi era quella persona?-
-No Sarah, ti ho detto che ho visto solo un'ombra-
-Intendevo l'altra persona.--Purtroppo no.- disse lui. Dopo un attimo di pausa riprese a parlare. -No, non ci torno là dentro.-
-Tranquillo, ho già chiamato la polizia e stanno indagando. Tua madre sta bene, era stata chiamata per un lavoro durante la notte. Non era in casa.-
Brandon emise un sospiro di sollievo.
-Ora puoi tornare a dormire, sarai stanco.- riprese lei.
Brandon ascoltò il consiglio di Sarah e dormì. Si svegliò ogni trenta minuti assalito dalla paura di rivivere quelle scene. Quando si svegliò per l'ultima volta ormai era sera, decise che aveva dormito abbastanza e si alzò dal letto. Guardò fuori dalla finestra da cui ormai le uniche luci che vi entravano erano quelle dei lampioni al lato opposto della strada. Sarah era in giardino. Decise di raggiungerla.
-Come mai qui fuori?- chiese lui.-Volevo fumarmi una sigaretta.-
-Adesso fumi anche?--Ho più di cento anni e non potrò morire di malattia. Una sigaretta ogni tanto mi fa solo bene.-
-Passamene una.- disse Brandon. Aveva sempre pensato che il fumo faceva male e chi fumava lo faceva solo per farsi vedere, ma in quel momento era la cosa più vicina ad un calmante che aveva a disposizione. E gli serviva davvero calmarsi. Sarah gli passò una sigaretta senza fare domande. Brandon l'accese e cominciò a tossire. Sarah iniziò a ridere.
-Prima volta?--Si.- disse lui facendo un altro tiro.
La sigaretta finì velocemente e loro non parlarono mai. Continuavano a guardare la strada di fronte a loro. Finché una macchina si fermò davanti a casa di Sarah. Dal lato del passeggero si aprì la porta e cadde un uomo. Il corpo ormai senza vita li fissava. L'auto se ne andò molto velocemente. Brandon guardò quel viso pallido e quegli occhi vuoti. Quei capelli castani a lui molto familiari. Aveva riconosciuto quell'uomo. Quel viso, quegli occhi, quei capelli. Non lo aveva mai incontrato di persona, doveva essere morto da molto tempo eppure eccolo lì, come se fosse successo poche ore prima. Gli occhi spenti di suo padre lo stavano fissando. Vicino a loro volò un foglietto. C'era scritto qualcosa in una lingua sconosciuta.
-Questa è la lingua dei demoni.- disse Sarah. -'Val Akstral krom dum'. Vuol dire. 'lui è stato il primo.'-

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Red Eyes
FantasíaBrandon è un ragazzo normale come molti altri, appena trasferito in una nuova città riesce subito a fare amicizia, amicizia con delle persone che senza saperlo lo porteranno in una strada molto pericolosa, dove scoprirà chi è realmente.