𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟷𝟼

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Izuku stava per correre ad abbracciarlo, ma i soldati richiamarono la loro attenzione.

Chiesero di qualcuno che sapesse parlare il tedesco per poterlo tradurre a chi non lo conosceva, Shoto si fece avanti dando sempre quello sguardo freddo ai soldati.

''Ascoltatemi tutti: lo dico una volta sola.
Siete stati portati in questo campo per un motivo, per lavorare. Ogni sabotaggio è punito con la morte, le esecuzioni avvengono sul quadrangolare con degli spari alle spalle. Avete l'onore di lavorare per la nostra grande madrepatria e di partecipare alla costruzione del grande impero tedesco. Non dovete mai scordare queste tre regole generali:
1)Non provate a scappare
2)Seguite ogni comando senza fare domande
3)Ognuno che protesta viene impiccato
è chiaro?
Dovrete essere contenti di lavorare qui, non succederà niente a quelli che rispettano le regole, la compiacenza è tutto!
Altra cosa: quando sentite questo fischio dovete venire rapidamente sul quadrangolare ogni mattina, farete una fila, due persone di fianco per l'appello.
Altra cosa: lì dentro lavorerete, capirete facilmente le dimensioni del campo''

Shoto tradusse perfettamente quelle parole, si sentiva la bocca asciutta, sporca, solo per aver pronunciato quelle parole, la loro condanna a una non vita. I soldati se ne andarono producendo un grosso tonfo e chiudendo per bene la porta. Izuku si avvicinò subito a Shoto e lo abbracciò.

''E' stato orribile, mi dispiace tanto di averti messo in questa situazione'' Shoto si sentiva sempre più in colpa, la situazione in quel luogo era peggiore di quanto avesse pensato e solo lui era la causa che aveva condannato Izuku.

Il ragazzo dai capelli verdi gli posò una mano sulla guancia, la accarezzò dolcemente.

"Non darti ancora la colpa, non avrei mai potuto lasciarti solo" e lo baciò dolcemente, non curandosi della presenza degli altri, ma poi avrebbe scoperto che era una cosa normale per coloro che si trovavano in quella stanza, e poi, visto la loro situazione, nessuno era in vena di giudicare, erano tutti sulla stessa barca.

Poi Izuku si staccò di colpo, come se si fosse ricordato di qualcosa, infatti dietro alle sue spalle quei rubini lo stavano osservando, sembrava fossero in attesa di qualcosa. Izuku quasi corse, e finalmente abbracciò quel ragazzo dai capelli color grano.

Il biondo rimase sorpreso della reazione del verde, rimanendo con le braccia distese lungo il corpo, poi però le avvolse intorno al suo esile corpo sfiorando le morbide ciocche di capelli, non l'avrebbe mai ammesso, ma gli era mancato come il respiro, sentiva che un parte di se fosse ritornata al suo posto.

"Kacchan, quanto mi sei mancato" disse Izuku, aveva la voce rotta, stava piangendo dalla gioia.

"Sei il solito sentimentale, Deku" rispose il biondo, stava per piangere, non lo faceva mai, ma rivedere quel suo amico aveva smosso qualcosa in lui, era come se il cuore avesse ripreso a battere, era inspiegabile, una lacrima solcò la sua guancia.

Dopo un tempo interminabile i due si staccarono guardandosi negli occhi, Izuku poi si girò, prendendo la mani di Shoto e avvicinandolo al biondo.

"Sho, lui è un mio grandissimo amico, ci conosciamo fin dalla tenera età, abbiamo passato quasi ogni giorno della nostra vita insieme, si chiama Katsuki Bakugou.
Kacchan, lui è Shoto il mio...ehm, come dire-"

"Ragazzo" continuò Shoto squadrando il biondo davanti a lui con un tocco di gelosia negli occhi. Quello però non era il momento per provare certe emozioni, era meglio tenersele per sé e conoscere al meglio quest'altra persona molto importante per Izuku, doveva farlo per lui.

"Shoto, piacere, peccato che dobbiamo conoscerci in questa situazione"
Bakugou lo squadrò per bene, era come se lo stesse valutando.

"Katsuki Bakugou piacere, puoi chiamarmi con il mio nome".

"Kacchan, ma come hai fatto a finire qua?"

"Per il tuo stesso motivo Deku" rispose mostrando il triangolo rosa sulla divisa.

"Sai cosa significa? Omosessualità. Hanno scelto il colore rosa per prenderci in giro, perché è considerato un colore femminile e noi per loro siamo solo degli effeminati del cazzo. Ma io non me ne vergogno, sono così e non mi farò castrare per estinguere il mio 'peccato' come lo chiamano loro, perché sì, loro considerano questa una malattia, e se ti castri sei guarito, ma non è così che funziona la vita. Qui è un inferno totale, e scusa se te lo dico così Deku, ma voglio prepararti, anzi, prepararvi all'inferno che troverete là fuori".

Solo ora Izuku notò gli occhi spenti di Kacchan, quel'alone nero che ricopriva il suo sguardo pieno di terrore, era affaticato, più magro dall'ultima volta che lo aveva visto.

Quanto era passato? Un mese, due, ma si era pentito di aver posto quella domanda e di non essersi accorto prima delle terribili condizioni in cui era ridotto l'amico. Lo abbracciò una seconda volta, come per scusarsi.

"Mi dispiace Kacchan, hai dovuto passare tutto questo da solo, scusami".

Questa volta Bakugou non trattenne le lacrime, era troppo anche per lui, aveva accumulato troppo stress in quei mesi, voleva solo tornare a casa e vivere la sua vita in pace senza giudizi.

E mentre Izuku cullava il biondo in quell'abbraccio protettivo Shoto osservava la scena in silenzio, aveva compreso in quelle parole pronunciate da Katsuki la sua sofferenza e il vero luogo dov'erano finiti, dentro le fauci del nemico, in un bosco infuocato, senza via d'uscita, che ti intrappola, fino a inceneriti del tutto.

𝗔𝗺𝗮𝗿𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝘃𝘂𝗼𝗹 𝗱𝗶𝗿𝗲 𝗣𝗲𝗰𝗰𝗮𝗿𝗲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora