𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟸𝟶

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Dopo quella chiacchierata notturna, conclusa con quell'abbraccio, Izuku e Katsuki erano ritornati nei loro letti, consapevoli che il giorno dopo non sarebbe stato meno duro, faticoso e terribile degli altri.

Izuku si mise al fianco di Shoto e strinse forte la sua uniforme, dopo la storia di Kacchan aveva una tremenda paura di perderlo, non poteva dare nulla per scontato lì, poteva avvenire anche il giorno dopo, o quello dopo ancora, ma un giorno sarebbe toccato a tutti, e lui sperava che esso arrivasse il più tardi possibile, ma non sono una semplice preghiera o un desiderio a cambiare il destino che ci attende dietro l'angolo.

Il solito fischio, il lavoro, i soldati che urlavano, uccidevano, ridevano e li umiliavano, marionette nelle loro mani.

La pausa pranzo consisteva sempre in pane e acqua, disumano, ma loro ormai erano delle bestie, venivano trattati come animali, lo erano diventati.

Shoto non chiese ad Izuku come mai cercasse di avere con lui più contatto fisico rispetto al giorno prima, non lo fece perché la sera prima aveva sentito tutto.

Non voleva sentire, non era sua intenzione sentire i dolorosi ricordi di Bakugou, ma non riusciva a prendere sonno, e quella voce bassa, roca, quasi tremolante, lo aveva distratto dai pensieri orribili che gli giravano per la testa.

Dopo altro lavoro, urla, fatica, disperazione, e qualche ordine folle dettato a qualche sventurato preso di mira dai soldati, arrivò la cena, e poi il momento di dormire, ed è in quel momento che ad Izuku verranno aperte le porte per un metodo di sopravvivenza folle ma che avrebbero assicurato almeno a lui, Shoto e Kacchan una possibilità in più per uscirne vivi.

Quella sera, infatti, fu preso dai soldati prima che si mettesse nel suo letto. Nonostante la stanchezza non gli facesse sentire la terra sotto i piedi, riuscì a camminare verso il luogo in cui lo stavano portando i soldati, quel luogo.

Quando aprirono le porte, Izuku si ritrovò davanti quel ghigno che lo aveva inseguito nei suoi incubi più profondi. Venne buttato a terra malamente dai soldati che lo avevano scortato lì, e poi chiusero le porte dietro di lui, lasciandolo solo con il suo aguzzino.

Si trovava a terra, in ginocchio, gli occhi sgranati, non sapeva che provare, sarebbe ricapitato, vero?

L'uomo si avvicinò lentamente, passandosi la pistola tra le mani, gli occhi rivolti solo alla figura del ragazzo più giovane, tremante, alla sua completa mercè nonostante sia contro la sua volontà.

"Bene, sei arrivato. Mi hai stupito l'altra volta, e grazie a questo hai la possibilità di migliorare la tua situazione, ma non dirlo a nessuno, altrimenti non so per quante notti ancora riusciresti ad aprire gli occhi" si abbassò per arrivare all'altezza del viso di Izuku che l'osservava con disprezzo e terrore.

"Ogni sera farai quello che voglio io e in cambio ti darò qualche privilegio, è un ordine non una richiesta, se ti tiri indietro sai la tua fine e quella di quel ragazzo a cui tieni tanto, anche è lui è davvero particolare, unico nel suo genere potrei dire, chissà come potrebbe essere al mio servizio, che ne dici?"

Izuku digrignò i denti, era tutto troppo crudele, solo al pensiero che Shoto avrebbe potuto soffrire di più dopo tutta la storia che gli aveva raccontato gli venirono i brividi.

Una lacrima solcò il suo viso, non riuscì a trattenerla. Lui non voleva finire così, non voleva essere uno sporco oggetto che veniva usato e poi buttato via quando diventava noioso, lui era ancora un essere umano giusto?

Anche se li trattavano come animali loro appartenevano sempre alla razza umana, non è forse così?

Oppure era troppo tardi per tornare indietro e sarebbero rimasti inferiori per sempre? Nulla, non sapeva nulla.

E mentre l'ufficiale metteva le sue luride mani sul suo corpo quei pensieri lo tormentavano, lo strappavano dalla realtà, almeno avrebbe voluto che fosse così, che potesse scappare dal mondo reale almeno per un minuto e godersi la pace e la quiete del nulla, ma si trovava in quella situazione, in quel luogo, mentre perdeva man mano la propria umanità, il proprio io, e il significato di essere umano.

𝗔𝗺𝗮𝗿𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝘃𝘂𝗼𝗹 𝗱𝗶𝗿𝗲 𝗣𝗲𝗰𝗰𝗮𝗿𝗲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora